A dieci anni dalla fine e con una nuova serie in produzione, Battlestar Galactica continua a essere un punto di riferimento per l’immaginario fantascientifico
Battlestar Galactica fu un piccolo fenomeno della sua epoca: tra il 2004 e il 2009, nel periodo in cui la forma delle serie tv stava assumendo un peso sempre maggiore nel settore dell’intrattenimento, era un prodotto che si presentava ambizioso ma coi piedi per terra, senza la pretesa di rivoluzionare niente. Eppure, ancora oggi si può affermare che Battlestar Galactica (in breve: BSG) abbia lasciato un segno e continui a essere una delle migliori serie tv di fantascienza che siano mai state realizzate. Quindi mentre Sam Esmail (il creatore di Mr Robot) sta lavorando alla produzione di una nuova serie basata su BSG, è l’occasione giusta per ripercorrerne in prospettiva la storia e l’impatto sul pubblico.
La storia di Battlestar Galactica
Correntemente quando si parla di Battlestar Galactica ci si riferisce alla serie iniziata nel 2004 e proseguita per quattro stagioni fino al 2009, ideata e scritta da Ronald D. Moore. In realtà però questa serie era già il remake di una serie omonima del 1978 creata da Glen Larson. La premessa di fondo è la stessa: l’umanità occupa dodici pianeti, ma a causa dell’attacco improvviso dei cylon (in pratica robot ribelli) la popolazione viene sterminata e gli unici superstiti sono a bordo dell’astronave da guerra Galactica. Per assicurare un futuro alla specie, la Galactica si mette in cerca del leggendario pianeta Terra, ma i cyloni sono ancora sulle loro tracce per sterminarli del tutto.
La serie del 78-79 (arrivata in Italia nel 1982) ebbe inizialmente un discreto successo, ma l’interesse non durò molto anche per le accuse di plagio ad altri franchise (Star Wars su tutti) e in seguito a diverse irregolarità nella programmazione fu cancellata dopo 24 episodi. La serie venne ripresa per un sequel, Galactica 1980, che invece di concludere la storia principale sposta l’azione trent’anni nel futuro sulla Terra, con risultati piuttosto scarsi che infatti ne provocarono una cancellazione ancora più rapida, dopo solo 10 episodi.
Sembrava quindi che Battlestar Galactica fosse destinata a rimanere un progetto incompiuto, ma negli anni seguenti grazie soprattutto alla determinazione di Richard Hatch (uno degli attori protagonisti della serie originale, che compare anche come personaggio secondario nella serie del 2004), che aveva fatto diversi tentativi di riportare in produzione la serie, nel 2002 la Universal commissionò una miniserie di due episodi a Ronald D. Moore. La miniserie andata in onda a fine del 2003 costituiva una sorta di pilot dell’intero progetto, in cui si racconta appunto dell’attacco dei cylon che eradica l’umanità dalle dodici colonie, dalle quali rimangono in vita circa cinquantamila persone, una piccola flotta civile riunita intorno alla Galactica, guidata dal comandante che stava per ritirarsi dal servizio.
L’ottima riuscita della miniserie convinse a mettere in produzione la prima stagione, che iniziò su Sky nell’autunno del 2004 e passò successivamente su SyFy channel, mentre in Italia arrivò nel 2006 sempre su SyFy. BSG ebbe da subito un successo notevole, con un pubblico piuttosto costante, tanto da giustificare il proseguimento della serie, che venne rinnovata di anno in anno fino a quando Moore non dichiarò che la quarta stagione sarebbe stata l’ultima. Parallelamente però vennero portati avanti altri progetti collaterali, come alcuni brevi webisodes e spinoff: il film Razor che racconta dell’astronave gemella Pegasus, il prequel Caprica che racconta dell’invenzione e diffusione dei cylon (che però venne sospesa dopo la prima stagione) e Blood and Chrome, una web serie anch’essa ambientata prima dell’inizio della prima stagione di BSG. Nonostante questi spin-off non abbiano mai incontrato grossa fortuna, l’interesse del pubblico per l’universo della Galactica si è sempre dimostrato elevato.
La lore di Battlestar Galactica
Ma di cosa parla Battlestar Galactica? Di base lo potremmo classificare come una space opera abbastanza tipica, o scivolare anche nella military sci-fi: abbiamo le colonie sui pianeti, astronavi, robot cattivi e battaglie spaziali… quasi la checklist completa dei cliché della fantascienza. Ma BSG (almeno la versione del 2004) non si ferma a questo livello più superficiale e scontato, e anzi si addentra in tematiche molto più profonde e universali, capaci di risuonare anche il pubblico non particolarmente interessato alle avventure spaziali. Per capire di cosa stiamo parlando facciamo allora un veloce riassunto della lore dell’universo narrativo di BSG.
