Quando la più grande forma d’arte è la propria fantasia
Dopo averci regalato capolavori fantascientifici come Ritorno al Futuro, o storie meravigliosamente introspettive rappresentate, su tutte, da Forrest Gump; Robert Zemeckis torna dietro la camera da presa per regalarci un nuovo viaggio in un animo sofferente e dilaniato dalla crudeltà del mondo: Benvenuti a Marwen (dal 10 Gennaio al cinema).
La pellicola di Zemeckis vede protagonista un grandissimo Steve Carell, ed è ispirata ad una storia tanto assurda, quanto vera, tratta della difficile vita di un ex illustratore, divenuto fotografo in seguito ad una violenta aggressione che gli ha cancellato tutti i ricordi del passato e la capacità di disegnare.
Mark Hoogcamp (interpretato da Carell) è un uomo semplice, ma profondamente segnato da una tragedia, costantemente assediato dai fantasmi insidiatisi nel suo cervello e nel suo animo a forza di botte da un gruppo di teppisti, incapace di poter creare dei legami sociali che non siano mascherati parzialmente, se non totalmente, dalla sua immaginazione.
Mark si rifugia ogni giorno nella sua Marwen, una cittadina immaginaria belga abitata da bambolotti di varia provenienza e in costante guerra con un gruppo di nazisti, provando a far rivivere la sua persona nell’eroico soldatino Hoagie, suo alter ego di plastica, votato a compiere tutte le azioni timidamente e paurosamente nascoste nell’anima dell’artista, e a guidare la resistenza belga totalmente femminile, anch’essa proiezione delle persone che realmente fanno parte della vita del fotografo.
Zemeckis decide di cimentarsi in un esperimento affascinante, scandito da una costante alternanza tra reale ed immaginario, quest’ultimo animato genialmente da Kevin Baillie tramite CGI, dove l’animo umano si riesce a mettere a nudo solamente per mezzo di totem di plastica e stoffa, incapace di comunicare ed essere realmente felice perché costretto in una silenziosa e buia gabbia che allontana qualsiasi persona cara.
Carell riesce meravigliosamente a rendere vive le emozioni, le turbe ed i disagi di un uomo dilaniato nell’animo e nella mente, sicuro di sé unicamente quando si riesce a rifugiare nella propria arte, pura e genuina.
La continua alternanza tra finzione e realtà è dinamica, coinvolgente e permette ai 116 minuti di proiezione di scorrere velocemente, senza eccessivi intoppi, offrendoci un mondo chiaro e di facile comprensione, ricco di contenuti artistici e sociali interessanti e degni di più riflessioni.
Lo script, seppur si basi su una storia vera, è fortemente romanzato, sia per la componente in CGI che anima le bambole che abitano Marwen, sia perché aggiunge qualche particolare riguardo le effettive condizioni del fotografo, ma, ciò nonostante, permea sottopelle e ci offre diversi punti di analisi.
Benvenuti a Marwen, seppur contenga al suo interno forti elementi avventurosi e comici, ha un gusto agrodolce che ci colpisce nel profondo, quasi – per rendere l’idea – richiamando le commedie drammatiche del compianto Robin Williams.
La genialità dell’opera risiede nella costante trasposizione del “possibile” nell’immaginario, del mondo reale in Marwen, delle relazioni sociali nelle bambole, tutto volto a nascondere la solitudine di un essere umano che non è realmente libero.
La sofferenza che si cela dietro il sottile velo di apparente tranquillità è pronta ad esplodere in qualsiasi istante. La si può ostracizzare, la si può evitare anche rinchiudendosi in fantastici universi del passato e avventure eroiche, ma se non la si affronta finirà con il consumarti lentamente e silenziosamente, facendo del male anche a chi ti sta vicino.
Temi in parte triti, è vero, ma la delicatezza degli interpreti e la dolcezza dello sviluppo, prenderanno dei risvolti, seppur scontati, sempre coinvolgenti offrendoci qualcosa di familiare, ma piacevole.
Seppur presenti qualche sbavatura e mostri le sue imperfezioni, date sia da alcuni richiami già visti e paradossalmente “scontati”, come già anticipato, che spesso richiamano la più grande opera del regista quale Forrest Gump, la nuova creatura del premio Oscar di origini lituane è senza alcun dubbio una ventata di aria fresca nel panorama cinematografico degli ultimi tempi.
Sopra un ulteriore piano artistico, è da sottolineare la colonna sonora composta del maestro Alan Silvestri, perfetta cornice di un film mai scontato, sempre pronta a cambiare pelle, quasi camaleontica a seconda del minutaggio, e l’interessante, e minimalista, fotografia di C. Kim Miles, pronta a colorarsi solo nei momenti dove l’immaginifico diventa realtà.
Verdetto
Benvenuti a Marwen è un’opera coraggiosa, pronta a mostrare un tema tanto affascinante, quanto caro al regista Zemeckis. L’animo umano viene sviscerato nuovamente attraverso una storia dal sapore agrodolce, ricchissima di spunti da poter, e dover, approfondire in più riprese.
Pregevoli, come al solito, sia il lavoro di Carell che ci regala un’interpretazione carica di emozioni, sia il comparto musicale e fotografico.
Una pellicola densa e, nonostante i temi trattati, leggera, ma che potrebbe richiedere un po’ di tempo per essere metabolizzata ed apprezzata totalmente dal grande pubblico.
Se vi interessa Benvenuti a Marwen…
Per rimanere fedeli al genio di Zemeckis ed alla creatività di Carell, vi consigliamo alcune delle opere più significative degli artisti, quali, rispettivamente, Forrest Gump e La battaglia dei sessi (qui la nostra recensione), entrambi nella loro versione blu-ray.