Quando la bestemmia arriverebbe anche da un santo
Se c’è qualcosa che rimane impresso nei videogiochi sono senza dubbio i ricordi legati alle boss fight che ci hanno fatto imprecare come non ci fosse un domani. Quelle che talvolta ci hanno persino spinto a lanciare il pad dalla finestra e dare in mano al giornaletto locale l’ennesimo motivo per gettar fango sui videogiochi. Nella storia di questo medium sono tanti gli scontri memorabili per una lunga serie di motivi. In questo articolo andremo dunque a vedere alcuni dei boss più difficili che siano mai stati concepiti. Roba che farebbe bestemmiare persino un santo. Quei boss che solo menti sadiche potevano partorire.
Prima di iniziare, potrebbe interessarvi questo speciale dedicato ai 15 giochi più difficili di Sekiro: Shadow Die Twice. Molto probabilmente in questo elenco ritroverete anche alcuni boss dei giochi riportati nell’articolo appena succitato. Ora bando alle ciance e diamo il via a questa selezione di boss sanguinolenta. Anticipo sin da subito che non è stato per niente facile stilare questa “classifica” in quanto i boss difficilissimi sono davvero molteplici; non vi nascondo infatti che potrei cambiare idea come minimo tremila volte, rimuovendo ed inserendo boss sempre diversi ad ogni giro.
Prendetela quindi così com’è e abbiate bontà nel caso dovesse mancare un boss super ostico che potrebbe risultare addirittura più crudele di quelli presi in esame. D’altronde l’elenco resta comunque indicativo, poiché è semplicemente impossibile stilare una top di boss più difficili in senso assoluto. Cosa sicura è che molti di voi avranno ricordi poco piacevoli di alcune tra le seguenti battaglie. Ordunque, cominciamo.
Doku — Ninja Gaiden Black (Xbox; 2005)
Ho rimuginato a lungo se inserire Alma o Doku, boss letali di Ninja Gaiden Black, ma alla fine ha prevalso il demone samurai fantasma. Una sorta di cavaliere oscuro dal volto fiammeggiante che saprà darvi vero filo da torcere in entrambe le battaglie. Parlando di boss difficili va inoltre considerato lo scontro nella modalità Master Ninja. Doku è capace di mettere a dura prova la vostra pazienza e non risulta per niente facile mantenere i nervi saldi, specie al massimo livello di difficoltà.
Ninja Gaiden Black è senza ombra di dubbio il miglior gioco di Tomonobu Itagaki e Team Ninja. Un capolavoro intriso innanzitutto di un altissimo tasso di sfida, ma anche di un gameplay meraviglioso che miscela sapientemente l’hack ‘n slash all’action adventure, ritrovando infatti diversi elementi ludici di spessore, tra platforming, esplorazione e qualche piccolo puzzle. I numerosi nemici e boss fanno il resto e Doku rientra senza dubbio tra i più memorabili non solo per la sua caratterizzazione efficace, ma anche per la bastardaggine dei due scontri. Affrontatelo a Master Ninja e conoscerete l’inferno.
Baron K. Roolenstein — Donkey Kong Country 3: Dixie Kong’s Double Trouble! (Super Famicom/SNES; 1996)
Che platform incredibile Donkey Kong Country 3. La cara vecchia Rare ai tempi sfornava titoloni uno dietro l’altro. Ammetto che questo è stato il capitolo che più ho sottovalutato della trilogia dedicata allo stupido gorilla creato da Shigeru Miyamoto; in grave errore. Pur non raggiungendo le vette qualitative del 2, Dixie Kong’s Double Trouble! rimane un’opera straordinaria, straripante di tocchi di classe e idee geniali. In particolare vanta però una boss fight davvero cattivissima. Sebbene il prequel sia nel complesso un gioco più difficile, il final boss di questo capitolo resta senza dubbio molto più ostico.
