Dallo stereotipo al mito, la maledizione come simbolo della ricerca di sé stessi

Chi mi conosce sa che nutrivo ben pochi dubbi sulla bontà di Assassin’s Creed: Origins. Il perché è presto detto: la sostanziale stanchezza dopo 10 anni di uscite quasi del tutto identiche, e la scarsezza di fiducia sul fatto che Ubisoft avrebbe risposto con fermezza alle tante richieste accumulatesi da parte dei fan nel corso degli anni. Sono felice di essere stato nel torto, e quando ho giocato ad Origins, lo ammetto, me ne sono innamorato. Certo siamo lungi dalla perfezione, e la strada da fare è ancora tanta, ma Origins con il suo Egitto, le sue piramidi, la sua bellissima libertà si è dimostrato uno dei titoli più interessanti dello scorso anno, e certamente uno dei migliori capitoli in assoluto di questo brand che, ormai, è entrato a far parte dell’immaginario collettivo di ogni moderno videogiocatore. Avevamo lasciato Bayek con i primi anni della neonata confraternita degli Occulti (i futuri Assassini), nel DLC omonimo, ed oggi siamo pronti per tornare in Egitto, per la precisione a Tebe, grazie a “La Maledizione dei Faraoni”, ultimo DLC narrativo per il titolo e, di fatto, commiato ad Origins ed al suo straordinario lavoro in attesa di un nuovo capitolo (però tranquilli, non c’è fretta). Tra mummie, faraoni risorti e Ra solo sa cosa, ci saremmo aspettati un contenuto aggiuntivo, tutto sommato, evitabile. E invece Origins mi ha dato torto per la seconda volta di fila il che, a dirla tutta, mi dà una grandissima gioia.

Sulla bilancia in bilico tra il bene e il male

Passati 4 anni dagli eventi conclusivi della trama principale, ma cronologicamente precedente al primo DLC, La Maledizione dei Faraoni ci offre un nuovo viaggio sulla mappa di gioco, spostando i passi del giocatore verso sud, nei pressi dell’antica Tebe (oggi Luxor), in un’intera area di gioco inedita e, come per il precedente DLC, completamente esplorabile nei suoi diversi nomi. Incaricato dalla sua ex consorte di far chiarezza sugli strani avvenimenti che si avvicendano in città, Bayek finirà per essere coinvolto in un intrigo dai risvolti paranormali in cui, a quanto pare, un frutto dell’Eden, ed il suo improprio utilizzo, hanno finito per risvegliare dal sonno alcuni dei faraoni sepolti nella Valle dei Re. La storia ci vedrà quindi alla caccia dell’artefice della maledizione, nella disperata ricerca di una soluzione che finirà irrimediabilmente per coinvolgere dei e religione, dando all’intera vicenda un risvolto che anche per i canoni di Assassin’s Creed risulterà un po’ fuori contesto, ma che grazie ad una narrazione tutto sommato piacevole finirà in ultima istanza per convincervi della sua bontà. A fare le pulci alla trama, potremmo dire che questa incede quasi senza mordente, e che suona come un mero pretesto per tirare in ballo le iconiche figure degli antichi faraoni, e le maledizioni a questi annessi che per credenza popolare, albergano nell’immaginario collettivo dai tempi del ritrovamento della tomba di Tutankhamon, e più o meno da quando Boris Karloff interpretò La Mummia.

In realtà, omessa ogni bislacca fantasticheria, La Maledizione dei Faraoni è un contenuto molto profondo, che utilizza il mithos e il paranormale, uniti al folclore ed al misticismo egizio, per mettere al centro di tutto l’uomo, Bayek di Siwa, la cui crociata contro gli empi sembra ormai l’unica ragione di vita a tenerlo in piedi. Più profondamente il DLC interroga il suo protagonista su quale sia la differenza tra puro e malvagio, tra meritevole ed empio, e se in ultima istanza si quest si meriti la pace dopo la morte, conscio che la sua strada va contro ogni principio imposto dalla sua fede religiosa ed alle leggi della dea Maat, che in ultima istanza insieme ad Anubi peserà il cuore dell’assassino sulla sua bilancia. Chi, insomma, può dirsi meritevole della Duat se anche quando mosso a fin di bene percorre una strada disseminata di morte? Un fardello che il protagonista aveva già mostrato di portare nel suo cuore, e che con questo DLC trova finalmente una più precisa definizione, dandoci un’idea, se possibile ancor più chiara, di quale sia la sofferenza che il protagonista porta nel cuore.

Un qualcosa di lodevole, che partendo come vago sottotesto nei primi minuti del racconto, finisce poi per diventare un tema centrale e portante dell’intera storia, lasciando ogni facezia soprannaturale, faraoni compresi, a nulla più che un contorno. Si viaggia per Tebe sempre in bilico tra cosa sia reale e cosa no, comprendendo passo dopo passo che questo, proprio questo, è il momento in cui Bayek si interroga sul suo retaggio, sul senso delle proprie azioni, in bilico tra presa di coscienza e pentimento. Tra la necessità di uccidere e il peso di doverlo fare. Un lavoro intrigante, per certi versi pregevole, per altri un po’ meno interessante, quando per forza di cose l’attenzione deve spostarsi dai tormenti del protagonista alla risoluzione del mistero della maledizione. Ma sono piccolezze.

