Arthur Shelby è tra i personaggi più complessi di Peaky Blinders, ma probabilmente anche il più affascinante. Un uomo da una duplice natura, in cui convivono (a fatica) bene e male
I’m a good man, I’m a good man. There is good in my heart! But my hands, these hands belong to the devil, to the fuking devil!
enza ombra di dubbio, una delle figure più complesse e meglio tratteggiate nelle sei stagioni di Peaky Blinders è quella di Arthur Shelby. Sempre nell’ombra del fratello minore Tommy, Arthur è molto più di un numero 2: è il principe che ha permesso al re di prendersi la corona.
Un principe decaduto, certo, spesso in balia di emozioni e sentimenti contrastanti, vittima di alcol e droghe di ogni tipo, dilaniato dal tormento, dai ricordi della guerra, dallo stress post traumatico, dai sensi di colpa, dai complessi e da quel diavolo che sente crescere in lui e che ogni tanto prende il sopravvento.
Più volte, negli innumerevoli episodi, abbiamo avuto il timore che potesse esser giunta la sua ora, ma quell’animo apparentemente fragile è sempre riuscito a risalire dagli inferi, risorgere dalle ceneri come una fenice e riprendere la retta via. Anche se, magari, per un breve lasso di tempo.
- Leggi anche: Peaky Blinders 6 – Faust ascolta i Joy Division
Divampa, si accende improvvisamente spesso perdendo il lume della ragione, al contrario del fratello Tommy, sempre così lucido, razionale, glaciale. È Tommy a rimetterlo in sesto, a proteggerlo e aiutarlo nei momenti di difficoltà estrema.
Arthur lo sa, l’ha sempre saputo: Tommy è colui che deve andare avanti, che deve prendere le redini della famiglia Shelby e portarla alla gloria. Ne era consapevole sin da piccolo, quando lo faceva vincere per abituarlo ad essere il numero uno, al netto dell’età anagrafica.
Ogni tanto sente ribollire l’istinto primordiale e il desiderio di comandare, di compiere azioni che non siano subordinate agli ordini e alle idee del fratello, tuttavia molto spesso sono sbagliate e comportano danni e sciagure. Ma anche quando esagera, Tommy gliele fa passare tutte, e da saggio capofamiglia lo perdona ogni volta. Persino quando ciondola strafatto al funerale dalla figlia.
Perché in fondo così come Arthur ha bisogno di Tommy, anche Tommy ha un bisogno viscerale di Arthur, sebbene non lo dia a vedere. In uno dei momenti nevralgici della sesta stagione, sarà proprio un fatto e ubriaco ma soprattutto inconsapevole Arthur a ridare a Tom la forza di rialzarsi dopo un tracollo.
Così come è sempre Arthur a risolvere le grane quando serve il suo spirito maligno, come un ariete, come un mad dog pronto a scatenare la sua ira funesta sul nemico.
Personalità multiple che convergono in un personaggio così complesso e intrigante che non può che affascinare in modo contagioso il pubblico. Questo gli autori lo sanno bene, e perciò hanno scelto sempre di salvargli la vita in tante occasioni, anche quando davvero è stato vicinissimo alla fine. Perché quell’animo fragile combatte sempre con una natura demoniaca che è più forte e sa come e quando prendere il sopravvento. Ma soprattutto perché non ci sarebbero mai potuti essere i Peaky Blinders senza Arthur Shelby, l’uomo buono con le mani del diavolo.