Non solo Banana Yoshimoto: quali autrici giapponesi sono da leggere assolutamente?
La sottoscritta ha già accennato in precedenza quanto sia stufa di trovare praticamente tutta la bibliografia di autori giapponesi come Haruki Murakami senza difficoltà, specialmente adesso che esce anche in edicola in una nuova veste. Lo stesso, come sapete, avviene anche con Banana Yoshimoto: una delle autrici giapponesi più famose e considerata un must da leggere, osannata per le sue atmosfere morbide, vellutate e sognanti, dietro le quali cela argomenti come la morte, la perdita in generale e la frustrazione di una gioventù incapace di adeguarsi alla società giapponese moderna, che pretende di incasellare i giovani annullandone l’individualità.
Tuttavia, sono ormai anni che le sue storie appaiono, sempre a modesto parere della sottoscritta, un tantino trite e ritrite, quasi come se quella stessa generazione di cui racconta non abbia davvero saputo evolversi né nel pensiero né nella forma. Risultano superficiali e ripetitive e, in effetti, doveva essere un campanello d’allarme il fatto che spesso le sue opere vengano accostate al manga shojo, dove gli struggimenti amorosi e introspettivi sono il motore di praticamente tutte le trame (salvo alcune meritevoli eccezioni). Per questo, eccovi dieci autrici giapponesi da leggere se volete conoscere altri aspetti della letteratura giapponese e dell’animo femminile nipponico nel corso dei secoli.
Murasaki Shikibu
Cominciamo dall‘epoca Heian, quando le dame di corte trovavano diletto nella lettura e, nel caso di Murasaki, nella scrittura di storie romanzate come quella del Principe Splendente. Genji, che dà il titolo all’opera Genji Monogatari, è uno dei figli dell’Imperatore ma viene adottato dal clan Minamoto. Per questo motivo, è un semplice funzionario di palazzo, ruolo che gli permette però di condurre uno stile di vita piuttosto libertino: Genji, infatti, sarà sempre alla ricerca della donna ideale, mantenendo comunque diverse donne alla volta come mogli o concubine, come voleva il costume dell’epoca.
Le donne del Genji Monogatari sono protagoniste tanto quanto il loro amato: in particolare, vengono ricordate calorosamente dama Fujitsubo, matrigna di Genji con cui intratterrà una relazione segreta alle spalle dell’imperatore; dama Rokujo, esempio supremo di spirito vivente (ikiryo) mosso dalla gelosia nei confronti di Aoi, moglie di Genji; e dama Murasaki, bambina cresciuta da Genji per diventare la sua sposa ideale e il cui nome venne dato come attributo all’autrice.
Il Genji Monogatari, cominciato nel 1001 e terminato dopo una decina d’anni, è certamente un’opera da leggere, tuttavia impegnativa: consistente in 54 capitoli, contiene numerosi riferimenti alla vita di corte di quel tempo, oltre a stabilire dei veri e propri canoni letterari ripresi e rielaborati nei secoli a venire da autori e autrici giapponesi, cosa che ha solamente elevato l’intrinseca complessità di un’opera a suo modo già moderna.
Nobuko Yoshiya
Facciamo un lungo salto temporale, di poco più di un millennio, e arriviamo nei primi decenni del Novecento, quando Nobuko Yoshiya cominciò la sua produzione letteraria, in opposizione a ciò che ci si attendeva da lei in quanto donna figlia degli ultimi anno dell’epoca Meiji. Femminista e dichiaratamente lesbica, il suo target, come per molte autrici giapponesi dopotutto, sono soprattutto giovani donne alla scoperta delle proprie pulsioni, dei propri sentimenti e della propria identità.