In realtà il pregio di questo DLC è proprio quello di far esplodere quel simbolismo mistico e religioso che nella trama principale era messo a disposizione del giocatore quasi forzatamente, o per necessità di contesto narrativo (la famosa “lore”). Parliamo ad esempio dei momenti pregni di simbolismo che succedevano all’uccisione dei diversi bersagli della trama principali. I momenti in cui Bayek, stringendo in mano la piuma di Maat, liberava i malvagi dal peso delle loro colpe, lasciandoli liberi di sottomettersi alla prova della bilancia che ne avrebbe pesato il cuore. Tutto questo, il senso di quei momenti, il fardello quasi inespresso di Bayek, trova una ragione nuova in questo DLC, andando a chiarire diversi punti del mito, tanto egizio quanto di Assassin’s Creed, che erano rimasti per lo più oscuri durante la trama principale.

Per altro, oltre ad offrire una mappa giocabile veramente vastissima, La Maledizione dei Faraoni permette, grazie ad un escamotage narrativo (molto vago), di visitare alcune rappresentazioni dell’oltretomba egizio, così da poter ammirare (e mai parola fu più adeguata) gli ormai celebri Campi dei Giunchi, o l’oscura e cupa Duat. Il pretesto è, ancora una volta, quello del retaggio dei grandi faraoni, che da Nefertiti a Ramses II, saranno in qualche modo protagonisti del viaggio tebano del padre degli Assassini con soluzioni, ovviamente, taciute per motivi di spoiler. Ognuno di questi, dunque, ci offrirà la propria visione dell’oltretomba, presentataci sotto forma di quattro diverse mappe, liberamente esplorabili, con luoghi da visitare, nemici da sconfiggere, e con in più la possibilità di sbloccare alcuni equipaggiamenti, randomici ma leggendari, di altissimo livello. Il lavoro qui è fuori scala, l’oltretomba di Origins, nelle sue 4 allegorie, è semplicemente quanto di più bello abbia offerto la serie sino ad ora dal punto di vista estetico, anche quando tecnicamente non ci è offerto altro che una distesa di sabbia, la commistione tra significante e significato (ovvero tra la rappresentazione dell’aldilà, ed il perché ci è stato presentato in quel modo) è così potente da lasciare di sasso. Ci sono poi livelli, come i Campi di Giunchi, che sono oggettivamente bellissimi, ed offrono un colpo d’occhio assolutamente appagante. Il bello in tutta questa allegoria religiosa e umana, e che La Maledizione dei Faraoni offre anche una buona diversificazione, e nella sua vastità tanto spaziale che narrativa, vi terrà impegnati per 12 ore buone (di sole quest principali, tranquillamente 20 per tutto il resto), anche grazie ad un set di sfide ardite e complesse tra cui alcune boss fight veramente ardue ma soddisfacenti e ricche di carattere. Ubisoft, in sostanza, non solo espande il pacchetto di Origins ad un prezzo a dir poco competitivo (appena 10 euro), ma lo fa anche con stile e mantenendosi fedele a quello standard qualitativo che già con il precedente DLC ci aveva convinto, e che qui viene addirittura superato. Il cruccio è solo uno, quello di non aver dato a Bayek un vero e proprio saluto nel corso delle due uscite, lasciando l’Assassino egiziano in bilico in un limbo, dal quale forse uscirà con gli eventi che si narreranno in futuro. Ad essere onesti, in effetti, sono pochi i capitoli di Assassin’s Creed che al loro termine hanno dato un commiato dignitoso ai propri personaggi, lasciando che fossero poi i capitoli successivi a raccontarci che fine avessero fatto (Edward, per dire, è un caso celebre di questa situazione), eppure per Bayek avremmo, forse avrei, voluto qualcosa di diverso. Lui, il più umano tra gli Assassini, quello forse più tormentato, ed al contempo il più complesso e sfaccettato, avrei voluto saperlo felice nell’aldilà, riunitosi finalmente a suo figlio Khemu, e di nuovo accanto alla sua amata Aya la qual cosa, come sappiamo, in qualche modo comunque avverrà.

Verdetto

La Maledizione dei Faraoni è un contenuto che dal punto di vista prettamente “storiografico” non aggiunge molto al mito di Assassin’s Creed, e questo a conti fatti è quasi un difetto, se anche voi come me avreste voluto dare una conclusione al lungo e tormentato cammino di Bayek di Siwa. Eppure dal punto di vista narrativo è carico di significato, facendosi fardello del mito e del misticismo egizio per dare nuovo spessore al suo protagonista. Utilizzando il leit motiv della maledizione degli antichi faraoni, stra abusato dai tempi del capolavoro cinematografico del 1932, questo DLC si dimostra invece molto subdolo, finendo per raccontarci sì la storia di una surreale maledizione in quel di Tebe, ma più che altro il riappacificamento di un animo tormentato con sé stesso, prendendosi anche la briga, per altro lodevole, di dare un senso alle tante informazioni e terminologie snocciolate nel corso del gioco principale, e poi appena abbozzate durante l’avventura. Termini come Duat, Piuma di Maat, Ka, Ba e Sekhem acquistano qui un senso definito, che mescolando realtà e finzione offrirà uno dei più profondi momenti dedicati alla crescita ed alla consapevolezza del personaggio di Bayek. Se poi siete dei bastardi insensibili, allora sappiate che anche solo cinicamente, La Maledizione dei Faraoni è un DLC vasto, articolato, ricco di sfide e di cose da fare, messo online ad un prezzo che quasi non giustifica l’eccezionale lavoro svolto da Ubisoft nel dargli vita. Consigliatissimo.