Ed ecco quindi che Baron K. Roolenstein appare in questo elenco di boss più difficili. Per quanto possa sembrare all’apparenza una battaglia non così ostica, le vite perse per cercare di sconfiggerlo non si contano. C’è qualche piccolo trucchetto per avere dei vantaggi, come ad esempio abbassarsi mentre lui si muove verso di voi, ma bisogna pur sempre scoprirlo. D’altronde ogni boss potrebbe poi sembrare facile una volta memorizzati tutti i pattern e capito il modo migliore per sconfiggerlo. Il problema è arrivarci a questa fase e Baron K. Roolenstein vi farà sudare le famigerate sette camicie.
Third boss — Journey to Silius (Famicom/NES; 1990)
Purtroppo pare che questo boss non abbia un nome e quindi bisogna accontentarsi di riconoscerlo così. Journey to Silius è già di suo un titolo che sa come mettere il videogiocatore alle strette, considerando anche la scarsa mobilità del protagonista e il fatto che possa sparare solo verso una direzione. Ciò detto resta comunque una gioia audiovisiva per il vecchio Famicom/NES, sfoggiando una delle colonne sonore più incredibili del panorama 8 bit. L’adrenalina scaturita dalle musiche non ha rivali sulla medesima piattaforma, eppure questa boss battle resta sicuramente memorabile per l’alto numero di bestemmie da essa scaturite.
Rientra tra i boss più difficili non perché sia una battaglia incredibilmente assurda, piuttosto per il fatto che metta a dura prova i riflessi, essendo tutto molto frenetico. È assai probabile che giunti al suo cospetto vedrete purtroppo la schermata game over, dovendo rigiocare tutto il livello da capo. Bisogna davvero avere gli occhi dappertutto perché l’infame vi spara da diversi punti e quindi bisogna contemporaneamente saltare e sparargli, ma accucciarsi e restare fermi più volte, scegliendo il momento giusto per colpire. Una volta superato questo scontro, desidererete un attimo di pausa prima di portare avanti il gioco. Che siano dannati in Sunsoft.
Omega Weapon — Final Fantasy VIII (PlayStation; 1999)
In un elenco di boss più difficili non poteva affatto mancare la temibile Omega Weapon. Ogni J-RPG che si rispetti – e di conseguenza ogni Final Fantasy – ha dei boss facoltativi di difficoltà elevatissima. Solitamente vengono infatti definiti come Super Boss. Non è stato facile scegliere tra i tanti capitoli della serie, ma alla fine ha prevalso Omega per il semplice motivo che nella mia ventennale esperienza con il brand creato da Sakaguchi, questo è stato il boss con cui ho penato di più in assoluto. Omega Weapon ha delle tecniche letali che a volte esegue tutte insieme rendendo lo scontro veramente difficile. Chiaramente è consigliabile affrontarlo al livello 100 con un settaggio Junction elevato al massimo, con le migliori magie possibili.
Esistono diverse tattiche per non penare troppo con Omega, ma il punto è sempre quello ribadito prima: bisogna arrivare a capire il modo o la strategia necessaria a superare lo scontro. Con questo boss sarà tutt’altro che facile, ma ci sono alcuni comandi Junction come ‘Defend’ che ritornano davvero utili, specie quando il cattivone decide di lanciare Terra Break (Meltdown è una soluzione atta a depotenziare per un turno il nemico). Ci sarebbe infine la tecnica casuale di Selphie, The End, per sconfiggerlo in un istante, ma si perderebbe tutto il gusto (un po’ come usare le medaglie dell’eroe elaborando la carta di Laguna Loire).
Shaft – Castlevania: Chi no Rinne/Rondo (PC Engine; 1993)
Tra tutti i boss della serie dedicata alla famiglia Belmont, Shaft di Castlevania: Chi no Rinne/Rondo è senza dubbio uno dei più difficili. Non per altro lo stage 6 non è un vero livello, proprio perché la battaglia è parecchio ostica. Prima di combattere contro Shaft dovremo infatti sconfiggere a mo’ di boss rush le sue seguenti evocazioni: Giant Bat, Medusa, Mummy Man e Frankenstein. Solamente dopo il sacerdote oscuro servo di Dracula si paleserà al cospetto di Ritcher Belmont per uno scontro senza esclusione di colpi.