Vi consigliamo, in questo senso, Storie di fiori: dei 52 racconti brevi scritti dalla Yoshiya, Atmosphere Libri ne ha raccolte 18 tra i più significativi dove possiamo osservare le giovani protagoniste alle prese con le loro relazioni ed emozioni. Circondate da un’atmosfera vaga, fatta di non detti, impalpabili ma complici, potrete intravedere legami che vanno ben al di là dell’amicizia e del semplice affetto, nei quali le ragazze si accettano vicendevolmente, mentre perseguono il costante stimolo di una fugace evasione da ricordare poi con malinconia una volta divenute adulte e arrese ai dettami della società.
Fumiko Enchi
Proseguiamo con una donna di epoca Showa, dunque anche lei soggetta a precise aspettative da parte della società venuta a crearsi dopo il primo conflitto mondiale. La tipica donna Showa, infatti, doveva essere emblema del ryosai kenbo “buona moglie, madre saggia”, occupandosi della casa e dei figli e reprimendo, quindi, eventuali aspirazioni e desideri. Fumiko Enchi denuncia questa condizione nei suoi romanzi, mettendo come protagoniste donne capaci di provare emozioni intense e di compiere gesti e attività fuori dagli schemi loro imposti.
Per questo, suggeriamo innanzitutto la lettura di Onnamen o Maschere di donna: diviso in tre fasi intitolate con i nomi di tre differenti maschere del teatro No, il romanzo segue le vicende di Mieko Togano, donna mossa dal proprio rancore nascosto abilmente da un comportamento di facciata cortese e tuttavia morboso. Quindi potrete approfondire i temi di Fumiko Enchi con la recente traduzione di Namamiko o L’inganno delle sciamane, nel quale la figura della miko, sciamana shintoista tradizionale, è simbolo di emancipazione femminile, in quanto, nell’antichità, ricopriva un ruolo preponderante nella società e nel rapporto tra uomo e divinità e, quindi, di potere. Ci troviamo, infatti, nuovamente in epoca Heian, sempre presso la corte imperiale, tra amori, segreti e lotte politiche raccontate, naturalmente, sotto l’influenza del già citato Genji Monogatari, di cui Fumiko Enchi, come altre autrici giapponesi, curò anche una traduzione in giapponese moderno.
Harumi Setouchi
Negli anni ’20, intanto, nasce Harumi Setouchi, ora conosciuta col nome di Jakucho Setouchi, ricevuto una volta presi i voti buddhisti nel 1973. Prima di questa svolta spirituale, l’autrice si era comunque fatta notare per i suoi scritti, considerati tanto controversi da non essere pubblicati dalle riviste specializzate più prestigiose. Non solo, come anticipato parlando di Fumiko Enchi, anche la Setouchi tradusse il Genji Monogatari, dando molto risalto alle donne del racconto come rappresentazione della vena femminista della loro antica autrice.
La vita di Harumi Setouchi, oggi quasi centenaria, fu costellata di relazioni adulterine ed esperienze che ritroviamo nei suoi romanzi, talvolta autobiografici. Ne La virtù femminile, ad esempio, scopriremo come l’animo della geisha protagonista, Mille Draghi (il cui vero nome, in realtà, è Tami), venga continuamente sballottato dagli uomini che cercano di imbrigliarla e possederla lungo gran parte della sua vita. La sua è una storia di ricerca dell’indipendenza, della felicità e del proprio posto nel mondo, anche a costo di usare il proprio corpo a questo scopo, proprio come fece la sua autrice che, curiosamente, si è poi fatta monaca nello stesso tempio in cui si concluderà il romanzo, dopo aver raggiunto il culmine delle sue passioni e aver finalmente raggiunto il desiderio di distaccarsene e purificarsene.
Sayo Masuda
E già che parliamo di geisha, se vi siete limitati a leggere Memorie di una geisha, ormai riconosciuto nella sua inaccuratezza riguardo la vita di queste artiste, potete rimediare leggendo l’autobiografia di Sayo Masuda, Il mondo dei fiori e dei salici. Il karyukai, ovvero queste zone isolate della città dove geisha e oiran operavano regolarmente fin dal periodo Tokugawa, è stato esoticizzato a tal punto che molti ancora ignorano la realtà di queste donne che svolgevano un mestiere fatto di rigide gerarchie, sofferenza ed enormi sacrifici per praticamente tutta la vita.
