Bravely Default 2 riporta su Nintendo Switch tutte le caratteristiche del JRPG tradizionale con i guizzi tipici della serie
Siamo abituati a pensare ai JRPG come grandi storie. Personaggi carismatici, mondi affascinanti e racconti epici. L’aspetto puramente ludico del genere è spesso troppo marginalizzato, non tanto dagli studi di sviluppo quanto dal pubblico che percepisce i giochi di ruolo giapponesi innanzitutto come grandi racconti. Non che ci sia un problema in questo modo di leggere il genere, e non nego di essere io stesso “vittima” di un approccio di questo tipo il più delle volte. Consapevole di questo ho immaginato che avrei avuto problemi a entrare in sintonia con Bravely Default 2, consapevole del suo non fare del racconto il punto forte, ma comunque incuriosito dal sistema di job, una meccanica che mi affascina dai tempi di Final Fantasy Tactics.
In realtà l’amore è scattato quasi subito, con mia grande sorpresa. Bravely Default 2 è tutto quello che ci si aspetta dal gioco: un prodotto con un racconto semplice (che ha comunque i suoi punti di forza) ma con un gameplay eccellente e stimolante se lo si vuole esplorare e studiare approfonditamente, in grado di reggere da solo il gioco per tutte le circa 55/60 ore necessarie ad arrivare alla conclusione.
Come detto la storia è piuttosto classica, soprattutto per chi è abituato ai vecchi Final Fantasy: fin da subito verremo messi al comando dei quattro Eroi della luce, un improvvisato gruppo che scoprirà presto di dover ritrovare quattro cristalli elementali per salvare il mondo. Più interessante del banale spunto è la costruzione dei personaggi, in una certa misura scontati ma a cui è impossibile non affezionarsi: abbiamo il protagonista vero e proprio, il classico eroe buono di cuore, una principessa che ha perso il regno estremamente ligia al dovere, un mago un po’ scapestrato con la passione per il bere e una mercenaria dal carattere frizzante.
Le dinamiche interne al gruppo e i rapporti che andranno a crearsi tra i singoli riescono a dare una certa umanità ai quattro, a cui non si può non voler bene mentre vengono svelate le loro backstory e le loro motivazioni. Diventa così estremamente piacevole anche leggere i dialoghi opzionali in cui il gruppo commenta quello che accade o le ultime missioni secondarie concluse, data anche una buona scrittura.
La struttura è quella semplice del viaggio, con i nostri che viaggiano di città in città alla ricerca dei cristalli affrontando di volta in volta i problemi particolari delle diverse nazioni che attraversano. Il racconto è frammentato in capitoli e ogni nuova area scoperta porta con sé una situazione con cui il gruppo dovrà vedersela. Qui le cose si fanno più interessanti rispetto alla trama vera e proprio il gioco, con situazioni emotivamente più coinvolgenti e a tratti anche pesantucce nelle tematiche.
Bravely Default 2 non vuole sviluppare riflessioni particolari, ma alcuni temi cari al genere come l’emarginazione, l’egoismo, il razzismo e la religione emergono comunque, a volte in maniera toccante, e anche rispetto a questi temi va sviluppandosi la personalità dei protagonisti.
Tutto questo serve principalmente da contesto e giustificazione a quello che poi praticamente si fa nel gioco, perché Bravely Default 2 è un prodotto che punta tutto sul gameplay. Il sistema di gioco è quello dei predecessori, Bravely Default e Bravely Second: End Layer, con pochissime differenze.
L’impalcatura di gioco si regge su due meccaniche principalmente, la prima delle quali dà il nome al gioco e la seconda è il complesso sistema di job. Bravely e Default altro non sono che le due azioni caratteristiche della serie che vanno ad aggiungersi alle normali meccaniche di combattimento a turni di un qualsiasi JRPG.
Il sistema è sulla carta semplice, ma ha profondissime implicazioni tattiche: il comando Default permette di difendersi e conservare azioni accumulandole sotto forma di punti, mentre il comando Brave permette di spendere questi punti per avere più azioni in un solo turno. Il comando Brave può però essere utilizzato anche per indebitandosi per ottenere più azioni di quelle che si sono conservate, andando ad avere un saldo di punti azione negativo che obbliga a saltare i turni successivi.
Questo sistema permette sia di andare all-in per risolvere velocemente i combattimenti casuali, sia di eseguire azioni di “salvataggio” di un party in un punto di morte, sia di eseguire attacchi potentissimi concentrando tutte le azioni in un solo turno. In mezzo ci sono ovviamente diverse sfumature tattiche, fondamentali se consideriamo che lo stesso sistema di Brave e Default si applica anche agli avversari, consentendo ad esempio ai boss di entrare in guardia per diversi turni per poi scatenare una serie di attacchi su tutto il party.
La necessità di analizzare le situazioni in prospettiva e di prevedere cosa succederà, senza farsi trovare impreparati, è uno dei perni del battle system di Bravely Default 2, e nonostante l’apparente semplicità del sistema il risultato è di una profondità incredibile, soprattutto quando lo si mette in rapporto con il complesso sistema di job.