Probabilmente il combattimento con la sua versione Ghost è più complicato, tuttavia ho comunque inserito questa battaglia nello specifico proprio perché consiste nell’affrontare più boss di fila, il che rende le cose decisamente più difficili. Già soltanto resistere all’ondata nemica non sarà per niente semplice, in particolare contro Frankenstein, dopo bisogna pure affrontare Shaft e non è una passeggiata. Non vi nascondo che tirai giù non poche bestemmie, ma una volta portata a casa la vittoria le soddisfazioni sono immani.
Koishi Komeiji — Touhou Chireiden: Subterranean Animism (PC; 2008)
Tra i boss più difficili di sempre non poteva proprio mancare uno degli spietati capitoli della saga Touhou dello studio cinese Team Shanghai Alice, esperti nello sviluppo di shoot’em up proibitivi che riconosciamo meglio come bullet hell o danmaku (弾幕). In realtà gli sviluppatori cinesi hanno comunque realizzato nella loro carriera solamente i Touhou, proprio per questo motivo sono guru del genere e la qualità dei titoli parla chiaro. Tuttavia sono opere per veri estimatori poiché è impensabile giocarle per puro intrattenimento. Bisogna masticare il genere ed esser cresciuti a pane e danmaku per poterli apprezzare, ma soprattutto riuscire a giocarli.
Subterranean Animism è l’undicesimo capitolo regolare della serie Tohou ed ha uno dei boss extra più difficili che siano mai stati concepiti tra tutti gli shoot’em up usciti sino ad oggi. Non che gli altri siano da meno, intendiamoci, in quanto la saga è nota per la sua estrema difficoltà, ma Koishi Komeiji dietro al suo animo innocente nasconde la brutalità più cruda e cristallina. Per sconfiggerla bisognerà resistere a una pioggia infinita e assurda di proiettili per parecchio tempo. Farcela è una vera impresa. Sicuramente per pochi.
Wily Machine — Rockman & Forte/Mega Man & Bass (Super Famicom/SNES; 1998)
Quella di Mega Man è una serie ormai leggendaria (l’abbiamo approfondita qui); vista la mole inaudita di trasposizioni videoludiche rilasciate, di boss con il mitico blue bomber ne abbiamo affrontati una marea. Alcuni piuttosto semplici, ma la maggior parte per nulla facili. Solo alcune boss fight sono però ricordate per la difficoltà estrema. Tra Shadow Man e Yellow Devil, però, la mia scelta è ricaduta su uno dei capitoli meno noti ai più, ovvero sul particolare Rockman & Forte (Mega Man & Bass), esclusiva giapponese per Super Famicom.
Il giocatore qui può impersonare anche Forte (o Bass che dir si voglia) oltre al leggendario Mega Man, in uno dei capitoli più interessanti della serie classica. La Wily Machine, controllata appunto dallo spietato Dr. Wily, arcinemico secolare del Blue Bomber, è un temibile avversario. Occorrono riflessi e strategia per affrontare al meglio il nemico. Sparare alla cieca non porterà infatti da nessuna parte, se non al game over. La boss fight è inoltre divisa in due fasi, giusto per non farci mancare niente. Ricordiamo inoltre che Mega Man non permette chissà quali grandi movenze, ed ecco che il tutto si complica.
Jaquio — Ninja Gaiden I & II (Famicom/NES; 1988-1990)
Ecco che torno a parlarvi di Ninja Gaiden, ma questa volta addirittura ripercorrendo le lontane origini della serie Tecmo. Lo faccio con uno dei boss più difficili apparsi durante il lungo cammino di Ryu Hayabusa, ovvero Jaquio, nemico che il nostro protagonista ha affrontato persino due volte, sia nel primo Ninja Gaiden (1988) che in The Dark Sword of Chaos (1990). Le due battaglie sono molto simili, proprio per questo motivo anziché sceglierne una piuttosto che l’altra ho optato per menzionarle entrambe.
