Il nuovo millennio è iniziato all’insegna di trottole e mitologia nipponica. Beyblade ha segnato un’epoca per una generazione. Torniamo ad inizio secolo in compagnia di Takao

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ancestrale paura del passaggio dal 1999 al nuovo millennio, che acquisì le sembianze dello spauracchio Millennium Bug, si è volatilizzata tra i bagordi di un capodanno come tanti. Ma qualcosa era effettivamente cambiato. Le date degli apparecchi elettronici non hanno avuto le temute conseguenze degne di un film post-apocalittico diretto da Roland Emmerich, ma l’arrivo degli anni Duemila ha effettivamente segnato uno spartiacque carico di rivoluzioni, tecnologiche e culturali.

Tempo di addii: il tubo catodico e il suo horror vacui facevano letteralmente spazio a LCD e plasma; le sette sorelle calcistiche perdevano mestamente pezzi devastate dai crack di Parmalat e Cirio; la Ps1, il Gameboy e il Nintendo 64 lasciavano il proscenio videoludico. I cambiamenti travolgono e sconvolgono ogni campo. Nell’ambito della cultura pop per ragazzi lo scossone resetta i palinsesti televisivi che avevano retto per decenni. Solletico e l’intrattenimento teen abbandonano per sempre RAI 1, sostituiti da programmi indirizzati ad un pubblico decisamente più âgée. Ma anche Bim Bum Bam nel 2002 arriva ai titoli di coda, dopo vent’anni che hanno allietato la fascia oraria 16/18 della Generazione X e dei Millennials.

Gli intermezzi della storica trasmissione che lanciò Paolo Bonolis furono sostituiti da più sobri annunci con la voce di Mauro Casciari, che lanciava il cartone di turno del pomeriggio griffato Mediaset.

In questo turbinio di cambiamenti rimane una certezza: Italia 1, insieme ad MTV, diventa l’approdo ideale per l’arrivo degli anime provenienti dal Sol Levante. Oltre alla consueta e sempre appagante messa in onda di Dragonball, re indiscusso dei ritorni post scuola, Italia 1 porta in Italia alcuni dei protagonisti assoluti della scena made in Japan, in particolare legati al panorama Shōnen.

In un 2003, contraddistinto dall’arrivo dei primi trilli di MSN, fanno il loro esordio due anime che hanno lasciato il segno nei pomeriggi di un’intera generazione: Yu-Gi-Oh! e, soprattutto, Beyblade.

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Alle 16 del 5 aprile uno dei nekketsu più atipici irruppe nel panorama cartoon made in Japan. Negli anni gli Shōnen ci hanno abituato a scenari sempre più particolari, legati ad un mondo antropologicamente distante dal punto di vista eurocentrico. Il panorama culturale nipponico ha radici completamente differenti dal nostro scibile e, proprio grazie agli anime, siamo stati in grado di approcciare una realtà distante e affascinante.

Beyblade porta alla ribalta e magnifica un gioco che in Giappone ha echi antichi e non si limita ad un puerile divertimento da cortile: la trottola. Se dalle nostre parti è stato sempre visto come un elemento ludico bistrattato e di poco valore, nel Sol Levante ha origini e una nomea d’alto rango, risalente al periodo Genroku (1688-1704). Provenienti da Hataka nel Kyush, le Edo Goma arrivarono ad Edo nel secolo successivo. A Edo, antico nome di Tokyo, si esibivano numerosi acrobati, che tenevano in equilibrio le trottole su spade affilate. Innumerevoli artigiani si specializzarono nella loro produzione, intagliando le Edo Goma nel legno. Presto le trottole divennero un elemento lussuoso e di pregio, appannaggio dell’upper class nipponica ed in particolari dei daimyo.

