Batman è il secondo supereroe più longevo della DC e della storia del fumetto americano, nonostante all’inizio avesse ben poco di eroico
Ogni notte, da ottanta anni a questa parte, un uomo osserva la malata città di Gotham accovacciato su un gargoyle di pietra, pronto a balzare su chiunque osi interferire con la pace che gli onesti cittadini si sono meritati. Quest’uomo è conosciuto con molti nomi: Cavaliere Oscuro, Crociato Incappucciato, il Pipistrello. Lui preferisce essere chiamato con un solo nome, alla cui pronuncia assassini e spacciatori tremano: lui è Batman.
Nato nel 1939 sul numero 27 della antologia a fumetti Detective Comics (che festeggia insieme a lui il raggiungimento del numero 1000) Batman fu ideato da Bob Kane e Bill Finger sull’onda di Superman, pubblicato l’anno precedente sulle pagine di Action Comics. E, inizialmente, era un personaggio molto diverso dall’eroe che siamo abituati a conoscere oggi, a partire dal nome: non Batman, bensì The Bat-Man.
Detective Comics presenta: The Bat-Man
Detective Comics è una raccolta di storie di stampo poliziesco, ma dal 1939 con il successo di The Bat-Man la rivista diventa monotematica, visto che segue le vicende dell’uomo pipistrello in pianta stabile. Una scelta, questa, che porta ad un cambio anche piuttosto drastico de DNA della testata, diventata molto più oscura e cupa, una sorta di unicum per l’epoca.
Infatti all’origine The Bat-Man nasce come un antieroe in tutto e per tutto, un uomo a cui non importa di dover seguire un codice morale per far rispettare la giustizia perché non è giustizia, ma giustiziere, incline perfino all’uso di armi da fuoco e all’omicidio. L’esempio più famoso di questa affermazione lo troviamo proprio nella storia dove fece la sua prima comparsa, Il caso del sindacato chimico, in cui The Bat-Man colpisce un criminale spedendolo dentro una vasca piena di composti chimici dove rimane ucciso, per poi esclamare: “Una fine appropriata per il suo genere”.
Un paladino in calzamaglia, dunque, da subito atipico, nato come gli altri suoi colleghi sull’onda del successo di Kal-El ma completamente diverso, quasi all’opposto, sia da un punto di vista etico che esistenziale. Del resto, The Bat-Man si differenzia da gli altri anche per un particolare che sembra di poco conto, tuttavia fondamentale per la moda del periodo: la questione delle origini.
Era infatti una consuetudine che ogni nuovo eroe raccontasse nella sua prima avventura, attraverso un riassunto di poche pagine, chi era e com’era nato. The Bat-Man invece va subito in controtendenza e scopriamo le sue origini solo su Detective Comics 33. Nel corso dei decenni sono state revisionate, ampliate e corrette, ma sostanzialmente restano sempre le stesse: un ragazzino di nome Bruce Wayne ritorna dal cinema in compagnia dei suoi genitori, Thomas e Martha Wayne, ed assiste impotente al loro omicidio da parte del criminale Joe Chill, verso il quale Bruce giura vendetta.
Da quel momento inizia pian piano la costruzione dell’immaginario classico dell’uomo pipistrello, ma per arrivare alla versione che tutto il mondo conosce dobbiamo attendere ancora qualche anno. Col tempo quindi vengono aggiunti tutti quegli elementi che sappiamo e abbiamo imparato ad amare, dai luoghi iconici di Gotham come Arkham o la Batcaverna, fino ai bizzarri nemici e i fedeli alleati. Anche la Batmobile è stato un elemento aggiunto a posteriori, inizialmente infatti il pipistrello era solito girare a bordo di una normalissima Berlina rossa.