Come ogni boss difficile che si rispetti, la pazienza è la virtù dei forti, nonché la chiave del successo. Essere frettolosi per affondare le proprie offensive è l’errore più stupido che si possa commettere. Molta calma per schivare gli attacchi (sfruttando parecchio l’arrampicata sulle pareti), capire bene il pattern e poi attaccare. Nel sequel Jaquio è pure il boss finale e probabilmente la difficoltà è leggermente più elevata rispetto al primo incontro nel predecessore. Spuntarla contro questo boss è tutt’altro che semplice, specie con l’ansia tipicamente old school di non crepare per non dover rifare il livello (o poi, peggio, tutto il gioco).
Mike Tyson/Mr. Dream — Punch-Out!! (Famicom/NES; 1987)
Punch-Out!!, originariamente rilasciato come Mike Tyson’s Punch-Out!!, è un picchiaduro targato Nintendo che ha visto luce prima in sala giochi fino ad approdare poi sull’hardware casalingo, Famicom/NES. La grande N pagò i diritti per avere Tyson nel suo gioco (sebbene quest’ultimo non ne fosse particolarmente onorato, anzi), tant’è che appariva addirittura nel titolo oltre che come boss finale. Scaduta la licenza nel 1990, non venne rinnovata e da allora il titolo venne rilasciato semplicemente come Punch-Out!! con il fittizio Mr. Dream nel ruolo di boss finale (provvisto degli stessi pattern di Tyson, chiaramente).
La lunga scalata per arrivare al cospetto del grande Mike Tyson è tutt’altro che semplice, ma contro di lui le cose si complicano e non poco. Anche in questo caso vale la regola del una volta imparato alla perfezione le offensive dell’avversario, come schivarle e contrattaccare, non risulta più così proibitivo, ma bisogna pur sempre arrivarci a quel livello. Prima di riuscirci, il buon Tyson (o Mr. Dream che sia) vi darà del filo da torcere, tanto da maledire l’intera opera. I suoi attacchi sono devastanti e quindi diventa fondamentale riuscire a non farsi colpire. La regola vale sempre: tanta pazienza e nessuna fretta di attaccare.
Queen Larsa — Mushihimesama Futari (Arcade; 2006)
Dopo Touhou era giusto ritornare sui danmaku/bullet hell. D’altronde non poteva mancare all’appello Cave, quella straordinaria software house famosa in particolar modo per DonPachi, DoDonPachi, Espgaluda e appunto Mushihimesama. Titoli di gran prestigio per tutti gli appassionati del genere, noti in particolar modo per la difficoltà estrema di cui si fanno forti. Tra le tante boss battle affrontate nelle loro produzioni, la menzione d’onore spetta alla malvagia Queen Larsa che compare in Mushihimesama Futari, uscito originariamente come arcade nel 2006 per poi approdare anche su Xbox 360 alcuni anni dopo.
Si tratta non solo di uno dei boss più difficili di sempre, ma anche tra i più proibitivi della storia. Materia per hardcore gamer, di certo non alla portata di tutti. Lo scontro dura parecchi minuti e la moltitudine di proiettili su schermo è decisamente inquantificabile. Bisogna avere tremila occhi per seguire lo scontro, ma soprattutto non pensate che memorizzare dei pattern sia la soluzione, perché questi cambieranno più volte, sequenza dopo sequenza. Un vero inferno. Statene alla larga se volete un consiglio spassionato; a meno che non siate dei veri cuori temerari (o dei folli).
