Le prime impressioni sulla struttura ludica, narrativa ed esplorativa del nuovo Assassin’s Creed.
“More is less“, per me, è una sorta di religione, quando si tratta di game design: per me è sempre fondamentale sottrarre elementi superflui per condensare in meno attività i significati, i messaggi o le emozioni che si vogliono garantire a chi gioca. È per questo che le prime 25 ore di Assassin’s Creed Valhalla sono per me, al momento, un “sì” senza particolari riserve. Non fraintendetemi: il gioco ha una caterva di problemi atavici che, credo, non perderà mai, almeno fino a quando non deciderà di imporsi un’inversione di tendenza, e mi pare tristemente evidente che Ubisoft non la metterà mai in atto, a meno che a richiederlo non sia il mercato stesso (vedasi quanto accaduto con Origins a seguito del successo di The Witcher 3).
Le brutte intelligenze artificiali, il sistema di combattimento inguardabile, i glitch e i collezionabili a caso: tutti elementi purtroppo presenti, tutti elementi oramai identitari, per quanto riguarda i capitoli di questa generazione.
Bisogna poi premettere che questo specifico episodio della saga presenta una varietà di selettori di difficoltà talmente ampia e variegata da costruire indirettamente almeno tre esperienze diverse. Per la struttura di Assassin’s Creed Valhalla, il più importante di questi selettori riguarda l’esplorazione: dalla modalità “avventuriero” fino a quella “pioniere”, si passa da una bussola che ci indica persino quanti metri mancano all’obiettivo a una che non lo indicherà mai definitivamente, ma dovremo “segnalarlo” con l’Occhio dell’Aquila.
C’è poi la difficoltà dello stealth, che passa dal facile, dove in sostanza neanche dopo due schiaffi le guardie ci noteranno, a quella difficile, dove la reattività delle IA non sarà poi migliorata di tanto, ma i coni di visuale sono i più ampi della saga, e il passaggio da “ignoto” a “nemico” sarà il più rapido di sempre per la serie.
Ovviamente, in Assassin’s Creed Valhalla si combatte, e tanto: in questo caso ci sono persino quattro diversi livelli, e si passa dal facile al molto difficile, e sebbene la maggior parte di questa difficoltà si basi sulla maggiore o minore salute dei nemici, anche la loro aggressività cambia a seconda della scelta. Infine, il selettore “assassinio garantito” agisce non solo sulla nostalgia del fan che vuole tornare alla tradizione, ma purtroppo anche sulla qualità del gioco: praticamente ogni nemico “importante” è stato pensato per generare una boss fight o una fuga acrobatica, e selezionare l’assassinio garantito (se si giunge al boss in stealth) cancella la possibilità di vivere quelle fasi. Io, però, l’ho comunque giocato così, proprio perché insomma, per quel che ho visto, perdersi le boss fight di Assassin’s Creed Valhalla è un pregio.
Che senso ha dunque parlare di cose come bilanciamento, divertimento o durata, nel momento in cui il gioco stesso offre una quantità così ampia di personalizzazioni da creare esperienze c0ncettualmente diverse? E allora ho abbracciato integralmente il suggerimento di Ubisoft Montreal, e ho plasmato il mio personale Assassin’s Creed Valhalla. Ho semplificato il combattimento (ho scelto Normale), ho selezionato l’assassinio garantito, ho messo lo stealth a livello più difficile e, soprattutto, ho messo la modalità esplorazione pioniere, rimuovendo ogni suggerimento possibile (anche intervenendo sull’interfaccia).
Ed è con questo specifico set di personalizzazioni che mi sto proprio divertendo un mondo, in un modo molto meno “accumulatorio” dei recenti capitoli della saga, e invece molto più incentrato sul far vivere un’esperienza più concreta e significativa.
A livello di struttura generale, così come erano palesi le influenze di The Witcher 3 su Origins e Odyssey, è evidente l’impatto di Red Dead Redemption 2 su Assassin’s Creed Valhalla. Sia chiaro, non si pensi che la cosa riguardi level design e qualità della scrittura: neanche lontanamente. Sono però alcune scelte nella costruzione del “flow” (nel senso inteso da Jenova Chen) a collegare le due esperienze: il quantitativo di secondarie inutili, perk, potenziamenti e chi più ne ha più ne metta è stato incredibilmente snellito rispetto a Odyssey, così come la gestione dell’inventario, e sono state aggiunte varie tipologie di interazioni ambientali la cui unica funzione è quella di restituire una sensazione di rapporto più fisico con l’ambiente. Infine, l’intera struttura narrativa ricorda molto il capolavoro Rockstar: fuggiti da un evento che ha spezzato il nostro mondo tradizionale, partiamo in cerca di fortuna e alleati, affidandoci regolarmente a un accampamento che dovremo potenziare.
