La profezia dello specchio nero
Sono solo storie, si dice. Libri, fumetti, film. Ma queste “storie” a volte riescono ad interpretare il presente meglio di chi lo vive, trovandone la chiave o addirittura prevedendone direttamente l’evoluzione, in un futuro prossimo o remoto. La lista di simili capolavori premonitori è assai lunga e basta citare un paio di nomi per rendersi conto di quanto siano stati avanti coi tempi. 1984, Star Trek, i Simpson, fino Ai confini della realtà, autentico mito televisivo che più di tutti è riuscito a predire l’avvenire. E proprio a quello che molti considerano il suo diretto erede spirituale, Black Mirror, spetta uno spazio di tutto rispetto nell’elenco delle narrazioni capaci di presagire il domani.
Non ci credete? Vi portiamo le prove.
Trasmessa per la prima volta il 4 dicembre 2011 su Channel 4, Black Mirror è uno show britannico creato e quasi tutto scritto da Charlie Brooker, produttore, sceneggiatore e conduttore televisivo tra i più apprezzati nel regno di sua maestà. Nata come una miniserie, si è poi trasformata in un serial antologico dove i personaggi, le ambientazioni e le storie cambiano di continuo, per quanto uniti tutti da un sottile filo conduttore: le conseguenze del rapporto sempre più morboso tra l’uomo e le nuove tecnologie e il loro sbagliato utilizzo.
Dopo sette episodi accolti a furor di popolo e critica, è stata acquistata da Netflix che l’ha rinnovata per altre due stagioni, di cui l’ultima in uscita il 29 Dicembre 2017. Seguendo la sua poetica di fondo, Black Mirror ha rappresentato e riportato sugli schermi situazioni e intrecci sviluppati nel presente o in un possibile futuro distopico, dove le innovazioni hanno sconvolto la società e la vita umana. Cosa che gli ha permesso di guardare oltre, ipotizzando tecnologie che poi sono state realizzate sul serio. Pronti a scoprire quanto siamo fregati?
Supervista
Le lenti collegate direttamente alla corteccia prefrontale sono in realtà una costante della serie, anche se la loro funzione è leggermente cambiata ad ogni nuova comparsa. Sono apparse in assoluto nell’ultima puntata della prima, disturbante stagione, Ricordi pericolosi. Qui, Liam Foxwell e sua moglie, Ffion, vanno in crisi a causa di un’innovazione tecnologica di un certo peso: un chip, impiantato nella nuca fin dalla nascita, capace di registrare tutto quello visto dagli occhi tramite lenti ultratecnologiche, apparentemente normali, poste sopra le pupille. Del chip parleremo più avanti, mentre è importante concentrarsi ora sulle lenti che sono, tra tutte le possibili novità futuribili, le più vicine a sbarcare sul mercato. Dopo il fallimento dei Google Glass, il colosso di Mountain View ha deciso di sperimentare alcune interessanti variazioni delle consuete lenti a contatto. Oltre a quelle capaci di monitorare il livello di glucosio nel sangue, così da scongiurare pericoli mortali ai diabetici, è attualmente in sviluppo una versione “smart” dotata di sensori in grado di sondare la temperatura, la luminosità e la pressione. Inoltre è notizia di un anno fa il deposito di un brevetto molto particolare a tema oculare. Si sa ancora molto poco, ma l’idea sarebbe quella di iniettare all’interno dell’occhio un dispositivo capace di proteggerlo e di limitare i difetti della vista e che dovrebbe inoltre essere dotato di una memoria interna, una batteria con ricarica wireless e un modulo radio per connettersi a dispositivi esterni. Passi avanti più decisi in questo ambito li ha fatti però la Samsung, varando delle lenti intelligenti dotate di un display capace di trasmettere immagini verso l’occhio e una fotocamera controllabile grazie al movimento delle palpebre, il tutto ovviamente collegato al proprio smartphone. Ma il premio di oculista del futuro spetta al Dottor Garth Webb dell’Ocumetics Technology Corporation, il quale afferma di aver creato una lente bionica in grado di conferire ad ogni persona una vista più che perfetta, ben al di là delle possibilità umane, triplicando la normale potenza visiva. Per ottenerla basta sottoporsi ad un piccolo intervento chirurgico che consiste nel praticare un’incisione di 7 mm di profondità nell’occhio per iniettare, con una siringa riempita di soluzione salina, le lenti in questione composte da uno speciale materiale in bio-polimero. Fatevi avanti, dunque, per i vostri super occhi all’avanguardia. L’unica avvertenza è che bisogna prima aver compiuto i 25 anni, in modo che gli occhi siano già completamente sviluppati.