Il cambiamento più importante che The Bat-Man subisce nel corso del tempo però è quello legato al suo codice morale, un aggiustamento di rotta che avviene in seguito alla pubblicazione della prima testa a suo nome (1940), in cui all’interno della storia il pipistrello fa un discreto uso di mitragliatori. L’allora editor Whitney Ellsworth decise di porre un freno a tutta questa violenza, decretando che The Bat-Man non avrebbe mai più utilizzato delle armi. Inoltre, sempre nello stesso anno, sul numero 38 di Detective Comics, fa la sua comparsa Robin, il ragazzo meraviglia, con il compito di fare da bilancia morale ad un cavaliere un po’ troppo oscuro per gli standard a cui stava andando incontro il mondo dell’editoria dei comics americani.
Batman: origini oscure
Nel periodo in cui nasce The Bat-Man (poi chiamato affettuosamente Batman) si sta iniziando a definire in un certo senso quello che sarebbe poi diventato il mercato del fumetto supereroistico americano. L’anno precedente è nato Superman della National Comics (la futura DC Comics) e nel suo stesso anno la Timely Comics, futura Marvel, pubblica i fumetti di Namor e della prima Torcia Umana.
Il successo editoriale di queste pubblicazioni da il via al boom dei supereroi e a quella che verrà poi definita come la Golden Age. Tra tutine colorate, volti sorridenti e superpoteri, The Bat-Man si conferma sempre come una figura in controtendenza, un personaggio oscuro nato dall’oscurità, in bilico tra l’abisso e la luce. Del resto, questa diversità viene ribadita e portata avanti con determinazione nel corso degli anni, nonostante i vari tentativi di “stemperarla” o di normalizzarla. Una diversità che, non a caso, trova il suo compimento ideale nelle sue origini, cruente, tragiche e terribilmente realistiche.
All’epoca il modello del supereroe, mantenuto anche negli anni a venire, è quello di un uomo comune che, in seguito alla scoperta di un potere sovraumano o di capacità fuori dal comune, trova la motivazione per metterlo al servizio dell’umanità diventando così un eroe. Bruce Wayne invece fa un processo inverso. A soli otto anni, aveva già la motivazione per diventare un “eroe”, e nel corso del tempo si è creato i suoi poteri attraverso la disciplina, il duro allenamento e lo studio. La sua motivazione però non era qualcosa di nobile, glorificante o divino, ciò che sprona il ragazzo rimasto orfano a diventare un giustiziere è l’odio, la sete di vendetta. Batman è quindi un eroe nato dalla rabbia, una genesi perfetta per il più spietato dei villain.
Il Cavaliere Oscuro è anche un uomo che si è dovuto fare da solo, ed anche questo è fattore atipico che ha contribuito al suo successo. Gli eroi spuntavano come funghi, e tra uomini comuni che improvvisamente si ritrovavano in possesso di poteri grandiosi, un ragazzino si fa avanti e, investendo l’infinito patrimonio di famiglia, inizia un viaggio per il mondo, imparando tutti i tipi di arti marziali, studiando le migliori tecniche investigative e allenando il suo fisico al massimo delle possibilità umane fino a superarle. Diventa Batman.
Nella mente del pipistrello: il manicomio di Arkham
La popolarità di Batman non è dovuta solo al fascino che il Cavaliere Oscuro esercita, ma anche ai suoi bizzarri nemici, alcuni dei quali sono diventati talmente popolari da rubare più volte la scena allo stesso eroe, con intere testate a loro dedicate e memorabili interpretazioni sul grande schermo (Jim Carrey, Heath Ledger e Danny DeVito, giusto per fare qualche nome).
Questi personaggi hanno subito un processo evolutivo simile a quello di Batman, partendo come semplici macchiette, dei soggetti da striscia umoristica più che dei veri criminali. Con il tempo, grazie anche agli autori che hanno lavorato e approfondito le loro personalità, i peggiori criminali di Gotham City sono stati delineati nelle loro diverse sfaccettature e contestualizzati all’interno dell’oscura città.