L’altra caratteristica fondamentale è appunto il sistema di mestieri, che si sblocca nelle primissime battute del gioco e ha a sua volta una profondità tattica non indifferente e legata all’evoluzione della trama. Come in moltissimi vecchi JRPG, la crescita dei personaggi non è imposta, ma dipende dalle scelte di classe del giocatore.
Bravely Default 2 prende questo sistema e lo approfondisce, stimolando il giocatore forzare le regole del gioco mischiando classi apparentemente distantissime tra loro.
È possibile equipaggiare contemporaneamente due job, ma solo del primario si potranno sfruttare i modificatori di statistiche e le abilità speciali, mentre del secondo sarà possibile utilizzare le skill attive. Parallelamente però è anche possibile equipaggiare le abilità passive sbloccate di ogni classe, creando sinergie improbabili grazie alle quali si possono avere dei vantaggi importanti utilizzando un tank con delle skill prese in prestito da una classe magica, ad esempio.
Bravely Default 2 spinge quindi a livellare quanti più job possibili nel tentativo di creare la build perfetta, prendendo tutto quello che può funzionare di concerto da ogni classe possibile. Questo approccio alla crescita dei personaggi non è però accessorio, riservato ai completisti o a chi vuole esplorare il gioco a un livello più profondo, ma è strettamente necessario per proseguire nell’avventura: avanzare senza un party costruito su un ragionamento solido, con incastri studiati attentamente a tavolino, è molto difficile.
Il gioco non è infatti una scampagnata, e il livello di difficoltà è mediamente piuttosto alto se non si dispone di una strategia forte. Al contrario tutto il tempo dedicato a livellare sia i personaggi che le varie classi è tempo ben speso, utile a espandere le possibilità tattiche prima ancora che ad migliorare le statistiche in senso stretto. Ho fatto diversi boss stando sotto il livello consigliato – il gioco ci mostra se siamo di livello adeguato per i combattimenti casuali – ma ho iniziato a incontrare difficoltà nel momento in cui mi sono fermato nel costruire nuove sinergie tra i job, adagiandomi su quello che fino a quel momento aveva funzionato.
È sempre possibile ovviamente farmare punti esperienza se si vuole agire di “forza bruta”, ma non è certamente il modo in cui il gioco è stato pensato, e toglie anche il divertimento principale di Bravely Default 2, ovvero il “forzare” le regole del gioco stesso per ottenere guerrieri unici. Questo è possibile anche grazie a un utilizzo intelligente degli equipaggiamenti, spesso ibridi, che rendono la scelta di cosa indossare non sempre scontata. Acquistare l’ultima spada non è sempre la scelta migliore, perché magari per la specifica build che si ha in mente è preferibile utilizzarne una specifica con un boost specifico per un attributo specifico. Oppure è possibile che la scelta migliore per un mago sia, in un determinato momento, una spada e non un bastone perché il modificatore al danno magico è maggiore rispetto ai bastoni disponibili. O magari il vostro tank sarebbe più efficiente con due scudi, invece che con scudo e ascia.
Se si decide di abbandonare le convinzioni su come dovrebbe funzionare un JRPG moderno e si decide di abbracciare ed esplorare le complesse e interconnesse meccaniche di Bravely Default 2 si schiude un mondo in cui ci si trova a costruire build improbabili ma di una potenza disarmante, in grado di distruggere con facilità boss che fino a poco prima sembravano invalicabili. Si tratta chiaramente di un approccio al gioco di ruolo diverso, ma certamente divertente e da scoprire per chi è abituato ai JRPG che non forzano il giocatore a studiare davvero ogni meccanica, permettendogli di concentrarsi sulla storia.
Quello che invece mi ha lasciato un po’ indifferente è esattamente ciò che mi colpì dei primi capitoli per 3DS, ovvero l’aspetto artistico. Non ci troviamo assolutamente di fronte a un gioco brutto da vedere, ma si sente la mancanza di Yoshida al character design e gli splendidi fondali delle città disegnati a mano risentono un po’ delle possibilità grafiche di Switch. Le locations così realizzate sono inoltre un po’ pochine, e non hanno l’ispirazione che rendeva unici alcuni scorci dei capitoli per 3DS nonostante rimangano comunque eccellenti. Lo stacco tra queste e gli ambienti tridimensionali è comunque abbastanza traumatico, dal momento che questi ultimi hanno veramente poco di memorabile.
Problemi minori sicuramente, ma non del tutto ininfluenti quando si guarda al passato e si pensa a ciò che Bravely Default 2 sarebbe potuto essere con poco di più.
Nonostante questo è chiaro che ci troviamo di fronte a un prodotto meritevole, con un gameplay solidissimo che da solo riesce a tenere occupati per diverse ore tanto è stratificato e stimolante. Sarebbe stato bello avere qualcosa in più sotto il profilo artistico e tecnico, e certamente anche una storia un po’ più coinvolgente non avrebbe guastato, ma è impossibile negare che Bravely Default 2 sia un ottimo JRPG vecchia maniera che merita l’attenzione di chiunque ami il genere o sia un po’ nostalgico dei primissimi anni ’90.