Le signorili origini delle trottole spiegano l’idea apparentemente bizzarra che è alla base di Beyblade, scelta che non appare così straniante, se rapportata a tutto il filone del sottogenere dei nekketsu. Gli anime nipponici di questo sottogenere hanno la peculiarità di orchestrare la loro architettura narrativa intorno a qualsiasi sport, oggetto o aspetto della quotidianità. Golf, pallavolo, routine scolastica, carte, mitologia, i mangaka riescono a trasformare ogni situazione in un pretesto per creare mondi epici, in cui immergere lettori e spettatori. Beyblade rientra quindi in un filone che deve le sue origini ai manga educativi degli anni anni Venti, che volevano intrattenere ed educare una generazione attraverso esempi di coraggio ed eroismo dei giovani protagonisti delle opere.

Takao Kinomiya, protagonista di Beyblade, incarna l’esempio di eroismo legato al duro addestramento e alla disciplina sportiva, che ricalca tutto il percorso segnato dai supokon, iniziato con Tommy la stella dei Giants, manga creato nel 1966 da Ikki Kajiwara. Takao vive infatti con il nonno, figura vecchio stampo tipicamente giapponese, che lo allena quotidianamente nel kendo nel dojo di proprietà. La stessa serietà e metodicità Takao le applica al combattimento tra trottole, trattate con la medesima cura con cui nei Jidai-geki i samurai maneggiavano le loro katane.

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Il punto di forza di Beyblade (Bakuten Shūto Beiburēdo), il cui manga fu ideato da Takao Aoki nel 1999, sta nell’aver preso le caratteristiche più pure dei nekketsu e averle riplasmate con idee e stilemi narrativi propri dell’animazione del nuovo millennio. L’aver ideato due differenti piani per i combattimenti tra trottole, innalza esponenzialmente il livello di spettacolarità della serie. Al livello più prettamente sportivo e legato ai supokon, si innesca un secondo piano narrativo, che si connette ad un altro aspetto culturale tipicamente nipponico.

I Bit Power, oltre ad aggiungere un elemento di assoluto fascino e infinite potenzialità legate al marketing, rimandano a peculiarità e narremi della mitologia giapponese. Dietro alla loro magnificenza monocromatica, le creature che dimorano nella trottola ricalcano i Shijin, gli animali che nella cultura orientale (dapprima cinese, poi importati nel VII secolo in Giappone) si trovano a guardia dei punti cardinali: il dragone azzurro Seiryu, nel Beyblade Dragoon, accompagna Takao; la fenice rossa Suzaku nel Beyblade Dranzer del freddo e distaccato  Kai, Dranzer; la tigre bianca Byakko che dimora nel Beyblade Driger del cinese Rei, e infine la tartaruga nera Genbu ospitata dal Beyblade  Draciel di Max. L’intero Pantheon delle credenze orientali viene ampiamente citato e mostrato nell’arco dell’intera serie, che riesce così a mescolare sapientemente archetipi narrativi di vari generi. La stessa tipizzazione dei personaggi calca le orme di tutta la cultura anime nipponica, presentando i consueti personaggi: il coraggioso e indomita protagonista, il rivale dal passato burrascoso costantemente in bilico tra bene e male, il secchioncello fragile, il gigante dal cuore tenero e tutta la canonica comitiva che accompagna ogni shonen.

Come in passato con i Transformers, Beyblade ha segnato un perfetto incontro tra anime e merchandise, tra fantasia e realtà, suggerendo una verità incontrovertibile. Seppur ancorati ad un passato nostalgico che ci sembra cristallizzato, tutto continua a mutare, ad evolversi, a modificarsi, a girare. Come una trottola.

Leone Auciello
Secondo la sua pagina Wikipedia mai accettata è nato a Roma, classe 1983. Come Zerocalcare e Coez, ma non sa disegnare né cantare. Dopo aver imparato a scrivere il proprio nome, non si è mai fermato, preferendo i giri di parole a quelli in tondo. Ha studiato Lettere, dopo averne scritte tante, soprattutto a mano, senza mai spedirle. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 2006, ha collaborato con più di dieci testate giornalistiche. Parlando di cinema, arte, calcio, musica, politica e cinema. Praticamente uno Scanzi che non ci ha mai creduto abbastanza. Pigro come Antonio Cassano, cinico come Mr Pink, autoreferenziale come Magritte, frizzante come una bottiglia d'acqua Guizza. Se cercate un animale fantastico, ora sapete dove trovarlo.