La città quindi diventa un paziente, Batman uno psicologo e i folli criminali i mali da estirpare. Questi mali però non possono essere semplicemente eliminati, sconfitti o curati e vanno quindi rinchiusi in un luogo nascosto all’interno dell’inconscio, dove vanno tutte quelle cose che fanno paura. L’equivalente di questo posto a Gotham City non è altro che il manicomio di Arkham, al cui interno, in rappresentanza di tutti questi folli elementi, c’è l’incarnazione stessa del caos e della follia: il Joker.
Il Clown e il Pipistrello sono uno l’immagine complementare dell’altro, due facce della stessa medaglia e allo stesso tempo la stessa faccia. Nessuno dei due può vivere senza l’altro. Questo perché sono, di fatto, incredibilmente simili. Anzi, possono essere considerati come due reazioni diverse allo stesso sintomo: la follia.
La follia non è una condizione insita nelle menti degli individui, bensì una reazione che una persona compie nei riguardi della società quando essa, in un modo o nell’altro, la colpisce duramente. Si diventa pazzi perché qualcosa, dall’esterno, ci ha fatto impazzire, perché qualcosa ci ha travolto e ci ha cambiato. Perché ci ha distrutto. “Basta una giornata storta per trasformare il migliore degli uomini in un folle“, dice il Joker all’interno di una delle storie più memorabili di sempre: The Killing Joke. E Batman, di fronte a questa affermazione, replica apparentemente determinato, ma non è poi così convinto. Magari perché, in fondo, riconosce che la “brutta giornata” di cui parla la sua storica nemesi è la stessa che ha avuto lui quando sono morti i suoi genitori, molto simile a quella che ha portato il Joker a diventare un criminale. In fondo, anche Bruce Wayne è un folle.
Tra Batman, Detective Comics e DC Comics
Al fronte di questi 80 anni e 1000 numeri di pubblicazione, molte storie sono state scritte e molte devono ancora essere narrate. Batman è un personaggio affascinante, sfaccettato e che può essere usato in qualsiasi modo l’autore di turno voglia che venga usato. Fare un elenco delle serie migliori non sarebbe sufficiente, e soprattutto non renderebbe giustizia, per questo ci siamo limitati a raccogliere quelle storie più significative del Crociato Incappucciato, raccontante dalla penna degli autori più famosi che nel tempo si sono avvicendati alla guida dell’eroe più oscuro di tutti.
Quando si parla di storie legate a Batman, non si può non tirare fuori il sempreverde bardo di Northampton Alan Moore, che nel già menzionato The Killing Joke ci narra del passato del Joker quando era ancora sano di mente, mentre attraversa una vita miserabile destinata in un certo senso a finire col sorriso sulle labbra, ma soprattutto è il racconto che più approfondisce il rapporto che intercorre tra Batman il Clown.
Pochi anni prima, lo stesso Moore pubblicò Watchmen, che mise in moto la decostruzione del supereroe americano. Quasi contemporaneamente però uscì una ulteriore opera, pilastro fondamentale di questa decostruzione, ovvero Il ritorno del Cavaliere di Frank Miller. Miller dà vita ad una trilogia, composta dai volumi Il Cavaliere Oscuro colpisce ancora e Razza suprema, che ci raccontano di un Batman ormai vecchio e stanco della vita da eroe, ma che tornerà ad indossare nuovamente la maschera, da cui è profondamente ossessionato, quando Gotham avrà bisogno del suo eroe.
Le motivazioni legate al ritiro di Batman sono legate alla morte del suo aiutante Robin, ai tempi Jason Todd. Frank Miller, come il migliore dei veggenti, aveva predetto la pubblicazione di una saga curata da Jim Starlin, Una morte in famiglia, uscita a qualche anno di distanza. L’importanza di questa saga è legata proprio alla morte del secondo Robin, ucciso per mano del Joker, un evento, la morte di un eroe, a quei tempi rarissima, e che insieme alla morte di Gwen Stacy ha contribuito ad una svolta drammatica nel fumetto supereroistico. La morte di Jason Todd è stato anche oggetto di discussioni però, perché il personaggio non era molto gradito ai lettori, che preferivano l’originale Robin, Dick Grayson, e la DC Comics fece decidere a loro il destino del personaggio attraverso un sondaggio telefonico, che ovviamente fu una condanna a morte.