Sayo Masuda ha vissuto tutto ciò sulla sua pelle e non solo: una volta conclusa la propria carriera da geisha, ha affrontato un’interminabile serie di pene e difficoltà, raccontate accuratamente in questa autobiografia, trasmettendo riflessioni sulla prostituzione e i soprusi che donne e bambine dovevano subire dal sistema che ne permetteva il loro sfruttamento, in un linguaggio semplice e comune che però descrive una vita decisamente fuori dall’ordinario. Pur avendo solo scritto quest’opera, non potevamo non includerla tra le autrici giapponesi da leggere.
Natsuo Kirino
Passiamo ora a scrittrici e romanzi di tempi più recenti. I romanzi gialli con sfumature hard boiled di Natsuo Kirino hanno conquistato critiche ma anche premi letterari come il rinomato premio Edogawa Ranpo, che prende nome dal padre del genere in Giappone. L’introspezione psicologica e gli eventi criminosi narrati in uno stile asciutto ma equilibrato permettono di dare voce e credibilità ai personaggi, riuscendo così a stupire il lettore con risvolti inaspettati.
Un personaggio ricorrente è la detective Miro Murano, capace di essere protagonista in quanto facente parte del lato della giustizia e al contempo vittima a sua volta dei criminali con cui avrà a che fare. Questa dualità si ritrova comunque in diverse trame delle opere della Kirino, che mette spesso a confronto la condizione della donna e delle classi inferiori in Giappone col resto della società, trattando anche temi sordidi come la prostituzione e l’industria pornografica, oltre a descrivere la facilità con cui è possibile approfittarsi di coloro in difficoltà. Sono quindi da leggere come ottimo ritratto di tutto ciò Le quattro casalinghe di Tokyo, a nostro parere il suo miglior romanzo, ma anche altre opere come Grotesque o Morbide Guance.
Mariko Hayashi
Come altre autrici giapponesi degli anni ’80, compresa la stessa Banana Yoshimoto, anche Mariko Hayashi ha scritto di donne finalmente libere di intraprendere la vita che desideravano, concentrandosi su carriera e realizzazione personale. La diminuzione delle nascite, l’aumento delle opportunità di istruzione e altri fattori socio-economici hanno contribuito ad una partecipazione più attiva della donna nell’ambiente lavorativo e sociale.
Possiamo constatarlo nei racconti del libro L’ultimo volo per Tokyo, una raccolta in cui le protagoniste sono intraprendenti, indipendenti nella vita di tutti i giorni ma ancora in grado di lasciarsi andare alle loro emozioni e riflessioni, nonostante gli stereotipi che le vorrebbero ancora chiuse in casa, sottomesse, in difficoltà nel relazionarsi con i propri sogni e pure con l’altro sesso. Un romanzo arrivato solo ora in Italia e che, purtroppo, è invecchiato bene in quanto testimonianza di dinamiche sociali ancora attuali e dure a morire.
Yoko Ogawa
Dopo lo scoppio della bolla economica giapponese, nel 1991, si diffonde un certo pessimismo che influenza ovviamente la produzione letteraria dell’epoca. Yoko Ogawa, con le sue opere, si posiziona appunto in questa nuova corrente pessimista e oscura, volta all’espressione di un senso di alienazione spesso attraverso espedienti quali l’omissione di nomi e di descrizioni, specialmente per le sue donne protagoniste.
