A volte, il nome, non basta
Che siate o meno fan di Joe “Mad” Madureira (ma diamine, perché non dovreste?!) è plausibile che abbiate comunque sentito parlare di Battle Chasers: Nightwar, un progettino niente male, messo su da un team del tutto inedito e capace di raggiungere la soglia degli 850.000 dollari su Kickstarter, il che, diciamocelo, non è proprio una roba da tutti.
Classe 1974, americano e simbolo dell’america fumettistica degli anni ’90, Joe Madureira vive da sempre un rapporto profondo con il mondo del videogame, tale da essere stato prima il copertinista della storica PSM (quando questa aveva ancora un motivo per stare in edicola), poi l’artista fondamentale della genesi del brand Darksiders al cui timone artistico è rimasto in pianta stabile per i primi due capitoli del gioco. Successivamente Joe, come spesso è accaduto nella sua carriera, ha deciso di guardare altrove, ed ecco che al suo nuovo giro di boa ha messo su il fortunato team di The Airship Syndicate con cui, supportato da THQ Nordic, ha dato i natali a questo Battle Chasers.
A metà tra un dungeon crawler e un più classico JRPG, Battle Chasers cerca il connubio perfetto tra occidentale e orientale che, a ben pensarci, ha perfettamente senso nell’ottica di un autore come Mad Joe il cui stile, del resto, è proprio una fusione riuscitissima tra lo stile ipertrofico americano e quello nipponico, più cinestetico e fresco. In quest’ottica, almeno dal punto di vista visivo, Battle Chasers: Nightwar compie il suo lavoro in modo egregio, eppure scavando a fondo, masticando il gameplay come si deve, ci si rende conto che tante cose non sono andate come avrebbero dovuto e che quella di Nightwar è sì un’avventura godibile, ma forse ci si poteva impegnare un po’ di più.
Dopo una moltitudine infinita di ore, siamo pronti finalmente a dirvi la nostra, chiarendovi sin da subito che il nostro test è stato afflitto da numerosi e frustranti bug e che, per onore di cronaca, lo abbiamo giocato su PS4.
C’era una volta Battle Chasers
Difficile che conosciate Battle Chasers. Non perché vi si voglia chiamare ignoranti ma perché, purtroppo, la serie ideata in toto da Mad Joe non ha goduto di quella fortuna che, forse, si sarebbe meritata. Del resto parliamo di soli nove numeri, pubblicati in modo sporadico nel bel mezzo degli anni ’90, con un progetto poi accantonato troppo prematuramente e, soprattutto, nel bel mezzo del fervore di critica e pubblico.
Cosa sia nel dettaglio Battle Chasers in versione fumettistica lo avevamo spiegato, in modo più o meno rapido, nel corso della nostra ultima anteprima sul gioco, per il resto abbiamo contattato Mad Joe per l’intervista che potrete leggere assieme a questa recensione, e lui ci ha confermato che ben presto la serie a fumetti tornerà.
Ciò detto, quel che ci piaceva di Battle Chasers era la sua freschezza, il suo connubio tra una certa maturità narrativa e uno stile molto morbido e “giovane”. Battle Chasers non scimmiottava altri popolari fumetti fantasy dell’epoca, come l’apprezzatissimo Berserk di Kentaro Miura tanto per citare il più celebre, ma sceglieva una sua propria dimensione, mantenendo alcuni stilemi tipici della narrazione a capitoli americana, cercando poi il connubio estetico che richiamasse al meglio la scuola di pensiero nipponica, senza mancare di una certa leggerezza che, per quanto ci riguarda, ci ricordava vagamente il mai concluso Bastard! di Kazushi Hagiwara, seppur ovviamente privo delle esagerazioni sessuali che lo costellavano. Rileggere oggi Battle Chasers è ancora piacevolissimo, e nonostante gli anni l’opera mantiene inalterata la sua rudezza, il suo fascinoso carisma e il suo humor sottile, rendendolo forse, e a furor di popolo, un’icona pop del fumetto indipendente dei bei tempi che furono. Ecco perché, specie dopo Gamescom 2017, ci aspettavamo grandi cose dalla trama di questo Nightwar, complice anche l’arrivo di un personaggio nuovo, Alumon, il tostissimo cacciatore di demoni dal retrogusto vagamente “belmontiano”.
Le premesse, come le evoluzioni narrative, si sono invece mantenute su di una certa banalità, tale da risultare persino demotivante in certi frangenti della storia. L’intento del team, per stesse parole di Joe, è stato quello di scrivere una storia inedita, che potesse così essere masticabile anche da quanti (e sono forse tanti) non avevano dimestichezza con il brand.
