Abbiamo incontrato nel corso dell’ARF 2015 il simpaticissimo e talentuoso autore di A Panda piace, Giacomo Bevilacqua, che ci ha concesso qualche istante per parlare della sua opera più famosa e non solo. Bando ai convenevoli e via con l’intervista!
Giacomo, partiamo subito con il tuo ultimo lavoro: Roma Città Morta, realizzato a quattro mani con Luca Marengo. Vuoi raccontarci come è nato questo sodalizio artistico e come siete approdati all’apocalisse Zombie?
Conosco Luca perché fa parte dello staff di Le Cool, la rivista online, e loro organizzano a Roma delle feste fighissime con free drinks alle quali spesso mi invitano. Con la scusa di questi free drinks una volta mi ha fatto ubriacare e mi ha chiesto: “Allora facciamo questa storia sull’apocalisse zombie a Roma?” e io ho risposto: “Sì, sì, facciamo quello che ti pare”. No a parte gli scherzi, mi ha tirato dentro questo progetto che mi è piaciuto sin dall’inizio e si tratta in sostanza della stessa storia che noi due scriviamo ognuno con un punto di vista differente: il suo, che è quello della letteratura classica e scritto come fosse una sorta di diario, e il mio che è invece scritto e disegnato. Su alcune cose ci siamo dovuti venire incontro, ad esempio lui parlava di un personaggio e me lo descriveva come la persona più antipatica del mondo quando magari a me invece stava simpatico, quindi ci siamo dovuti incontrare nel mezzo, però insomma chi l’ha letto è rimasto molto soddisfatto e perciò lo siamo anche noi. Oltretutto ci amalgamiamo anche abbastanza bene, perché lui è quello un po’ più ‘serioso’, quindi dà alla storia un tocco più ‘zombie horror classico’, mentre io cerco un po’ di spezzare con dell’ironia.
Rimanendo sempre in tema zombie, quali sono state le influenze di genere (tra romanzi, film e altri fumetti) che si possono trovare nel vostro racconto e quali invece le influenze esterne alla cultura horror?
Io sono un grande appassionato di film horror in generale, degli zombie invece mi piacciono i classici, come ad esempio quelli di Romero. Però mentre Luca ha avuto un approccio più classico, come dicevo prima, i miei riferimenti sono invece più simili a roba come Shaun of the dead e Zombieland.
Visto che, per vostra stessa ammissione, c’è ancora tanto da dire, avete intenzione di riprendere il lavoro sull’apocalisse Zombie? E se sì, vi piacerebbe continuare a utilizzare i protagonisti di Roma, o vorreste crearne di nuovi, con magari altre città sullo sfondo?
Le idee in realtà sono tante, ma il problema, almeno da parte mia, è il tempo. Sono al lavoro su tanti progetti simultaneamente, e lo stesso Roma Città Morta è stato in cantiere per tanto tempo. Vediamo come va, se l’editore ci chiede un seguito ci si può pensare, anche perché il progetto iniziale era Le città morte e coinvolgeva più città, per esempio quindi chiamare uno scrittore di Milano e scrivere Milano Città Morta e così via. Vedremo.
Se si parla di Bevilacqua si parla di A Panda piace, e non poteva quindi mancare almeno una domanda nella nostra intervista. Puoi raccontarci qualcosa della attuale vita di Panda e cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro in tal senso?
La Panini mi ha dato la possibilità di raccontare questa storia e di farlo a modo mio, cioè appunto attraverso Panda. Chi l’ha cominciato a leggere ha visto che nei primi due numeri si trattava di qualcosa di leggero, ma che già dal terzo numero si è visto che la storia stesse andando in un’altra direzione. In realtà il tutto è stato un pretesto per raccontare della morte di mio nonno e di tutta una serie di emozioni come l’ansia, il panico, la paura, ma anche l’ozio o la creatività, e quindi di raccontare un mondo di Panda che andasse un attimo a discostarsi da quello delle classiche vignette brevi del sito. L’ultimo anno l’ho passato a fare A Panda piace l’avventura, appunto, proprio perché mi ha preso molto questo tipo di format. Nel 2016 uscirà in formato graphic novel, quindi mi dedicherò a modificare tutta una serie di dialoghi, di immagini, che anche per una questione di tempo non sono riuscito a realizzare all’inizio in una certa maniera. Ecco, diciamo che sarà come il progetto doveva essere inizialmente, ma che poi con Panini abbiamo deciso di dividere in 8 volumetti da edicola.
Per il resto non nego che sto cercando di portare qualcosa in anteprima a Lucca, ma sono ancora in trattativa con Panini, e insomma vediamo cosa succederà.
