TL;DR – Articolo polemico in cui si sostiene che l’acquisto di merchandise di Harry Potter finanzi i mangiamorte transfobici
Fermatemi se la conoscete già. L’ultimo millennial sulla Terra siede da solo in una stanza. Qualcuno bussa alla porta e domanda: a quale casa di Hogwarts appartieni?
Se sentite il vostro amor proprio ferito da questa variazione sul tema del terrificante racconto di Frederic Brown, sappiate che questo è il modo in cui la Gen Z – e a breve anche la Generazione Alpha – si prende gioco di noi, di quella generazione ormai arrivata ai trent’anni che non riesce ad abbandonare la confortevole nostalgia di un’infanzia a cavallo tra i millenni.
Da Molly Weasley a Tom Riddle
Il mondo si divide in due: chi non ha mai letto Harry Potter e chi sa perfettamente in quale casa sarebbe finito. Come un oroscopo con solo quattro segni, un’intera generazione ha plasmato la sua personalità a colpi di sciarpe blu e nere, test su Pottermore e bullismo nei confronti dei Tassorosso (Tassofrasso, se siete giovani, Hufflepuffle, se siete dei puristi della versione originale). Harry Potter non è stato solo un fenomeno editoriale, ma si è trasformato nel corso degli anni in un evento letterario potente come una supernova in grado di plasmare milioni di giovani menti, una macchina dei soldi che non si è mai fermata e che – anzi – si reinventa ogni giorno a colpi di calzini, videogiochi, paccottiglia inutile e vario merchandise di Harry Potter in grado di attirare i potterheads come le mosche al miele.
Dietro questo successo una sola donna, una madre single che non si è arresa davanti ai rifiuti delle case editrici e che, alla fine, ha trovato qualcuno disposto a credere nella sua creatura quanto ci credeva lei stessa. Questa, perlomeno, è la retorica che ha sempre accompagnato la narrazione della mamma di Harry Potter, dolce autrice anglosassone che, però, nell’arco di un paio di decadi si è rivelata essere una twittatrice folle che sparge manciate di transfobia con le sue opinioni non richieste.
No, non cercherò di esprimermi in maniera oggettiva: la donna che ha creato Harry Potter, non essendo morta da eroina, si è semplicemente trasformata nella villain. I suoi tweet che promuovono merchandise TERF (Trans-Exclusionary Radical Femminism), la sua assurda crociata contro le persone trans, il suo bisogno di spargere odio quando nessuno, in prima istanza, ha chiesto la sua opinione su un argomento che non rientra nella sua area di competenza, hanno trasformato la Zia Row in un personaggio più vicino a Tom Riddle che a Molly Weasley. E se pensate che le opinioni della persona in questione siano legittime, se credete che criticarla sia bullismo o cancel culture, sappiate che non impiegherò energie per farvi cambiare idea, perciò andiamo avanti. Allo stesso modo, se pensate che stia esagerando, che Voi-sapete-chi non sia altro che una squinternata invecchiata un po’ male come ne è pieno l’internet, lasciate che vi spieghi perché per me (e per molte altre persone come me) è doloroso assistere alla trasformazione di un idolo in persona sgradevole.
Nessuno tocchi Harry Potter o il suo merchandise?
Come sottolineato prima, per molte persone la saga di Harry Potter è stata una vera e propria porta di accesso al mondo dei libri, ma anche una lettura che ha contribuito a plasmare le nostre giovani menti: l’amicizia, la fedeltà agli ideali, la morte, la malvagità, l’assurdità di un’ideologia basata sulla purezza della razza; a noi che siamo rimasti con Harry fino alla fine capita ancora oggi di ricordare che la felicità si può trovare anche nei tempi più oscuri, se solo ci si ricorda di accendere la luce, o che per capire veramente una persona è bene guardare come tratta i suoi inferiori e non i suoi pari. Hogwarts è diventata per noi una seconda casa a cui tornare con la mente. Certo, con il tempo abbiamo capito che non tutti noi avremmo potuto permetterci un’esclusiva scuola privata a meno di indebitarci per anni e che l’idea di un’istruzione magica in mano a un’élite non molto misericordiosa nei confronti dei meno fortunati – i babbani, esclusi dalla vita magica del paese e trattati nel migliore dei casi come animali da salvaguardare, nel peggiore come bestie ignoranti – non era altro che un riflesso di una visione liberista e waspocentrica del mercato e della società, come ottimamente esposto da Matteo Lupetti in Harry Potter e il manifesto della razza.