“Tu mi fai girar, tu mi fai girar, come fossi una bambola…”
Un’altra “rivoluzione” tecnologica mostrata dalla serie e già arrivata nella realtà è quella delle bambole intelligenti e interattive, ben diverse dal corrispettivo gonfiabile a cui si ispirano. Black Mirror ce ne mostra una versione super lussuosa in Torna da me, la prima puntata della seconda stagione. Martha è una giovane donna felice, con un fidanzato splendido, un bel lavoro e una vita decisamente invidiabile. Ma tutto cambia quando Ash, il suo ragazzo, muore all’improvviso in un incidente stradale. Allora, una sua amica, per aiutarla a superare il dolore, la mette in contatto con un software capace di replicare in tutto e per tutto la personalità dell’amato scomparso. All’inizio scettica, Martha decide di provare. Ma non si accontenta di parlare con Ash tramite un computer e passa al livello successivo, facendosi inviare un robot che gli somiglia totalmente.
Il software capace di replicare il nostro carattere esiste già e si chiama ETER9. Arriva dal Portogallo e al momento è stata testata solo la versione beta, ma in linea di massima si tratta di un’intelligenza che segue le attività di un profilo social fino ad assorbire la personalità e gli interessi dell’utente così da continuare a postare contenuti all’infinito. Una sorta di alter ego digitale, una copia virtuale di voi stessi che vi renderà immortali consentendovi di pubblicare foto di gattini fino alla fine dei tempi. Per quanto riguarda invece i robot del sesso, non siamo proprio ai livelli della puntata ma ci manca veramente poco. Di strada ne è stata fatta dalle bambole gonfiabili, compagne di tanti single, giovincelli o più attempati. L’ultimo risultato di rilievo è Harmony, la più completa sex doll esistente. Creata da Matt McMullen, fondatore del colosso Abyss Creation, rispetto alle vecchie concorrenti in silicone parla, sbatte le palpebre e ha dei sensori capaci di provocarle un “roborgasmo”. Inoltre può essere plasmata direttamente dal compratore tramite l’ordine online, decidendo taglia, peso, forma, capelli e altezza. Il costo? Solo 10 mila euro. In fin dei conti forse più economico di conoscere una ragazza e pagarle cene su cene prima di passare al sodo. Non a caso, stanno conquistando sempre più fan in giro per il mondo. A Barcellona, per dire, ha aperto il primo bordello a tema chiamato Lumi Dolls e un ingegnere cinese di nome Zheng Jiajia ne ha addirittura sposata una.
“Bentornato, signore. Come posso servirla?”
Nella puntata speciale Bianco Natale (una delle migliori in assoluto), oltre al ritorno delle famigerate lenti, con tanto di opzione per bloccare nella vista le persone sgradite (Zuckerberg levati proprio), abbiamo assistito alla versione digitale e anche un po’ schiavizzata dell’assistente domestica. Infatti l’intelligenza artificiale usata per gestire casa è stata creata partendo dalle cellule cerebrali del suo proprietario, tant’è che si sente molto umana ed è convinta di essere prigioniera.