Isshin Ashina, The Sword Saint — Sekiro: Shadows Die Twice (PS4, One, PC; 2019)
Non poteva certamente mancare un titolo FromSoftware in questo elenco di boss più difficili di sempre. Sebbene io non sia un grande estimatore del loro game design dedito alla difficoltà, poiché la trovo spesso più artificiosa e sleale anziché pura come in altri videogiochi (molti menzionati anche in questo articolo), bisogna dire che Sekiro: Shadows Die Twice è un netto passo in avanti da questo punto di vista. Un’opera che nella difficoltà imprime tutta la filosofia orientale nell’arte della spada, e la curva di apprendimento diventa tangibile, garantendo una crescita interiore piuttosto che un apprendimento momentaneo.
La scelta non era per nulla semplice, ma tra i boss più difficili ho optato per Isshin Ashina, The Sword Saint, un nemico che metterà a dura prova la nostra pazienza e quella del Lupo con un braccio solo (Sekiro), ovvero il protagonista dell’ardua avventura che ha vinto il premio come game of the year lo scorso anno. Come sempre è una prova di riflessi, nervi saldi, massima concentrazione. I colpi di Isshin possono essere letali e le sue offensive variano molto spesso, ma schivando e deflettendo gli attacchi col giusto tempismo, si porta a casa la vittoria. Non prima di aver tirato giù qualche santo, ahimè.
Dagra dai — Ninja Gaiden 2 (Xbox 360; 2008)
La serie Ninja Gaiden è stata senza ombra di dubbio molto presente in questo speciale. D’altronde parliamo di un brand che ha fatto della sua estrema difficoltà la sua nomea, seppur ci siano ulteriori valori da tenere in considerazione. Ninja Gaiden 2 per Xbox 360 è l’ultimo titolo diretto da Tomonobu Itagaki per conto di Team Ninja, prima di mettersi in proprio con il suo team, Valhalla Game Studios. Non all’altezza del predecessore, Ninja Gaiden 2 alza però l’asticella dal punto di vista della fluidità (peccato per alcuni problemi tecnici), del dinamismo e del combat system, migliorando tra le tante cose anche la schivata, aggiungendo pure splendide finish e un incremento delle armi.
Con duelli più dinamici, adrenalinici e una cura nei dettagli ancora più maniacale, è comprensibile la volontà di Itagaki di concentrare maggior parte dell’esperienza nei combattimenti. Di conseguenza ritroviamo delle boss battle davvero spettacolari, nonché alcune di una difficoltà atroce, soprattutto alla massima difficoltà, ovvero la famigerata Master Ninja. Affrontare Dagra Dai a questo livello è qualcosa di indescrivibile. Sappiate solo che già sbloccare la modalità Master Ninja necessita di un numero indefinito di notti insonni, ma affrontare poi l’epopea di Ryu Hayabusa nel modo più difficile è veramente un’impresa disumana. Così come sconfiggere il boss in questione, in grado di mettere in dubbio tutte le vostre capacità.
Robo Manus — Battletoads Arcade (Arcade; 1994)
Ci sono giochi che fanno sembrare i Dark Souls prodotti facilissimi in confronto. Ritroviamo senza dubbio Battletoads di Rare, uno dei titoli più difficili di tutti i tempi (mi riferisco al primo capitolo uscito su NES). Anche Ninja Gaiden 2 in modalità Master Ninja non scherza, ma quantomeno è affrontabile anche a difficoltà un po’ più umane. Battletoads no; è così, prendere o lasciare. Fortunatamente il capitolo arcade è meno impervio, ma comunque non risulta una passeggiata. Tuttavia vi è Robo Manus che rientra di diritto tra i boss più difficili di sempre.
Se il primo Battletoads è più difficile in generale, lato boss si dimostra fortunatamente più accessibile. Arcade fa il contrario, sebbene nessun boss sia comunque davvero proibitivo; ad eccezione dell’ultimo che saprà farvi penare e non poco. Sicuramente pensato per indurre il videogiocatore a spendere più gettoni possibili, Robo Manus resta impresso non solo per la battaglia ludicamente diversa rispetto a tutte le altre, ma anche perché con tutti i suoi numerosi e velocissimi attacchi vi farà vedere la schermata dei continue una marea di volte. Finché si gioca su Rare Replay, ok, ma ai tempi si rischiava di tornare a casa in mutande e ricevere pure il cazziatone dai genitori.