In generale mi sono quindi ritrovato a vivere un’esperienza che narrativamente presenta una struttura molto più adatta all’open world di alcuni capitoli passati, e che inoltre riesce a integrare brillantemente la migliore intuizione (l’unica?) di Odyssey: il sistema dell’Ordine. Infatti, proprio come nel capitolo precedente, la setta dei Templari (all’epoca non ancora tali) può essere abbattuta in modo dinamico, semplicemente esplorando.
Sì, certo, i nemici principali prevedono missioni dedicate e da attivare in modi specifici, ma rimane comunque un sistema molto più dinamico e rispettoso dell’agire del giocatore rispetto a tantissimi altri open world, che usano tale meccanica solo per rendere spazi ampi, e non per restituire ampie scelte. Pensate che ho persino incontrato una missione a tempo! Bisogna vedere, però, se tutto ciò reggerà fino alla fine.
Un altro pregio di Assassin’s Creed Valhalla è quello di rispettare il tempo del giocatore, dato che (nelle prime 25 ore) è veramente difficile trovare dei riempitivi paragonabili a quelli di Odyssey: “vai lì, uccidi 10 di questo, torna e boom, XP!”. Al posto delle secondarie ora ci sono invece gli eventi (ulteriore segnale del passaggio da The Witcher 3 a Red Dead Redempion 2 come fonti d’ispirazione), che garantiscono esperienza ma non si basano su set precostruiti, ma su vere e proprio “microsceneggiature”, come nel gioco di CD Projekt Red. Purtroppo, anche la scrittura tende verso le tradizioni del gioco di ruolo, e passeremo da missioni con un tono cupo e desolante ad altre divertenti e comiche, segno dell’urgenza di creare un mondo vario piuttosto che coerente. In tal senso, i toni seriosi e profondi (al contrario di Watchdogs Legion), non aiutano.
Infine, la bugia dell’assenza di livelli è esattamente questo: una bugia. Ci sono zone che non si possono visitare per via del level cap, nemici che non possono essere sconfitti e attività precluse, e quindi l’idea veicolata in fase pubblicitaria che sia tutto esplorabile sin da subito è semplicemente falsa. Ciononostante, anche in questo caso si vede un lento abbandono delle influenze precedenti. Infatti, rispetto a Odyssey, il livello è presente ma solo in senso “regionale”: se ci troviamo in Mercia, tutte le attività presenti saranno della stessa difficoltà, non generando quegli assurdi fenomeni alla The Witcher per i quali passiamo agevolmente contro il boss mostruoso di una quest principale, per poi fare due metri e rischiare la pelle contro un popolano di cento livelli sopra il nostro.
Si può premiare un gioco non per le sue qualità intrinseche, ma per il suo solo migliorare rispetto ai capitoli passati? Non lo so e non mi interessa, anche perché non sto premiando nulla, ma solo raccontando la mia esperienza con un Assassin’s Creed Valhalla fortemente personalizzato (come d’altronde sarà quello di chiunque ci giocherà). Rimane il fatto che, almeno a giudicare dalle prime 25 ore di gioco, mi pare scongiurato il terrore di quel more of the same che attanaglia ogni volta il teorico fan della saga. Sul more of the shame, invece, ci dovremo aggiornare alle prossime tappe.
Ultima postilla per i fan, quelli “storici”, della saga: c’è tanto, ma tanto, ma tanto Credo. Che magari è poco rispetto a quel che vorremmo, ma è comunque tanto rispetto a quello che ci è stato dato con Odyssey. E giuro che più che buon viso a cattivo gioco, è un sincero apprezzamento per le missioni e i testi specifici dedicati ai due Ordini poco prima (oddio, 300 anni…) della loro ristrutturazione con Altair. Vedremo dove si andrà a parare, con la seconda parte del viaggio.