Parliamo di Billie Eilish, diventata icona e regina di un nuovo genere commerciale.
È ormai inutile spiegare al mondo chi sia Billie Eilish, cantante statunitense ormai sulla bocca (o meglio dire nelle orecchie) di tutti. Solo l’anno scorso, il suo album di debutto When we all fall asleep, where do we go?, ha superato tutti i record di vendite arrivando a trionfare addirittura come disco dell’anno alla scorsa edizione dei Grammy Awards. Numeri d’incasso e riconoscimenti che hanno reso Eilish la prima artista nata negli anni Duemila ad aver registrato questo risultato. Nonostante la cantante abbia infatti solo recentemente compiuto la maggior età, è già possibile riscontrare i tratti tipici autoriali e poetici di un artista già formato.
Gli esordi di Billie Eilish
La cantante esordisce a 16 anni, facendosi notare tra Soundcloud e Spotify grazie alle produzioni del fratello Finneas O’Connell, molto importante per quanto riguarda la discografia della sorella minore, in quanto co-scrittore e produttore di quasi tutti i suoi lavori.
Il primo singolo di successo, Ocean Eyes, è già indicativo dello stile sia estetico che musicale della giovane artista. Dopo pochi anni, grazie al successo dei singoli, si inizia a creare una forte fanbase attorno alla figura della cantante. Il pubblico è giovane, in gran parte di sesso femminile, ed è fortemente attratto dall’estetica e dall’attitudine del personaggio, diventato virale anche grazie all’ausilio dei social, ormai pane quotidiano della generazione post-millennial. Il precoce successo la porta alla collaborazione con artisti già affermati come Vince Staples e Khalid, grazie ai quali allarga il proprio target e riesce a raggiungere un pubblico ancor di più ampia portata.
Lo stile di Billie Eilish
Ascoltando le primissime canzoni di Billie Eilish, è impossibile non rimanere colpiti dalla sua voce cristallina, sussurrata, frutto di un continuo perfezionamento intrapreso nel corso degli anni, e dalla scrittura malinconica che preannuncia l’attitudine emo facilmente riscontrabile anche nel look e nel make-up. Nei decenni precedenti, l’iconografia emo dark dell’industria musicale era riscontrabile all’interno di rock band come Green Day, Tokyo Hotel, Bring Me the Horizon, Evanescence, e in cantanti come Pink e Avril Lavigne. L’emo rock era commerciale e alla portata di tutti. Erano gli anni dei truzzi, delle gotich lolita e dei semi brutal.
A differenza di come normalmente si possa pensare, lo stile emo non è necessariamente composto da mascara pesante e tendenza a “tagliarsi”, ma anzi si tratta di un’esaltazione emozionale tipica dell’età adolescenziale, con anche aspetti rivolti verso la felicità e la pace con sé stessi. Simile al romanticismo settecentesco ma in una versione più teen, la musica emo ritrova i suoi migliori rappresentanti in due band che nulla hanno da condividere con l’iconografia socialmente riconosciuta, ovvero gli American Football e i TWIABP (The World Is a Beautiful Place & I Am No Longer Afraid to Die, band con il nome più lungo del mondo).
Tornando a noi, Billie Eilish si identifica subito come la nuova rappresentante della corrente emo nella cosiddetta generazione Z, ovvero la generazione che comprende le persone nate dopo il 2000, prendendo in particolare come cesura storica l’11 settembre 2001. Il pessimismo, l’enfatizzazione del rapporto tra amore e morte, l’incertezza verso il futuro e il climate change sono i punti su cui la poetica di Billie Eilish si focalizza. E il suo album di debutto è, di fatto, la comunione di tutti questi temi, ispirandosi molto anche a due delle figure artistiche più influenti della musica contemporanea, Tyler the Creator e Lana Del Rey, da lei stessa dichiarati fonte di grande influenza sul proprio stile musicale.
Billie Eilish e la resurrezione dell’emo pop
La mancanza di certezze da riporre verso il futuro è sicuramente tema centrale per una generazione che vive ordinariamente disastri ambientali e socio-culturali. È un dato di fatto che, nell’ultimo decennio, la maggior parte delle canzoni che hanno scalato le classifiche di tutto il mondo, sono brani tristi, malinconici, a volte anche brutali e diretti. Il pop è in grado di riflettere anche l’insicurezza sociale e, tra un tormentone estivo e l’altro, trovano spesso spazio canzoni dai toni del tutto differenti. L’esplosione della musica trap ha portato al formarsi anche del sottogenere dell’emo trap, con relative caratteristiche.
È da notare come quattro dei maggiori rappresentanti della corrente, ovvero Lil Peep, Mac Miller, Juice Wrld e XXX Tentacion, siano deceduti giovanissimi per overdose, rapine finite male o suicidi. I loro mixtape sono tra i più ascoltati ancora oggi, grazie al modo in cui questi artisti sono riusciti a parlare alla massa adolescenziale che si ritrova intrappolata nelle loro stesse inquietudini. Il discorso su Billie Eilish non è troppo dissimile, se non fosse per il fatto che il pop (ovvero il popular), per definizione, nasce per arrivare potenzialmente alla totalità delle persone. Non è da nascondere il fatto che la giovane cantante sia, appunto, commerciale e che ormai la sua canzone più famosa, Bad Guy, sia un cult ormai metabolizzato anche da coloro che non sono più giovanissimi.
Uno “sdoganamento” della figura di Eilish e un ulteriore trampolino di lancio fuori dal suo target più ristretto, è da rintracciare nella sua collaborazione alla colonna sonora di No Time to Die, il nuovo film di 007 in uscita a novembre: con una title-track perfettamente in linea con il suo stile, la giovane cantante ha fatto di nuovo centro. La sua presenza contribuirà ad avvicinare i giovanissimi al film, esattamente come sarebbe successo nel caso fosse stato confermato il rumor che vedeva Dua Lipa autrice della canzone dei titoli di testa. Un’artista, Eilish, quindi in grado di rispecchiare uno spaccato della lotta generazionale, che predilige la tolleranza e l’unione rispetto alla lotta e all’esclusione. Come sono in grado di fare in Italia, in maniera non dissimile, cantanti come Achille Lauro o Ghali.
In definitiva, il grande pregio di Billie Eilish sta nell’essere riuscita a portare alle generazioni precedenti alla sua le inquietudini di quella corrente. La potenza del genere popolare è anche quella di unire, e la musica di Eilish riesce a farlo toccando temi non per forza “scacciapensieri” o “facili”. E raggiungere questo traguardo a un’età così precoce, non può far altro che incoronarla (almeno per il momento) regina dell’emo pop.