L’umanità vive su dodici pianeti, che hanno nomi che ricordano quelli dei segni zodiacali, e sono chiamati dodici colonie di Kobol. Kobol è il pianeta originario dal quale l’umanità si è diffusa a colonizzare lo Spazio, ormai abbandonato da millenni. Vivono in una società tecnologica ma non avveniristica, e seguono in buona parte una religione politeista che riprende le divinità della mitologia greca. Molti anni prima dell’inizio della serie, l’umanità ha creato i cylon, servitori robotici senzienti, che si sono però ribellati ai loro padroni e hanno scatenato una guerra contro di loro. L’umanità ha siglato un armistizio con i cylon, che si sono allontanati dalle colonie e interrotto ogni contatto. Fino a quando (come viene mostrato nella miniserie pilot), i cylon non tornano in massa con un attacco nucleare coordinato su tutte le dodici colonie, che riesce ad annichilire quasi completamente la popolazione.
Gli unici sopravvissuti sono quelli che si trovavano in orbita o sono riustici a fuggire su un’astronave prima della distruzione totale dei loro pianeta. La nave da guerra, o appunto “Battlestar” Galactica del comandante Adama (Edward James Olmos) è l’unico mezzo militare a sopravvivere, perché è il più vecchio della flotta e si basa su una tecnologia obsoleta che i cylon non riescono a penetrare. Adama si trova quindi a essere il capitano dell’unica astronave capace di difendere i meno di cinquantamila esseri umani superstiti, con i cylon pronti a seguirli per annientarli del tutto. Ma uno degli aspetti più inquietanti di questa nuova guerra è che i cylon non sono più soltanto robot umanoidi metallici (i “centurioni”), ma si sono evoluti in forme indistinguibili dagli umani, vere e proprie creature di carne e sangue capaci di infiltrarsi tra i nemici, e infatti è proprio grazie a questa loro capacità di mimetizzazione che sono riusciti a condurre il loro attacco su tutte le colonie.
Mentre da una parte quindi la flotta superstite deve fuggire dalle navi da guerra cylon, dall’altra deve anche vigilare sul suo stesso equipaggio, tra i quali si potrebbe nascondere qualche spia cylon in forma umana… come inevitabilmente si scoprirà. Tra i superstiti a bordo della Galactica troviamo Lee Adama (Jamie Bamber), figlio del comandante e ufficiale a sua volta; Laura Roslin (Mary McDonnell), ministra dell’istruzione che in quanto unico membro del governo in vita viene nominata Presidente; Kara Thrace (Katee Sackhoff) pilota eccellente ma imprevedibile; Gaius Baltar (James Callis), scienziato che nasconde un terribile segreto ed è perseguitato dalle apparizioni di Numero Sei (Tricia Helfer), una cylon umana che ha conosciuto su Caprica. Il cast ampio e la verità di personaggi permette di seguire la storia da più punti di vista, non soltanto narrativi ma anche tematici, e di sviluppare i conflitti si più livelli, dall’epica lotta con le macchine alle pressioni familiari.
Tutta la serie è girata con un taglio documentaristico, come se si trattasse di un reportage dal fronte, aumentando la sensazione di trovarsi davvero a bordo della Galactica e di seguire da vicino gli sforzi estremi e le decisioni pesanti ai quali i personaggi sono costretti. Ben presto ci si accorge che l’unica prospettiva di sopravvivenza per l’umanità è raggiungere un pianeta sicuro, e ci si affida così alle storie sulla Terra, la leggendaria tredicesima colonia perduta, di cui nessuno conosce l’ubicazione. La ricerca della Terra occupa la parte principale delle quattro stagioni, ma su questo obiettivo a lungo termine si instaurano una serie di subquest e plot twist, con alcune tappe intermedie ed efficaci cliffhanger a ogni fine di stagione. Ma non è solo la storia di BSG ad aver cementato il suo valore presso il pubblico, semmai i temi sotto la superficie.
