Tra omaggi e citazioni, un piccolo capolavoro
Il 18 gennaio è uscito in fumetteria e libreria il secondo volume di Black Hammer, l’opera scritta da Jeff Lemire e disegnata da Dean Ormston, edita dalla Bao Publishing.
I due autori, grazie alle loro passate esperienze nelle più grandi case editrici di fumetti, hanno avuto modo di confrontarsi con alcuni dei personaggi più iconici della nona arte, da Batman a Sandman, passando per The Swamp Thing e Superman, creando storie appassionanti e affinando il tratto e la tecnica.
Entrambi hanno riversato tutto il loro amore per il medium fumetto, il loro talento e la loro inventiva in questo secondo volume.
La storia riprende esattamente dove l’avevamo lasciata: Abe, Barbalien, Gail, Talky-Walky, il Colonnello Weird e Madame Dragonfly sono sempre intrappolati nella fattoria in mezzo al nulla, impossibilitati ad allontanarsi dal paese vicino, Rockwood, e per questo sempre più tesi.
Una delle cose che saltano subito all’occhio del lettore, in questo secondo volume, è l’essere catapultati direttamente al centro dell’azione, nel vivo della storia, senza bisogno del necessario preambolo che però aveva rallentato il ritmo del primo volume.
Proprio la tensione tra i personaggi fa la parte del leone fin dalle prime pagine: gli spazi ristretti, le dinamiche del piccolo paese di provincia e l’impossibilità di manifestare i propri poteri rendono la convivenza forzata un fardello estremamente difficile da sopportare.
Per aiutarci nella comprensione della psicologia dei protagonisti, Lemire e Ormston ci guidano quindi, ancora una volta, alla scoperta del loro background, in un costante omaggio alla golden age del fumetto mondiale.
L’alternanza tra il passato dei supereroi e il presente in cui è ambientata la storia è resa in maniera magistrale dai due autori, e i salti temporali – o il peregrinare nello spazio-tempo, nel caso del Colonnello Weird – aiutano a comprendere le scelte dei protagonisti, a parteggiare per uno di loro e a darci una visione più completa del mondo in cui è ambientato Black Hammer.
A far da contrasto all’estetica da golden age del fumetto che caratterizza tutta l’opera è la chiave moderna della figura del supereroe che Lemire ci consegna: non certo un piacere o un compito da prendere alla leggera e svolgere con gioia ma un mestiere duro, fatto di scelte difficili e dilemmi morali e che, alla lunga, logora il fisico e la mente di chi è impegnato ogni giorno a combattere il crimine.
Tutta l’ambientazione di Black Hammer potrebbe quindi essere letta con una metafora della condizione e della storia dei supereroi: dopo il momento di gloria della nascita del supereroe moderno e la diffusione del fumetto di genere su larga scala, abbiamo assistito a un proliferare di testate, personaggi e dinamiche che definire infelici è poco. Così come Abe & soci sono bloccati in un paese isolato da tutto il resto mentre il mondo va avanti, così la figura del supereroe è rimasta – per diversi anni – ferma a uno stereotipo che lo vedeva lanciarsi petto in fuori incontro al pericolo, senza macchia e senza paura. Sono stati necessari l’arrivo di Watchmen e un’intera nuova generazione di autori a rinnovare i personaggi, le dinamiche e le storie degli eroi di sempre.
Il rinnovamento, in questo secondo volume, è rappresentato dall’arrivo di Lucy – la figlia del Black Hammer del titolo – nell’immobile mondo di Rockwood: sarà lei a scuotere la vita dei nostri protagonisti, facendo domande e investigando per riportare tutti alla vera realtà (che nel frattempo, è andata avanti senza il loro aiuto!).
Non sono poche le riposte che Lemire ci fornisce nel prosieguo di questa storia ma sono altrettante le domande che il lettore si farà alla fine della lettura, quando si troverà a dover aspettare i volumi che seguiranno.
Una menzione speciale va fatta sia ai disegni di Ormston, capace di un tratto duro e affilato per quasi tutti i capitoli sia alle sortite di Rubin, che varia completamente lo stile del volume per quel piccolo divertissement che è La Ballata di Talky-Walky (leggete per credere!), senza dimenticare le copertine ad opera di Dave Stewart, che prosegue con l’omaggio ai fumetti degli anni ’40 e ’50, ai colori piatti delle loro divise e all’impaginazione così caratteristica.
Verdetto
Il secondo volume di Black Hammer non delude le aspettative del primo numero ma anzi dona al lettore un affresco ancora più appassionate e accorato sulla figura del supereroe.
In questa seconda raccolta proseguiamo con la conoscenza dei personaggi, approfondendo stavolta il passato di Gail, del Colonnello Weird e di Madame Dragonfly, senza per questo far perdere al lettore il contatto con l’inquietante e soffocante presente in cui è ambientata la storia principale.
Non mancano i colpi di scena, ottimamente dosati lungo il corso del volume né gli omaggi alle grandi storie del passato, grazie anche alle ottime copertine di Dave Stewart.
Un libro adatto sia all’amante del genere, che lo userà per completare la propria formazione sulla storia dei supereroi, sia al neofita che, invece, troverà un’interessante chiave di lettura di un genere troppo spesso sottovalutato.