Ancora non esiste niente di simile, ma in Giappone qualcosa si sta muovendo. È stata da poco messa sul mercato un’aiutante domestica chiamata Virtual Wife. In realtà si tratta di un grosso tubo cilindrico su cui viene proiettata l’immagine di un donna in versione anime capace di interagire, tramite sensori, con l’abitante e di controllare alcune funzioni della casa grazie al bluetooth e a Internet, tant’è che accende pure il televisore a comando. Forse si tratta più di un incrocio animato tra Siri e Cortana che di una vera intelligenza artificiale, ma il passo successivo non sembra poi tanto lontano…
Più vero del vero
In Giochi pericolosi (03×02), un giovane viaggiatore squattrinato di nome Cooper Redfield decide di partecipare ad un beta testing al fine di racimolare qualche soldino per tornare a casa. Grazie a un chip impiantato, dovrà vivere situazioni di realtà aumentata in un antico maniero ed evitare di lasciarci le penne dalla paura. Letteralmente. Non serve una cultura videoludica particolarmente approfondita per sapere che tra i videogames e la realtà virtuale la distanza si sta sempre più assottigliando. Tra Oculus Rift, Google Cardboard, Samsung Gear VR, Playstation VR e chi più ne ha più ne metta, ormai un futuro dove per giocare si abbandoneranno (o quasi) i joypad non sembra in discussione. Ben altra cosa sarebbe praticare un simile divertimento senza equipaggiamenti di sorta, fatta eccezione per un chip installato nella nuca. Ci starebbe lavorando la Defense Advanced Research Project Agency (DARPA), un’agenzia che fa capo al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (nientemeno), incaricata di sviluppare nuove tecnologie ad uso militare. Si tratterebbe di un modem corticale innestato nel cervello così da inviare delle immagini evitando di passare per gli occhi. Nato inizialmente, come si potrebbe supporre, come rimedio alla cecità, il progetto sembra molto più realistico di quanto si penserebbe e pare che potrebbe inviare immagini ad altissima definizione difficilmente distinguibili da quelle reali. Sì, avete capito bene: Uomini contro il fuoco (03×05) è dietro l’angolo. Sebbene non sembri ancora possibile immagazzinare ciò che si vede per poterlo poi riosservare come un video su Youtube, altra applicazione del chip ammirata in Ricordi pericolosi.
Le api del futuro
Odio universale (03×06), l’ultima puntata della terza stagione dalla durata di 90 minuti (praticamente un film), ci avevamo mostrato un poliziesco ambientato in un mondo dove le api si sono estinte e sono state sostituite da un alterego metallico, adibite all’impollinazione su scala mondiale. Situazione tutt’altro che impossibile, dato che gli insetti stanno vivendo una rapida decimazione a causa dei cambiamenti climatici e dei pesticidi. Se sparissero completamente, le conseguenze per quanto riguarda la biodiversità e la faccia del pianeta sarebbero tremende. Per risolvere questo problema, in Giappone hanno creato un piccolo drone capace di impollinare meglio e più delle api. Si tratta del prodotto di un team guidato da Eijiro Miyako, che ha creato un piccolo robot dalle caratteristiche assai particolari. Grande 4 centimetri e pesante 15 grammi, è rivestito di crine, fibre di origine animale e un particolare gel che gli consente di trasportare il polline da un fiore all’altro senza perderlo o danneggiare la pianta.
