Lo scorso weekend è stato incredibile. Non ho fatto bungee jumping, né ho giocato in anteprima a Metal Gear Solid V. Non è stato un weekend passato tra luci al neon e hangover, ma piuttosto ho passato il weekend a chiacchierare. Ora, direte voi, che questa cosa non è, in fin dei conti, apprezzabile come si penserebbe, perché le chiacchiere sono buoni a farle tutti, e che se proprio vi girano, potete scendere di casa, mettervi sulla fermata dell’autobus e farvi amabilmente rompere i coglioni dal passante di turno. Si, è vero…
Ma le mie chiacchiere sono state decisamente migliori. Lo scorso weekend le mie chiacchiere le ho scambiate con Roberto Recchioni, con cui ho passato 5 minuti buoni a discutere sul perché Mad Max: Fury Road sia un film maledettamente bello e perché valga la pena rientrare in sala subito, non appena il film finisce. Le chiacchiere le ho fatte con Leomacs, a cui ho finalmente fatto i complimenti per gli sketch sul suo blog in cui il disegno sposa un certo gusto per la ricerca anatomica e per la sessualità. Ancora una volta, le chiacchiere, le ho avute al bar con Artibani che nonostante l’intervista di qualche tempo fa non avevo ancora conosciuto di persona ed a cui ho detto, con un sorriso quanto mai convinto, che gli ero grato per Potere & Potenza, perché leggendo PK ho fatto un salto indietro, ai tempi delle medie e mi sono sentito da Dio. Ancora chiacchiere con Bevilacqua, che gentilmente mi ha “passato molti termini” mentre si chiacchierava del mio mouse di A Panda Piace e del suo futuro con Dylan Dog. Chiacchiere ancora con Sara Pichelli e con Stefano Caselli, con quest’ultimo che mi ha fatto i complimenti per il logo di Stay Nerd, mentre insieme si parlava del lascito (e del commiato) di Paolo Morales.
Chiacchiere, chiacchiere d’autore… ma paradossalmente non solo chiacchiere. Questo è stato per me l’appena trascorso ARF 2015, la prima edizione di un festival che non ha quel tono da hipster che la gente avrebbe voluto affibbiargli in rete ma che, anzi, ha scelto una formula diretta e semplice per comunicare quel che i suoi organizzatori sentivano la necessità di dire: le chiacchiere. Speech, fumetti, incontri dal vivo o via skype che fossero, ARF mi ha regalato la gioia del dialogo con chi lavora da anni su quello che mi piace e che leggo. Ma che cos’è e che cosa è stato effettivamente ARF? L’ARF è forse una necessità, quella di ritagliare al fumetto, nella sua matrice unica di comunicatore eccezionale, uno spazio che fosse lontano dall’ideale moderno di “fiera”, non per darsi un tono naif, ma solo per dare a quel medium la dignità che merita e che forse, a mio giudizio, si è persa nella mercificazione di altre formule di intrattenimento. La brava gente di ARF, tra cui Mauro Uzzeo con cui pure mi sono perso in chiacchiere, ha allora pensato di riunire in un unico posto, per un po’ di giorni, un po’ delle personalità del fumetto della scuola romana, cercando di riavvicinare le persone alle tavole disegnate e, soprattutto, ai loro autori. Un’idea fantastica a mio dire, come “fantastica” l’avranno trovata anche tutti quegli autori al di fuori di Roma che vedendo l’idea di ARF si sono detti “ci sto” e si sono imbarcati in un viaggio verso la città eterna.
ARF è stato questo: un lunghissimo incontro. È stato un po’ come partecipare ad una giocosa lezione universitaria in cui, senza troppi sofismi, gli autori hanno raccontato sé stessi e i propri lavori, ad un pubblico che gli stava ad un palmo di naso. Senza palchi sopraelevati e irraggiungibili, senza maxischermi a portata di quelli più lontani. No, loro erano lì e noi eravamo un metro più avanti, seduti ad ascoltare. ARF è stato questo, le chiacchiere, ma senza perdersi in chiacchiere. È stata la possibilità per gente come me di incontrare una marea di autori di tutte le razze, gli usi e i costumi del fumetto e potergli stringere la mano, scambiare un parere, poterli incontrare e non solo per il disegnetto o l’intervista ma piuttosto per uno scambio di idee, opinioni ed anche umanità. Perché come dicevo proprio ad Uzzeo, in un’intervista che ha affrontato diverse volte l’argomento, uno come me che frequenta fiere del fumetto da quando ne ha memoria, un po’ la sentiva questa esigenza, questa mancanza, di non trovarsi per forza nel marasma e di poter incontrare con serenità i propri autori preferiti, non per il piacere di stalkerarli (che è male gente!) ma per potergli quanto meno riconoscere a voce un apprezzamento sincero.
ARF per me è stato tutto questo, al di là di quello che è poi, effettivamente, un appuntamento culturale di chi sentiva di aver qualcosa da dire. Di chi non si è fermato alle chiacchiere ed ha portato una testimonianza del proprio amore per questa particolarissima coniugazione dell’arte. E non a caso tra gli ospiti di quello che è stato simpaticamente rinominato “l’arfabeto” c’erano nomi capaci di far impallidire qualsiasi kermesse a livello mondiale. Robe che se non ci credete fate ancora in tempo a recuperarvi il programma, perché tra quelle chiacchiere meravigliose sono intervenuti Garrone, Zero Calcare, Di Biagio, Gipi e persino Charlie Adlard (“solo” il disegnatore storico di The Walkin Dead per capirci) che ha tenuto via skype uno speech a cui difficilmente nel nostro paese si potrà ri-assistere.
E dunque, sinceramente: VIVA ARFESTIVAL! Evviva il fumetto! Sia esso d’autore o meno! Evviva chi ha capito che c’è bisogno di eventi in cui al di là dei colori e della caciara c’è bisogno di fare chiacchiere. Chiacchiere con la gente, chiacchiere tra amici, chiacchiere che hanno qualcosa da dire e dunque, paradossalmente, chiacchiere per non perdersi più in chiacchiere. Perché oggigiorno si fa presto a dire festival, fiera, kermess o convention… ma poi ci si perde in chiacchiere e cosplay che si, fino a un certo punto, però poi bisogna avere anche il coraggio di fare… o meglio dire, di più. Viva le chiacchiere!