Il punto è che almeno un piccolo preambolo, quanto meno di presentazione degli eroi, era probabilmente d’obbligo. Ci imbattiamo infatti nei nostri beniamini proprio nel bel mezzo di una sorta di fuga aerea, mentre a bordo di una nave volante sono inseguiti da una non meglio identificata forza nemica che, dopo un raid aereo, li obbliga ad atterrare fortuitamente sfrangiando il gruppo. La giovane Gully, il rude Garrison e il meccanico war golem Calibretto divengono quindi i primi tre componenti del nostro team e la loro prima missione sarà proprio quella di ritrovare i due compagni scomparsi, il saggio Knowlan e l’avvenente Red Monika, dispersi chissà dove sull’isola misteriosa sulla quale il gruppo è atterrato.
Da qui, ovviamente, ci sarà un’evoluzione degli eventi che farà luce sui misteri che albergano sull’isola, complice la solita malvagità che cerca di risvegliare un male antico, e i soliti sgherri che proveranno a fronteggiarci. Nel mentre faremo anche la conoscenza di un locale cacciatore di demoni che si unirà al nostro party, nonché di tutta una serie di PNG che ci offriranno quest e aiuti vari nell’adempimento della disperata missione.
Battle Chasers non fa davvero nulla per scollarsi dagli stereotipi più rodati del genere “might & magic”. Personaggi bestiali, femme fatale, umanoidi dai tratti felinidi dal fare burbero ed eroico, streghe avvenenti ed antiche, villain al limite del banale, stantio e ammuffito, come i dungeon che si trovano nel gioco. Non c’è nulla di nuovo sotto al sole dell’isola di Battle Chasers ed anche se tutto sommato i personaggi si fanno voler bene, complice, ovviamente un character design bellissimo ed appagante, è indubbio che l’intera vicenda sia un tale calderone di cliché da risultare persino ridicola in quei frangenti in cui, goffamente, cerca di prendersi sul serio.
Non ci sono mezzi termini: dal punto di vista narrativo Battle Chasers è noioso, persino tedioso in certi momenti, vista la mollezza generale con cui la trama incede nel corso delle circa 30 ore che vi serviranno per portarlo a termine. Un problema evidente, a nostro dire, è proprio quello relativo ai personaggi le cui motivazioni sono, al più dei giocatori (ossia a quella fetta che non ha mai letto il fumetto) del tutto oscure. Neanche i dialoghi opzionali o le numerose battute che cercano di animarli servono a sovvertire la situazione, e tutto scorre – paradossalmente se si considera gli intenti e le motivazioni di una trama inedita – come se il giocatore dovesse per forza conoscere a fondo i personaggi o le connessioni tra loro.
Battle Chasers: Nightwar è fumoso, a volte impalpabile, narrativamente superfluo. Poteva funzionare da dio se si considera il materiale da cui è tratto, e invece finisce per essere solo uno splendido carrozzone visivo, sorretto da una storia che fa indignare rispetto a quanto si poteva (e si sarebbe dovuto) fare. Sommariamente godibile, ma meglio concentrarsi sul gameplay.
Sovraccarico!
Dal punto di vista del gameplay, come avevamo già avuto modo di vedere, Battle Chasers si propone con un sistema che va a ripescare fortemente dalla tradizione ruolistica giapponese e, in particolare, dal sistema ATB tipico della serie Final Fantasy. Il combattimento è dunque a turni, ed un’apposita barra laterale chiarisce al giocatore quale sarà l’ordine delle azioni che, ovviamente, potranno essere immediate o impiegare un bel po’ prima di essere effettuate.
La velocità delle azioni è sempre chiara, ulteriormente evidenziata dal menù di gioco, sicché sotto il nome di ogni abilità e attacco è specificato se si tratterà di una lenta o istantanea. Potremo quindi scegliere tre eroi dal nostro team di sei, e scorrazzare in giro per il mondo la cui mappa con veduta dall’altro è tanto semplice e pulita quanto ricca di bivi e segreti. Nessuno scontro casuale, ma piuttosto dei comodi segnalini sulla mappa che segnalano l’incontro (spesso aggirabile), mentre nei dungeon, che sono poi l’esperienza principale, tutto è ancora più diretto, con stanze in cui i mostri sono effettivamente visibili ed in costante pattugliamento.