Torniamo ora al frammentamento dell’anima dell’autrice in horcrux a forma di spillette con slogan transfobici: JKR ci ha donato un universo narrativo in cui crescere, un mondo che ci sembrava perfetto e che ha mostrato le sue problematiche solo con il passare negli anni. E mentre noi crescevamo e ci domandavamo che fine avessero fatto le minoranze a Hogwarts, l’autrice ha iniziato letteralmente a retconnizzare la sua creazione aggiungendo arbitrariamente briciole di informazioni canoniche assolutamente superflue, come l’orientamento sessuale di Albus Silente, la cacca evanescente dei maghi e la blackness schrödingeriana di Hermione Granger. La Zia del nostro cuore ha seguito la parabola discendente di quei parenti simpatici che vediamo solo ai pranzi delle feste e che adoriamo nell’infanzia, ma che ci rendiamo conto crescendo – e accettando la loro amicizia su Facebook – essere omofobi e razzisti capaci di condividere ogni balla che difenda il loro status quo.
Di esempi di autori che hanno rivelato nel corso della loro vita di essere persone altre rispetto a quelle che credevamo è pieno il mondo: James Patrick Hogan, autore di uno dei miei romanzi preferiti, dopo la razionalità scientifica che fa da colonna portante in Lo scheletro impossibile è diventato – negli ultimi anni della sua vita – un complottista della diffusione farmaceutica dell’AIDS, nonché negazionista dell’olocausto. Tornando alla letteratura per bambini, il celeberrimo Roald Dahl ha spesso camminato sulla sottile linea che divide antisionismo e antisemitismo, non riuscendo sempre a mantenere l’equilibrio. Questo significa forse che dobbiamo censurare Harry Potter, che Matilda debba essere riscritta, che sia un dovere morale smettere di leggere Le cronache di Narnia a causa del sostegno di C.S. Lewis alla teoria creazionista? Onestamente, non lo so. La mia risposta – da donna bianca cisgender benestante e non credente – è no, ma ogni persona ha il suo vissuto e la sua sensibilità. Io ho il privilegio di poter rileggere Harry Potter e non sentirmi offesa da niente di ciò che trovo tra le pagine; la mancanza di rappresentazione mi sfiora appena, sono fortunata.
Non si hanno mai abbastanza calzini, o forse sì?
Se rileggere Harry Potter non è un problema, però, non si può dire che avere a che fare con la sua creatrice sia semplice, o piacevole. Con una giusta dose di onestà intellettuale trovo che sia possibile continuare ad amare l’opera pur disprezzandone l’autrice. Nessuno verrà nottetempo a rimuovere le vostre copie di Harry Potter dalla libreria (no, neanche quella schifezza de La maledizione dell’erede, unico libro che vi ha fatto desiderare ardentemente di possedere una giratempo per tornare indietro e impedire a voi stessi di procedere con la lettura), tuttavia questo non significa che sia necessario continuare a sostenere Voi-sapete-chi andando a rimpinguare le sue finanze con l’acquisto di merchandise di Harry Potter.
L’equazione è molto semplice (ed espressa qua in maniera semplicistica): nel sistema in cui viviamo, chi possiede più soldi possiede più potere e, come ci insegna il nostro amichevole ragno di quartiere, da un grande potere derivano grandi responsabilità. Colei-che-non-deve-essere-nominata è – secondo una classifica stilata da Forbes nel 2017 – la scrittrice più ricca del mondo; ne consegue perciò che sia una persona potente, molto potente, in grado di influenzare la società in cui viviamo non solo condividendo le sue opinioni intrise di odio sui social, ma anche finanziando quelle realtà – qualcuno direbbe lobby – che perpetrano dinamiche di esclusione delle minoranze. Certo, non sto suggerendo di smantellare il sistema (forse), ma per tutti noi che siamo cresciuti sapendo che arriva sempre il momento di scegliere tra ciò che è giusto e ciò che è facile, è giunto il tempo di smettere di comprare i romanzi di JKR, meno che mai quelli di Robert Galbraith (che, voglio dire, non è che siano imprescindibili classici della letteratura), ma soprattutto è ora di dire addio al merchandise di Harry Potter, di rinunciare alle repliche in mattoncini dei cessi di Hogwarts (che tanto, comunque, i maghi non li usano), di riflettere prima di comprare l’ennesima tazza, l’ennesimo paio di calzini che renderanno pure liberi gli elfi domestici, ma che contribuiscono ad arricchire una donna che ha dimostrato di non avere poi così tanto rispetto per gli altri.
E se credete che questa non sia la vostra battaglia, che a voi Joanne Kathleen Rowling non abbia mai fatto niente di male, è anche il momento di riflettere sul vostro privilegio, sul vostro considerare un pezzo di plastica – di ceramica, di stoffa – brandizzato più necessario nella vostra vita di una società che non discrimini le persone trans. Possiamo smetterla, insomma, di nasconderci dietro giustificazioni labili, smetterla di trasformarci in poltrone per evitare il confronto. Nessuno, mai, ha scelto Horace Lumacorno come suo personaggio preferito della saga.