A noi è piaciuta molto la tua rappresentazione dei sentimenti, che hanno un imprinting grafico che ci ha ricordato un po’ Sandman. Si tratta di un omaggio voluto?
Beh, intanto grazie. Per me Gaiman è stato un maestro, e la mia idea era di trasportare dei sentimenti complessi in maniera graficamente leggibile per chiunque, anche per i ragazzi. Io ho avuto il mio primo attacco d’ansia a 11 anni e non c’era nessuno che mi spiegasse cosa fosse e come comportarmi, quindi l’idea di fare un fumetto in cui c’è, appunto, l’ansia, rappresentata ed illustrata in un certo modo, era quello che volevo fare. Credo anche di esserci riuscito, perché sono stato contattato da tante persone, anche mamme, e perfino da un professore dell’Associazione Italiana Psicologi che mi ha detto che utilizza alcuni dei fumetti di Panda per spiegare ai pazienti un certo tipo di emozioni, e la cosa mi ha reso orgoglioso, perché vuol dire che sono riuscito a toccare le corde che volevo.
Sul tuo blog hai scritto una bellissima recensione del reboot di Dylan Dog, corredata da uno disegno proprio di Dylan, colorato ed illustrato splendidamente. Quindi veniamo al dunque: quand’è che Bevilacqua si metterà a disegnare Dylan Dog?
In realtà lo sto già facendo. Ho consegnato la sceneggiatura e le matite di uno speciale. Sarà un Color Fest, dove ci sarà una storia scritta e disegnata da me, una da Zerocalcare, una da Leo Ortolani, e un’altra ancora scritta da Tito Faraci e disegnata da Silvia Ziche. Sarà una cosa un po’ particolare e tutta incentrata su Groucho. Come dicevo, la mia storia l’ho già consegnata e ora sto iniziando a colorarla e ad inchiostrarla.
Non so però se ci sarà un seguito, anche perché sto lavorando ad un progetto per Sergio Bonelli Editore, una storia scritta, disegnata e colorata da me che non riguarda Dylan Dog. Ma al momento non posso sbilanciarmi oltre perché è un po’ troppo presto. Posso solo dire che sarà un horror.
Nei miei fumetti in genere è molto frequente che un lettore si approcci in una certa maniera per poi rendersi conto, nelle ultime venti pagine, che ha letto qualcosa di completamente diverso rispetto a quello che si aspettava inizialmente. Ho usato spesso questo espediente, perché mi piace dare al lettore la possibilità di rileggere in un’altra chiave tutto quello che ho scritto. Lo sto usando anche in questo caso e per un altro lavoro di cui mi sto occupando: una graphic novel per Bao Publishing completamente a colori e ambientata a New York, che uscirà a settembre 2016.
Tu fai parte di una nuova generazione di autori, che nasce dalla rete e si sta consacrando su carta. Moltissimi giovani stanno cercando di affermarsi nella stessa maniera, c’è qualche consiglio che vuoi dare a chi sta cercando di intraprendere la stessa strada?
Io in realtà ho cominciato dieci anni fa con Scorpio e Lanciostory. All’inizio disegnavo su testi di Lorenzo Bartoli e Roberto Recchioni, il web è venuto dopo ed è stata un’esigenza per cominciare a raccontare qualcosa di mio. L’ho fatto con A Panda piace e con altri esperimenti. Era il 2008 quando iniziava ad esserci il boom di Facebook e di questo tipo di attività, c’era sicuramente più libertà e meno servizi a pagamento. Quando pubblicavi una vignetta la vedevano e condividevano tutti liberamente. Adesso il web è diventato un ottimo punto di partenza, ci sono molti siti che si occupano di questo tipo di cose, ad esempio qui all’ARF è presente Verticalismi di Mirko Olivieri che si occupa di fare book review. Il web sta diventando una vetrina importante come punto di partenza.
Il consiglio che posso dare è: non rompete le scatole agli autori su internet. No, davvero, perché portare il tuo book a una fiera può essere ancora la soluzione migliore, per avere un contatto personale e un’interazione con qualche autore o publisher, che vedendosi il libro tra le mani se lo legge, studia ed analizza, e se è valido può darsi che ne nasca qualcosa. Io ricevo un sacco di messaggi ogni giorno, come richieste di like o di pareri, e se magari non rispondi ti accusano pure di “tirartela”. È vero che internet ha ridotto di molto le distanze, ma l’educazione e il contatto umano sono sempre le cose più importanti, anche perché online ci andiamo tutti, se c’è qualcosa di interessante in giro state sicuri che la notiamo anche senza lo spam selvaggio.