Inoltre, in romanzi come L’isola dei senza memoria, l’atmosfera si fa surreale con l’inserimento di dettagli incredibili, anormali e per questo disorientanti. In questo caso, il fulcro è la perdita della memoria come causa della perdita di umanità: una delle cose più grandi che l’uomo è capace di fare, ovvero ricordare, e che ci permette di comunicare, anche per mezzo della letteratura stessa, attraverso il tempo. Con uno stile minimale e ambiguo, capiremo il punto di vista dell’autrice riguardo la psiche umana e il rapporto con una quotidianità alla deriva.
Mitsuyo Kakuta
Ma ecco che torniamo a vedere la vita con gli occhi di due donne diametralmente opposte: ne La ragazza dell’altra riva di Mitsuyo Kakuta assistiamo allo sviluppo di un’amicizia tutta al femminile, tra una donna in carriera, solitaria, che si è fatta da sola, e una madre che vorrebbe provare la stessa, apparentemente appagante, sensazione di essere libera dagli impegni e i pesi che l’occuparsi di una famiglia richiede: il marito poco presente e la presenza opprimente della suocera la spingono a portare spesso la figlia al parco giochi, evitando però di parlare con le altre madri e dunque di integrarsi in quel ruolo sociale che le sta così stretto.
Ruolo che invece desidera ardentemente la protagonista de La cicala dell’ottavo giorno, che ha visto tradita la propria fiducia e cadere in pezzi proprio quelle aspettative di maternità che la porteranno poi a rapire la bambina dell’uomo che l’ha abbandonata. Mitsuyo Kakuta, dunque, cerca di mettere in luce l’animo femminile, soprattutto quello materno, a prescindere dal legame biologico ma ancora una volta, come altre autrici giapponesi, cerca di indagare se questa possa essere l’unica via o se invece le donne possano compiere scelte più consapevoli, nonostante i sentimenti, anche negativi, che possono spingere la loro volontà.
Ito Ogawa
E per finire, rimanendo in tema familiare, non possiamo che consigliarvi un’altra tra le più conosciute autrici giapponesi, Ito Ogawa con La locanda degli amori diversi. Un titolo eloquente, poiché non solo le protagoniste formano una coppia e una famiglia ma anche perché queste, decise a cambiar vita insieme dopo esser state abbandonate dalle loro famiglie precedenti, danno vita ad un’attività in cui sentirsi e far sentire altre persone al sicuro e in pace. La locanda Arcobaleno, infatti, diventa un luogo in cui chiunque sia affranto dalla propria esperienza di vita o dalle proprie relazioni possa ritrovare la serenità e capire di poter essere accettato così com’è, solo o in compagnia, etero o gay, giovane o vecchio.
La delicatezza e la coralità sono le principali caratteristiche dei romanzi e dei racconti di Ito Ogawa, insieme all’attenzione per alcuni dettagli come il cibo: anche ne Il ristorante dell’amore ritrovato assistiamo alla preparazione di pietanze che, con il loro sapore magari esotico e al contempo familiare della cucina casalinga, sanno ridonare felicità e sentimenti positivi a coloro che si siedono alla tavola della protagonista, che a sua volta ritrova una ragione di vita dopo un’enorme delusione.
Vi abbiamo quindi illustrato dieci autrici giapponesi e per ciascuna almeno un’opera da leggere nella quale vengono ritratte donne normali: nessuna di queste è nata con qualche privilegio particolare, nessuna di queste si abbandona al proprio triste destino ma lotta con le unghie e con i denti. Non sempre nel modo migliore forse ma, in fondo, questo è anche ciò che le rende ancora più umane e degne di essete alla pari di chiunque altro. Avremmo potuto menzionare diverse altre autrici giapponesi che dovreste leggere, come Kazuki Sakuraba e Sayaka Murata, di cui vi abbiamo già parlato, o Hiromi Kawakami e Shion Miura, ma sappiamo di avervi già dato tutti gli spunti che vi servivano per andare oltre i brevi romanzi di Banana Yoshimoto ed esplorare più aspetti della femminilità giapponese.