Su Disney+, sotto la nuova sezione di Star Original, arrivano i primi due episodi di Big Sky
Nel gennaio dell’anno scorso, la rete televisiva statunitense ABC ordina la produzione di una serie tratta dal romanzo The Highway di C. J. Box e sviluppata da David E. Kelley, ideatore per HBO delle serie Big Little Lies e The Undoing – Le verità non dette.
Il distacco tonale dalle due serie appena citate si vede chiaramente sin dalle prime battute di Big Sky. Ci troviamo davanti a un diverso tipo di impianto produttivo, con un budget palesemente inferiore e una messa in scena più legata ai canoni tipicamente televisivi. Vedere in streaming su Star (ma in generale ovunque) un prodotto del genere fa strano nel 2021, perché Big Sky è una serie ferma a trent’anni fa.
Ma partiamo dalla trama: le investigatrici private Cassie Dewell e Jenny Hoyt gestiscono un’agenzia investigativa insieme all’ex marito di quest’ultima. I tre uniscono le forze per cercare due ragazze adolescenti che vengono rapite da un maniaco della zona, scoperchiando così un più ampio sistema di traffico di essere umani.
La serie è quindi un poliziesco che ruota intorno ai classici stilemi del genere, con ex poliziotti dal pugno facile e i vari temi pregni di morale che accompagnano la narrativa d’indagine televisiva più canonica.
I primi due episodi in streaming su Star fanno un pessimo lavoro nella presentazione dei propri personaggi principali. La serie sembra partire quasi in medias res per come ci butta all’interno di un luogo senza degnarsi di fare delle presentazioni ben congegnate. I personaggi compaiono su schermo e ci troviamo subito catapultati in triangoli amorosi e rapporti relazionali non chiari. Un pilot che sembra essere quasi abbozzato, non finito. La regia operaia non aiuta in questo, visto che bisogna leggere quasi con la coda dell’occhio l’insegna della sopracitata agenzia investigativa per capire dove ci troviamo.
Ma Big Sky è principalmente una serie americana, e nel peggior senso possibile. Siamo sotto i cieli del Montana (ovvero il “big sky” del titolo), e i primi due episodi fanno di tutto per ricordarcelo. Poliziotti locali vecchio stile, diner tipici delle piccole cittadine di montagna, musica country e preghiere cristiane. Il perfetto ritratto da portare sulle televisioni degli americani, ma abbastanza derivativo, obsoleto e in generale poco interessante per un pubblico al di là dell’oceano.
La serie di Star sembra esser rimasta alla televisione di trent’anni fa, ma non per omaggio citazionista dell’epoca di Walker Texas Ranger, anzi, Big Sky sembra far di tutto per aggrapparsi allo stile antico da prodotto di second’ordine senza secondi fini concettuali.
Ma è presto essere spietati con una serie dopo aver visto solo i primi due episodi. Bisognerà vedere nelle prossime settimane se il prodotto riuscirà a farsi notare o se cadrà presto nell’enorme calderone del dimenticabile. Quello che è certo è che la prima impressione, non è sicuramente buona. Ma per discuterne più nel dettaglio, vi rimandiamo alla sezione spoiler dell’articolo.
Big Sky – Sezione Spoiler
La prima cosa che salta subito all’occhio a chi ha seguito anche solo un minimo la campagna promozionale di Big Sky è il colpo di scena finale del pilot. Il personaggio di Cody Hoyt viene ucciso subito nel primo episodio, rivelando di conseguenza anche la natura doppiogiochista del ranger interpretato da John Carroll Lynch (volto più noto dell’intera produzione). Di per sé questa scelta non sarebbe un problema, se non fosse che l’attore interprete di Cody Hoyt (Ryan Phillippe) è presente in ogni singola immagine promozionale dello show, facendo presumere che sarebbe stato uno dei protagonisti dell’intero racconto. Ma vista anche la sua totale assenza nel secondo episodio, ci sentiamo abbastanza sicuri nell’affermare che la sua presenza nella serie si limiterà a saltuari flashback. Inoltre, l’aver rivelato immediatamente i segreti del personaggio del personaggio di Carroll Lynch sembra essere una mossa avventata, poiché sarebbe stato un colpo di scena più efficace se presentato con una pianificazione migliore, ma soprattutto più lunga.
Sul piano narrativo Big Sky quindi mostra subito le sue carte in tavola e decide di andare all in già dal primo episodio, probabilmente a causa del timore (comprensibile) di non riuscire a catturare abbastanza pubblico con i contenuti presentati nel corso dell’episodio pilota.
Certi momenti infatti lasciano una disagiante sensazione di imbarazzo, come la scena di sesso tra Cody e Jenny subito dopo che quest’ultima ha scoperto che lui l’ha tradita con la sua collega. Situazioni in cui ci troviamo catapultati senza contesto e con le quali non riusciamo a provare neanche un minimo di empatia. È come se il “vero” inizio di Big Sky fosse stato tagliato per qualche motivo, e per questo avvertiamo la mancanza di una vera e propria presentazione dei personaggi.
Per il resto la serie di Star non ci mostra nulla di nuovo: serial killer di sex workers, ragazze rapite e investigatori privati che agiscono fuori dal sistema per trovarle.
Big Sky tesse delle linee narrative poco interessanti e messe in scena con la stessa attitudine della televisione del secolo scorso. Un prodotto che, presentato così, non riesce a reggere il confronto con il panorama attuale e che farà fatica a trovare un suo pubblico al di fuori del territorio americano.