Niente di realmente nuovo o innovativo quindi, se non fosse che Battle Chasers si dimostra possessore di un sistema di combattimento veramente intrigante, il cui equilibrio è dato prettamente da una cosa, e una soltanto: un folto sistema di buff e debuff. Ogni personaggio del nostro party, così come ogni nemico, gode infatti di una fitta schiera di abilità e attacchi che, oltre all’ovvia capacità di fare danni o restituire punti vita, infligge o annulla una moltitudine di status alterati. Veleno, stordimento, sanguinamento e via discorrendo sono così i fattori fondamentali di questo continuo rimpiattino di status di combattimento, tali che alcuni finiranno per influenzare particolarmente anche le sezioni esplorative dei diversi dungeon.
La meccanica è così precisa e rodata da creare un equilibrio molto intrigante tra i sei eroi, praticamente nessuno dei quali è incastrato in una classe canonicamente intesa seppure, com’è ovvio, si rifacciano ai principali stilemi del genere tra tank, guaritori, spadaccini e così via. Guardando il tutto più accuratamente si scopre, ad esempio, che il tank è un healer eccezionale, che la ladra è una debuffer impareggiabile, o che i guerrieri sono dei favolosi personaggi di supporto. Il rimpiattino di buff è tale e così vario che i combattimenti, specie i più difficili e prolungati, sono sempre avvincenti e giocati più sull’abilità che sulla casistica. Valutare ed anzi quasi “calcolare” il coefficiente perfetto di buff e debuff da infliggere ad alleati e nemici è la parte clou del divertimento, tanto che proseguire l’esplorazione senza conoscere a menadito il complesso sistema di abilità significa, specie dalla metà del gioco, una morte certa e punitiva.
Per il resto si tratta del tipico sistema che vive del dualismo PV/PM, con l’unica novità dei “punti sovraccarico” che vengono guadagnati con gli attacchi e le difese di base (più poche altre abilità tipiche dei diversi eroi), che vanno ad aggiungersi ai PM, e che come questi possono essere utilizzati, senza però la possibilità di poterne accumulare alla fine della battaglia. Questo sistema si dimostra strategicamente intrigante, specie per le classi magiche il cui uso di punti magia è molto alto, ma in fin dei conti non è qualcosa di realmente determinante come invece ci si aspettava.
A scontro concluso i personaggi guadagneranno poi la tipica carrellata di punti esperienza, più un certo loot che dipende ovviamente dai nemici affrontati e, in parte, dalla loro posizione geografica. Col procedere dei livelli i personaggi progrediranno e miglioreranno, sia attraverso lo sblocco di nuove abilità attive (tra cui i potentissimi “ultrattacchi”, vere e proprie limit break, tre per eroe), sia per mezzo di un doppio set di abilità passive, che potranno essere attivate a piacere grazie ad una serie di punti abilità ottenibili sia per mezzo del level up, che per mezzo di alcuni speciali libri reperibili in gran numero in giro per il gioco. Ad ogni personaggio, dunque, due schemi abilità, il cui scopo è quello di amplificare l’efficienza di una delle due principali “ibridazioni” delle rispettive classi. La cosa interessante è che il giocatore potrà scegliere in ogni momento di riassegnare i punti come vuole, divertendosi a sperimentare la conformazione perfetta del party, con i relativi ruoli. Questo anche perché – come detto – essendo possibile accumulare punti abilità accessori grazie ai succitati libri, non è strano pensare di cambiare in toto e d’improvviso il set di abilità passive di uno dei membri del party, a maggior ragione se si deciderà (ed è a questo punto consigliabile) di procedere con un livellamento equo che lasci tutti gli eroi costantemente disponibili per la battaglia.
Dungeon crawling
E veniamo al nocciolo: se si mette completamente da parte lo scheletro narrativo di Battle Chasers, il core della sua esperienza è certamente nella sua esplorazione, non tanto per quel che riguarda la mappa, vincolata a percorsi stabiliti dal team di sviluppo, ma dai suoi dungeon procedurali: otto, più alcuni bonus da scoprire. Ogni dungeon è formato da circa una decina di stanze, quasi del tutto privo di indicazioni utili ad orientarsi, se non di una generica distribuzione dei punti cardinali (in pratica si può sapere solo in che direzione di trova la prossima stanza, ma non per certo come è strutturata). La bontà costruttiva è notevole, i dungeon grondano di stile e fascino, e la costruzione dei loro elementi chiave riesce di volta in volta a creare delle configurazioni che non hanno quel vago sapore di “casualità” tipico dei dungeon procedurali. I labirintici percorsi di Battle Chasers sono puliti, definiti, perfettamente incastrati, ed anzi con il moltiplicarsi delle esplorazioni il gioco si diverte ad inserire elementi (non moltissimi, ma ci sono) che magari non è stato possibile incontrare nella volta precedente. Lo scopo è quello di creare una forte ri-giocabilità, specie grazie ai tre livelli di difficoltà presenti per ogni dungeon (normale, difficile, leggendario) e alla promessa di ottenere un loot sempre migliore.