What a social world
Ammettiamolo: di questi tempi, il parere popolare può essere espresso praticamente su qualunque cosa, tra pollici su, pollici giù, faccine, cuoricini e tutto il repertorio. Piano piano, questi sistemi di giudizio con la sola pressione di un tasto stanno cominciando ad invadere sempre di più la realtà, tant’è che prima di mangiare in un ristorante (sia lodato TripAdvisor), guardiamo cosa la gente di Internet ha detto a riguardo. E non è importante quale sia la verità: se la recensione sarà negativa, non ci entreremo e lo lasceremo pensandone il peggio. Cosa accadrebbe se questo sistema venisse usato anche per giudicare le persone in tempo reale? Per saperlo, guardate Caduta libera, primo episodio della terza stagione di Black Mirror. Come potete immaginare, ad una simile meraviglia della tecnologia manca veramente poco e, anzi, forse è già arrivata. Qualche anno fa ci avevano provato senza successo il sito cinese RateMe e l’app americana Peeple, che avevano mappato il mercato rendendo possibile per qualche tempo una simile opportunità tramite dei servizi specifici. Il salto di qualità sembra averlo fatto però Credo360. Si tratta di un’applicazione uscita qualche mese fa che consente di valutare l’effettiva affidabilità di completi sconosciuti, soprattutto in caso in cui sia necessario completare transazioni, contatti e altre attività. Con Credo360 è possibile visionare la credibilità di una persona con cui si vorrebbe concludere una qualche forma di affare e, una volta terminata l’esperienza, esprimere un parere a riguardo, ovviamente in forma anonima. Ogni utente è registrato con un CredoID univoco e un CredoScore che mostra la sua reputazione, decisa da un punteggio che va da 0 a 360 e che è influenzato da diverse componenti, tra cui spiccano la qualità, la quantità e la frequenza delle interazioni.
Certo, siamo ancora lontani dalla realtà ipocrita e snob vista nella puntata, anche perché Credo360 non ha nessuna pretesa “sociale” e coinvolge solo pochi privati. Ma anche in quel senso qualcosa si sta muovendo. Infatti, nel 2014, il Consiglio di Stato Cinese ha rivelato le intenzioni di costruire, a breve, un Social Credit System. Non era molto chiaro a cosa si riferissero fino a quest’anno, dove è stato specificato che si tratta di un meccanismo che la Repubblica Popolare userà per valutare l’affidabilità dei suoi 1.3 miliardi di cittadini, al fine di costruire una nazione sicura e sincera. Il diktat governativo è quello di partire col progetto nel 2020 e ha affidato il compito di trovare l’algoritmo adatto a diverse società, che hanno indetto una gara per essere i primi a soddisfare i requisiti richiesti. Se riuscissero a coniare la formula giusta, quanto ci vorrebbe prima che altri paesi oltre la Cina decidano di proporla anche sui rispettivi territori? La prospettiva di trovarsi una baita in mezzo ai boschi diventa sempre più intrigante…
Fuori lista
No sobrio non parti
Ultimo, ma anche l’unico rassicurante e che vorremmo vedere in commercio domani, è la macchina intelligente che ti impedisce di guidare se hai bevuto troppo. L’avevamo vista in Ricordi pericolosi, quando Liam, ubriaco dopo aver saputo del tradimento della moglie, tenta di mettersi al volante e l’auto cerca di fermarlo. Ebbene, sembra che Honda e Hitachi abbiano messo a punto un particolare dispositivo, chiamato “smart key”, una chiave di accensione con alcol test incorporato capace di analizzare il respiro fino a 0,015 mg/L grazie a un sensore molto accurato che misura il livello in soli 3 secondi. In America, invece, sta andando forte lo studio e lo sviluppo del DADSS, acronimo di Driver Alcohol Detection System for Safety, voluto dal NHTSA (National Highway Traffic Safety Administration). Si tratta di una associazione che rappresenta ben 17 case automobilistiche sparse da una costa all’altra e l’idea che stanno sperimentando è quella di un etilometro incorporato nel volante, che misura il respiro del guidatore e impedisce l’avviamento del veicolo in caso questo risulti pieno di alcol oltre la soglia consentita.
Dalle nostre parti sarà difficile vederle a breve, ma da un capo all’altro del Pacifico questi sistemi stanno ottenendo molto successo e vengono chiamati comunemente alcohol interlock.
Speriamo che, tra tutte le profezie dello specchio nero, questa sia l’unica ad avverarsi.