Dark Link — Zelda II: The Adventure of Link (Famicom/NES; 1987)
Ad un anno di distanza dal primo leggendario capitolo, Zelda II: The Adventure of Link faceva il suo ingresso in scena, lasciando sorpresi (o meglio increduli) tutti coloro che avevano amato il predecessore. Si tratta infatti dell’episodio più atipico della saga: una sorta di J-RPG dove però i combattimenti sono delle piccole sezioni a scorrimento a laterale. Allo stesso modo troviamo i dungeon e tutto il resto, incentrano l’esperienza molto più sul platforming. L’opera Nintendo dice quindi addio alla visuale fissa che viene adottata solo per l’esplorazione della world map, proprio nello stile dei J-RPG.
Zelda II non è ricordato solo per essere atipico, ma anche per la sua difficoltà elevata, in parte dovuta ad un sistema di controllo non impeccabile, ma per il resto è a tutti gli effetti un gioco molto difficile. Tra i tanti boss infami che incontreremo nei vari dungeon, Dark Link è quello che ci farà imprecare più di tutti gli altri. La serie di Shigeru Miyamoto non è di certo famosa per il tasso di sfida elevato, quanto più per la risoluzione degli enigmi, il senso di intuito, la logica, l’esplorazione. Questo episodio è invece un’eccezione e risulta difficile non ricordarlo per la sua sana osticità. Non che non abbia elementi tipici e caratteristici della serie, ma lo scontro con Dark Link vi farà rimpiangere la fantomatica facilità dei capitoli più classici.
Senator Armstrong — Metal Gear Rising: Revengeance (Xbox 360, PS3, PC; 2013)
Chiudiamo questo articolo dedicato ai boss più difficili di sempre con il Senatore Armstrong di Metal Gear Rising: Revengeance, sviluppato da Platinum Games. Tralasciando il fatto che il titolo si perda non poco dopo la prima buona metà di gioco, bisogna riconoscere che questo boss, pur non convincendo sotto altri punti di vista, è davvero difficilissimo. Le imprecazioni per sconfiggerlo non mancheranno e non sarà certamente il livello trash che si raggiunge in questo scontro a levargli i meriti in termini di sfida pura.
Si tratta di un combattimento molto particolare che introduce pure diverse meccaniche realizzate ad hoc proprio per questa fase. Tipico di molte produzioni giapponesi, in particolar modo action hack ‘n slash, genere a cui appartiene anche Metal Gear Rising. Tra Raiden e Armstrong è semplicemente una battaglia all’ultimo sangue e Platinum Games è riuscita a donare la giusta enfasi allo scontro (tralasciando la caduta nel trash), facendo sentire appieno la fatica (uscirete esausti dal combattimento). Insomma, un duello memorabile sia per la tamarragine che per la difficoltà estrema. Nel bene e nel male, rimane un boss che si ama e si odia allo stesso tempo.
Siamo giunti alla conclusione. Non è stato facile decidere di lasciare fuori dei boss piuttosto che altri. Senza contare che ce ne sono moltissimi difficili pure da ricordare e non basta internet per farteli tornare alla mente, purtroppo. Ogni classifica o elenco è determinato appunto da scelte. Scelte che non metteranno d’accordo tutti, ma utili comunque per un confronto diretto. Ed è proprio questo il bello, conoscere anche quali avreste inserito voi. Va fatta qualche menzione d’onore a Chai di Shenmue (il primo scontro, quello concepito per essere sconfitti) oppure Ares del primo God of War, o ancora il Nameless King di Dark Souls III. Giusto per citarne alcuni che potevano essere benissimo presenti nella lista. Cosa certa è che in questa selezione ritroviamo non solo alcuni tra i tanti boss più difficili del panorama videoludico, ma anche quelli che sanno come farci imprecare. In fondo è questo il motivo per cui siamo tanto affascinati dalla difficoltà dei boss, non è forse così?