In realtà scoprirete col tempo che ripercorrere i dungeon è, più che un sollazzo, un vero e proprio obbligo, essendo il gioco veramente povero di attività collaterali. Le side quest sono poche e sparute, e spesso legate a missioni che comunque vi troverete ad intraprendere. A dare man forte a dungeon e annessa esplorazione ci sono solo un’arena, una serie di missioni di caccia a boss particolarmente ostici e un mini-game (per altro molto elementare) dedicato alla pesca. Questo e nulla più. Di queste due attività parleremo tra poco, ma il punto è che Battle Chasers ha una cura della difficoltà così arcigna e mal progettata che spesso vi troverete a vagare come dei fessi per la mappa nella sola speranza di livellare quel tanto che basta da superare le avversità contro cui vi siete appena scontrati. Succede in pratica questo: si arriva ad una zona nuova, si incontrano i primi mostri, si sopravvive a stento, poi si arriva al dungeon e prima o poi si muore. Questo ovviamente se e solo se non abbiate raggiunto il livello adeguato. Il punto è che per la particolare costruzione della mappa (e annessi scontri) è davvero difficile tenere il passo dei livelli, specie se si decide di equiparare il party e finisce che più o meno tutti, attorno al livello 15/17, cominciano a faticare. Tutto ciò non trova scusanti: le attività accessorie sono superflue in tal senso.
Se l’arena è forse l’unica sezione in cui è possibile livellare un po’, le cacce ai boss sono un’attività del tutto inutile se non si ha il livello giusto e si finisce per restare frustrati, anche spesso, dall’obbligo di tornare e ritornare in dungeon visti e rivisti ed in cui, nonostante la natura procedurale e modulare, nel bene o nel male ci si annoia. Battle Chasers insomma ci porta avanti e indietro per la mappa, ma senza un senso reale o senza offrirci gli strumenti affinché lo scorrazzare, anche dovuto, sia in qualche modo gradevole. E dire che bastava solo aggiungere qualche attività in più, o aumentare magari il numero di aree di intermezzo, e non strettamente legate ai dungeon principali, per rendere tutto più godibile e sensato.
A pesca!
E visto che le abbiamo citate, le attività accessorie – come detto – sono tre: la caccia, l’arena e la pesca. La prima altro non è che una serie di missioni secondarie concentrate su mini-boss particolarmente ostici, alcuni dei quali a dir poco fondamentali per lo sviluppo di determinate abilità nascoste dei personaggi, o per il reperimento di materiali unici. Materiali, perché il gioco è sorretto da un buon sistema di crafting che, come da canone, ci permetterà di creare la qualunque, tra armi armature, pozioni e vari altri equipaggiamenti, a patto ovviamente di avere la ricetta giusta e gli ingredienti necessari. Il crafting è forse l’unica cosa che in qualche modo cerca di scoraggiare il tedio della ripetizione forsennata, grazie specialmente al numero esagerato di materiali che servono per le ricette migliori, come è giusto che sia, del resto.
Le cacce, tuttavia, sono anche una spina nel fianco notevole qualora non si sia raggiunto il giusto livello del party, il che avrebbe perfettamente senso, se non fossero praticamente una delle pochissime chanche di livellare in modo decente, specie dalla metà dell’avventura in poi.
L’arena è invece un vero e proprio Colosseo, in cui seviziati da un timer di 20 minuti dovremmo affrontare ondate di nemici sempre più forti, fino ad un mini-boss finale. Le ondate sono selezionabili per livelli, ed al loro completamento riceveremo dei punti il cui accumulo ci permetterà di sbloccare vari oggetti unici e interessanti. Non ultima: l’arena è forse il luogo dove ha più senso livellare se ci si è stancati dei dungeon, specie grazie ad una curva di difficoltà molto abbordabile e onesta che diverte e quasi mai tedia.
La pesca, infine, è quanto di più tipico e basilare si possa vedere in un GDR dai tempi di Link’s Awakening. Alcune zone del mondo, come dei dungeon, offriranno infatti dei piccoli scorci di pesca. Premessa la canna della resistenza giusta ed un’esca in grado di attirare più o meno ogni razza natante, potremmo “divertirci” nel completare la nostra collezione di prodotti ittici, attraverso un mini-gioco che non chiede altro di strattonare la preda grazie all’analogico sinistro, tentando di portarla a riva prima che scappi. Wow. Pescato tutto il pescabile, potremo rivendere i nostri pregiati filetti ad un apposito pescivendolo, che ci ricompenserà con alcune rare monete. Queste ultime, ottenibili assieme alla vendita di specifici filatteri lasciati dai boss sconfitti, permetteranno poi l’acquisto di oggetti unici presso un apposito mercante la qual cosa, come capirete, rende la pesca tediosa ma in qualche modo utile. E questo è quanto.
