Un romanzo giallo che strizza l’occhio ai migliori polizieschi della TV
Una misteriosa scia di morti. Un detective che corre sui carboni ardenti, un misterioso black-out che avvolge New York e un ritorno alle origini per gli amanti di Stranger Things. Questi, e molti altri, sono gli elementi che contraddistinguono l’ultima fatica di Adam Christopher per Sperling & Kupfer: Buio sulla città.
Mettendo da parte, seppur brevemente, qualsiasi digressione e approfondimento sul genere affrontato da Christopher per poter narrare la vita dello sceriffo di Hawkins, bisogna analizzare in primis la caratterizzazione dei personaggi, in particolare quella del protagonista..
Infatti, quello che salta immediatamente all’occhio del lettore, nonché appassionato della serie tv Netflix partorita dal genio dei fratelli Duffer, è la fedeltà della rappresentazione cartacea di Jim Hopper. Tutto quello che fa e dice, durante la lettura delle 383 pagine del romanzo, riesce incredibilmente a creare delle immagini di David Harbour.
Il suo umorismo, il suo carattere burbero, l’essere iperprotettivo con i suoi cari, il non aver paura di fare la cosa giusta, sono gli elementi chiave per la costruzione del personaggio, ed è in questo che Christopher riesce al 100%.
Hopper, intento a raccontare a Undici la sua avventura vissuta negli anni ’70, quando era un membro della omicidi di New York, trasuda dei particolari che hanno sempre caratterizzato i protagonisti dei format polizieschi sin dagli anni ’60.
A metà tra un noir di Jean-Claude Izzo, e un Beverly Hills cop di Martin Brest, Buio sulla città ci permette di addentrarci in un genere da sempre amato dal pubblico italiano.
Il detective scontroso, burbero e solitario che lotta contro il sistema, pronto a mettere a repentaglio sé stesso pur di ottenere la verità. Un cliché trito e ritrito, è vero, ma fa anche questo parte della narrazione seriale di questi anni, ed è il filo invisibile fondamentale per poter collegare, in un modo o nell’altro, Rust Chole e Rocco Schiavone, Wayne Hays e Montalbano, il Tenente Colombo e Jim Hopper.
La narrazione di Buio sulla Città è fluida e riesce a mantenere sempre viva l’attenzione del lettore, seppur in alcuni capitoli si dilunghi esageratamente sulla descrizione della vita di Hopper, e sui suoi flussi di coscienza.
Interessante anche la scelta di voler spezzare il ritmo, semplicemente per far rifiatare il lettore e, se necessario, fargli riaffiorare piacevoli ricordi provenienti dalla TV, ritornando al presente e mostrandoci Jim e Undici intenti a parlare mentre mangiano in cucina o bevono qualcosa sul divano.
Anche in questo caso ci viene mostrato il lato umano e vulnerabile di Hopper. Un uomo che combatte la sua personale battaglia contro il mondo, pur di mantenere al sicuro le persone che ama.
Un “paladino con molte macchie” che prosegue dritto per le strade afose ed umide di una New York estiva vista dagli occhiali di Refn.
Lo spaccato della realtà suburbana diurna si mescola perfettamente con le attività illegali nascoste dalla notte, e Hopper, infiltrato in una delle gang più temibili della città, si ritroverà ad indagare su qualcosa che è ben più grande di un semplice serial killer.
La risoluzione finale del romanzo di Christopher, nonostante un’iniziale, e a tratti affannosa, salita, ci porta ad un rush finale avvincente ed emozionante, che farà divorare al lettore pagina dopo pagina. Il ritmo si incalza non appena il nostro detective, accompagnato dalla collega Rosario, riuscirà a snodare l’intricato mistero alla base degli omicidi, donando al romanzo nuova linfa vitale, e rendendo non vano il sacrificio iniziale fatto da chi legge.
Il romanzo di Christopher è il punto d’incontro tra gli amanti del genere thriller e di tutti quelli cresciuti con Hunter
Buio sulla città, come già detto, ma è bene ribadirlo, ci rimanda costantemente degli input a Stranger Things, che non possiamo non nominare, rendendo impossibile trattenere le emozioni alla lettura delle pagine finali. Undici guida costantemente, seppur silenziosamente, Hopper durante la narrazione, e palesa la propria presenza ogni volta che ci servirà conforto e quiete.
Un momento di riappacificazione con il mondo e con sé stesso, come è sempre stato fatto durante le produzioni seriali di Hollywood. Un attimo di stacco a favore del detective protagonista, ottenuto dal soccorso miracoloso di una figura familiare che salva e rende integra la sua quotidianità.
Un afflato di umanità che rischiara la nebbia dei mali che attanagli la mente dell’eroe solitario.
Buio sulla città, in sostanza, è una piacevole scoperta, nel panorama letterario di Stranger Things. Una creatura che trae costantemente ispirazione dalla gorgogliante e nera pozza di ispirazione del noir, per riversare su Hopper tutte le caratteristiche tali da renderlo un perfetto protagonista di un racconto poliziesco. Un’opera che senza alcun dubbio troverà i favori degli appassionati della serie Netflix, ma anche i tantissimi cresciuti con Tom Selleck in Magnum P.I.