La pellicola dedicata all’artista del mistero è un docufilm che spiega, critica e mastica l’arte sin dalle sue origini pop
Approdato su Prime Video il 1° Settembre, Banksy – L’arte della ribellione è un docufilm diretto da Elio Espada, perfettamente a suo agio con questa tipologia di creature dopo aver dato vita a documentari anche su Charles Manson e i Beatles (un chiaro amante delle figure borderline), non è solo un’ode al genio di Banksy, ma spiega come sia stata possibile la sua fuoriuscita dal gorgogliante brodo primordiale della Bristol di fine secolo.
Banksy – L’arte della ribellione inizia proprio come avrebbe voluto il suddetto artista: con uno shock.
Ci viene mostrato il celebre dipinto della bambina con il palloncino, battuto all’asta per un milione di dollari e, subito dopo, perduto per via di un meccanismo trita carta installato nella cornice dal geniale inglese.
Morale della favola? Critica sociale all’estrema ed inutile valorizzazione dell’arte, facce sbigottite delle persone in sala e, per un grottesco contrappasso dantesco, quadro che passa dal valere solamente un milione, a ben sette.
In Banksy – L’arte della ribellione vediamo costantemente questo: Le norme sociali che provano a catturare, spiegare, catalogare e mercificare l’arte. L’esplosività dell’anima delle persone, esposta tramite un costante vomitare di colori attraverso una bomboletta o un pennello, che prova a sgattaiolare via dalle catene grigie della quotidianità.
Ed è esattamente questo contesto che ha dato vita a Banksy. Una scenografia che non poteva nascere se non in un contesto urbano complesso, povero, ma fremente come quello di Bristol. L’epoca, d’altronde, è quella dell’Inghilterra della Lady di Ferro, la “tanto amata” conservatrice Thatcher, che pian piano stava portando la working class verso una transizione moderna, depauperando il cittadino inglese di tutta la sua forza popolare.
In questo contesto Bristol diventa il forte della transumanza artistica dei giovanissimi inglesi. Musica hip-hop, elettronica, acid house accompagna i writer mentre consumano cemento e asfalto con le proprie tag, i puppets e tutto ciò che potesse dargli modo di lasciare un segno.
La rivoluzione culturale sta iniziando a caratterizzare la città tanto quanto Londra, e questo infernale multi verso di vernice, musica e balli, non poteva che dar vita a creature destinate a sconvolgere il delicato sistema artistico dell’isola. Se in ambito musicale abbiamo avuto i Massime Attack, sotto il piano dei graffiti stava via via prendendo spazio un giovane, dall’identità misteriosa, che con i suoi disegni, ma soprattutto i suoi stancil, aveva il desiderio di dare sfogo a opere capaci di unire forma e contenuto.
Niente più mero simbolismo fine a sé stesso volto a ingigantire l’ego dell’artista, le opere del giovane Banksy dovevano avere un messaggio, un significato, una critica al mondo, alla società.
Ed è per questo che Bristol, nella sua cacofonia blasfema di colori, in poco tempo diventa una gabbia per uccelli. I writer vengono arrestati dalla polizia, uno ad uno. Non c’è più spazio per l’arte di strada.
In questo modo, Banksy – L’arte della ribellione, ci porta all’interno del viaggio demiurgico di un artista che non vuole fare arte, ma la vuole sfidare.
Contatta gruppi anarchici, sovversivi, incorpora messaggi di protesta, di lotta di strada, ideali naturalisti e di libertà. Presta il proprio talento al mondo e alla società e finisce con l’alzare un dito medio a quell’arte accademica, ora vuota, ora vana, destinata a far sobbalzare dalla sedia le giacche inamidate del MoMA solo per una cifra a quattro zeri.
Banksy – L’arte della ribellione non è un semplice docufilm su un grande e misterioso artista della nostra contemporaneità, ma è un costante punto interrogativo che cresce all’interno della nostra mente e della nostra anima. Cos’è l’arte? Una semplice manifestazione di talento per mezzo di colori e tela? Una vichyssoise concettuale di ciò che accresce l’ego dell’uomo? Per il misterioso ragazzo inglese è un’idea.
Un tremante e battente vessillo che viene posto sopra la cupidigia materiale dell’essere umano e che sventola a favore del vento rivoluzionario delle idee degli ultimi. Un modo per poter far risaltare, nonostante il suo povero, ma titanico, valore monetario, un concetto basilare che scaturisce nella libertà del singolo.
Banksy non è solo un semplice artista. È la manifestazione dell’Io collettivo in un mondo di prigioni mentali. Un uomo capace di guardare in faccia il mondo e farlo bruciare attizzando il fuoco dello spirito per mezzo di vernice e pennelli.
Banksy – L’arte della ribellione è su Amazon Prime Video dall’1 settembre 2021.