This is MAD!
Dal punto di vista artistico, non c’erano dubbi che Battle Chasers sarebbe stato una piccola perla di stile. Con alle spalle Joe Madureira, e tutto ciò che ne consegue, Battle Chasers si propone ai giocatori con un mondo esteticamente ricchissimo e colorato, con una grafica che ricalca appieno il particolarissimo stile del suo autore e artista. Siamo ovviamente dalle parti di Darksiders (altro lavoro di Joe) ma se possibile Battle Chasers ne migliora diverse caratteristiche, non ultimo il design di ogni tipo di personaggio, dai bellissimi PNG ai mostruosi boss, passando anche alle più infide e inutili creature.
Lo stile di Madureira c’è e si vede, ed è impressionante che un tale lavoro sia venduto ad un prezzo budget, specie se si considerano anche le ottime animazioni dei modelli e le lodevoli cutscene in stile motion comic. Artisticamente, insomma, Battle Chasers è fantastico, ed è una gioia per gli occhi senza mezze misure. Peccato per l’alterco tecnico che non si spiega, specie considerato che il codice fornitoci è, per certo, il medesimo ricevuto dai backer di Kickstarer, ossia dagli originali finanziatori del gioco. Inspiegabili blocchi dei menù, continui e imprevedibili crash del gioco, caricamenti che si prolungano oltremodo, e persino righe di codice testuale fuori posto. Da questo punto di vista Battle Chasers avrebbe richiesto sicuramente maggiore attenzione e pulizia.
Una corposa patch di 2 giga risolleverà le sorti del tutto in concomitanza dell’uscita di domani, ma offrire ai fan (perché tali sono i paganti di Kickstarter) un software così malmesso è semplicemente imbarazzante. Tale che non può non influire sulla nostra valutazione sopratutto considerando le imprecazioni che il gioco ci ha fatto tirare a causa dei suoi bug anche solo per scrivere questa recensione.
Da segnalare poi una cosa veramente strana per un GDR di questo tipo: l’assenza di un salvataggio manuale. Di fatto è possibile salvare manualmente solo se si decide di uscire dal gioco, altrimenti è tutto vincolato a quello automatico che si attiva al compimento di specifiche e rilevanti azioni. Questa cosa non solo ci ha frequentemente penalizzato, specie alla morte continua degli ultimi dungeon, ma ci ha addirittura messo i bastoni tra le ruote quando è entrata in combo con i crash del gioco. Perché non abbiano inserito un salvataggio manuale, vista la natura GDR del titolo, è più una mancanza che una perplessità.
Verdetto:
Battle Chasers, inteso come fumetto, è un qualcosa di imperdibile. Si tratta, giustamente, di una piccola icona degli anni ’90, forse troppo a lungo dimenticata o, se vogliamo, archiviata dal suo stesso creatore. Speravamo che questo Nightwar potesse in qualche modo riprenderne l’epica o per lo meno il mood, ma la verità è che Battle Chasers è un grosso “vorrei ma non posso”, limitato sicuramente dalla sua originale natura crowdfunding, il gioco è minato da tante piccole inesattezze che, nel complesso, lo rendono sì godibile ma non memorabile. La mancanza di una trama degna di questo nome, un bilanciamento della difficoltà quasi inesistente e tutta una serie di leggerezze tecniche fanno di Nightwar un titolo che richiedeva forse un po’ di attenzione in più prima dell’uscita, e sicuramente una qualche forma di bilanciamento che, specie nelle fasi finali, non lo rendesse tedioso come invece potrebbe essere per qualcuno.
Intendiamoci: è un gioco divertente e per certi versi riuscito, ma per tanti motivi non sa andare oltre la sua natura “low budget”, e questo a dispetto del successo stratosferico che il gioco ha ottenuto all’epoca su Kickstarter. Il problema fondamentale resta la sua ripetitività, mal placata da un elenco di attività secondarie ridotto veramente all’osso tale che, purtroppo, non riesce a spezzare neanche la monotonia di un grinding forzato e a dir poco necessario. Considerato il prezzo interessante di appena 29.90€ potreste tranquillamente decidere di dargli una possibilità, qualora lo facciate tenete bene a mente che 30 ore di attività tutte uguali non sono per tutti.