L’impatto di Battlestar Galactica
Per una serie che parte dalle battaglie nello spazio, Battlestar Galactica si è sempre distinta come un prodotto tutt’altro che leggero. Se naturalmente non mancano le scene d’azione e combattimento, sia aereo/spaziale che terrestre, la storia si preoccupa di toccare però anche argomenti diversi che arricchiscono quella che avrebbe potuto facilmente scivolare in una semplice apologia militarista della forza dell’umanità. Come si capisce, la sopravvivenza è uno dei valori principali su cui si fonda tuta la premessa della storia, ma anche questo è un concetto che trova declinazioni diverse nel corso della serie, perché se è vero che è necessario garantire un futuro all’umanità viene però da chiedersi cosa siamo disposti a fare (e perdere) per ottenerla. Quando infatti tutte le speranze sono riposte nella forza militare capace di proteggere i civili, il pericolo di una dittatura marziale si fa molto rilevante, e anzi emergerà in diverse occasioni nel corso di BSG, con la Presidente Roslin a fare da controparte democratica alla possibilità di un controllo militare.
Un altro tema centrale è quello dell’identità, la cui porta viene spalancata nel momento in cui si introduce non solo l’idea di cylon umani, ma di cylon umani inconsapevoli di esserlo. Ci sono infatti alcuni agenti dormienti che vivono tra gli umani e non sanno di essere robotici… per quanto in realtà anche la “roboticità” di questi cylon avanzati è molto relativa, in quanto sono entità biologiche a tutti gli effetti. Ma nel momento in cui uno di questi cylon apprende la sua vera natura, quale sarà la sua scelta? Obbedirà alla sua programmazione primaria oppure, ormai cresciuto come umano, si schiererà dalla parte opposta? Il problema si pone anche per gli umani che devono decidere come rapportarsi a questi cylon inconsapevoli: sono tutti traditori da eliminare, oppure ci si può fidare di loro? In questo senso Battlestar Galactica anticipa molte delle tematiche che sono state poi affrontate anche da Westworld, e si possono notare numerosi parallelismi tra i cylon e gli host del parco.
Una di queste affinità è il concetto di morte per i cylon: a differenza degli umani, i cylon possono reincarnarsi in nuovi corpi nel caso vengano eliminati, ed esistono infatti alcune grandi “navi resurrezionali” che conservano i corpi e le memorie dei cylon. Per loro quindi la morte non è definitiva… oppure sì? Sono davvero sicuri di rinascere come gli stessi individui che erano prima? E com’è possibile allora che diversi cylon basati sullo stesso modello si comportino in modo diverso? Tutte queste domande aggiungono un livello di ambiguità nello scontro tra umani e non-umani, perché la definizione stessa di “umano” inizia a vacillare, e lo spettatore non è più così sicuro da quale parte stare.
Infine, la tematica religiosa è un’altra ampiamente affrontata dalla serie, e anzi secondo alcuni lo spunto originale per l’ambientazione deriva dal Libro di Mormon. Lo scontro tra umani e cylon ha anche radici religiose, perché se da una parte l’umanità venera un pantheon politeista, i cylon seguono invece un culto monoteista e considerano gli umani arretrati e blasfemi. Inoltre entrambe le fazioni hanno varie profezie e figure messianiche che sperano potranno condurle alla salvezza. Molti personaggi nel corso della serie attraversano un percorso spirituale che li porta dall’agnosticismo alla fede e viceversa, e man mano che ci si avvicina alla fine questa componente mistica si fa sempre più rilevante, al punto che il finale sembra virare decisamente dagli aspetti fantascientifici a quelli più sovrannaturali.
In effetti una delle critiche mosse più di frequente a Battlestar Galactica, e in particolare all’ultima stagione, è il modo in cui alcune situazioni sembrano risolversi quasi per volere divino, con interventi al limite del miracolo, senza la preoccupazione di spiegare in modo “scientifico” quello che è successo. Eppure, se da una parte questo può essere un limite, si tratta al tempo stesso di uno dei maggiori punti di forza della serie, che vista in retrospettiva si mantiene comunque coerente e ha dimostrato l’ambizione di portare avanti un percorso difficile e potenzialmente controverso. Avercene, di serie fantascientifiche capaci di smuovere così in profondità le nostre convinzioni sui confini stessi del genere…
Ancora si sa molto poco sul nuovo progetto di Sam Esmail che andrà in onda sulla nuova piattaforma Peacock, ma è stato già dichiarato che non si tratterà di un reboot quanto invece di un approccio parallelo alla serie già conclusa, che integrerà piuttosto che riscrivere quello che abbiamo già visto. E forse questo ha in effetti un suo senso poetico, perché sappiamo bene che tutto questo è già successo, e succederà ancora. So say we all.