Sempre in tema di funerali, Neil Gaiman ci porta ad assistere al funerale di Batman in, Cos’è successo al Cavaliere Oscuro? un moderno Decameron in salsa supereroistica dove ogni villain, alleato e amico racconta la sua versione della morte di Batman, rivelando intimi e oscuri segreti. Quella di Gaiman in realtà non è una semplice raccolta di storie con un filo conduttore comune, ma è un modo per riflettere sul concetto di “morte di un supereroe”, ed analizzarlo come fase transitoria nella vita di un vigilante che porta ad una rinascita, verso un rinnovamento.
Abbandoniamo i funerali per dedicarci ai matrimoni, perché nel corso dell’ultimo anno, Batman/Bruce Wayne è andato verso l’altare in compagnia di Catwoman/Selina Kyle, nella run di Rebirth seguita da Tom King. Peccato che questo matrimonio non sia andato a buon fine, come c’era da immaginarsi. Dopotutto il rapporto tra la Gatta e il Pipistrello è sempre stato ambiguo, un continuo tira e molla tra fiducia e sfiducia. Un rapporto che si è costruito nel tempo, come ci mostra Jeph Loeb nella sua serie di graphic novel, che vanno da Il lungo Halloween a Hush, passano per Vittoria Oscura e Catwoman: When in Rome. Questa serie narra dei primi anni di carriera del Cavaliere Oscuro, e approfondisce in particolare per l’appunto l’interesse romantico tra i due.
Chiudiamo con Grant Morrison, che prende la decostruzione, i temi filosofici e gli interessi romantici e li butta via da una finestra del manicomio di Arkham, per trascinarci in un viaggio onirico e surreale, in un forte contrasto con tutte le altre opere di Batman. Parliamo della graphic novel Arkham Asylum: Una folle dimora in un folle mondo, che oltre a raccontarci di come Amadeus Arkham abbia fondato il manicomio, ci trascina tra sogno e realtà negli oscuri corridoi che porteranno alla follia lo stesso Batman.
Batman e la DC Comics: cento di questi pipistrelli
Come abbiamo visto, è stato un lungo cammino quello che ha portato Batman, da quel fatidico 1939, a diventare un’icona mondiale. Un’icona che non ha tardato a trasmigrare dai fumetti per raggiungere altri media, come il cinema, la televisione, l’animazione, i videogiochi in forme mille volte differente. Che sia un film diretto da un regista dal calibro di Christopher Nolan o Tim Burton, una serie televisiva di grande successo, oppure una lunga saga videoludica e perfino un adattamento in salsa giapponese e Lego, Batman non smette di tornare, interpretato dalla particolare sensibilità del creativo di turno.
E ora che sta per compiere 80 anni, ci si rende conto che stiamo parlando non solo di un eroe ma di un autentico mito. Spesso i protagonisti dei comics diventano leggende, simboli che indicano qualcosa e che per questo rimangono vivi agli occhi dei lettori, che siano incarnazioni dei valori migliori della società oppure di quelli peggiori. Batman, in questo senso, è l’emblema dei secondi, perché è nato grazie agli orrori dell’umanità, alla violenza inaudita, diventandone il nemico giurato.
Batman ci ricorda che i mostri generano altri mostri e non è detto che gli eroi che vengono per combatterli siano per forza migliori. A volte gli somigliano e basta. Perché reagire alle ingiustizie non è sufficiente, a volte dobbiamo lottare per restare noi stessi.
Si tratta del simbolo di cosa succede quando si guarda troppo a lungo dentro l’abisso. Ecco perché abbiamo bisogno di lui e ne avremo sempre bisogno.