Perdere se stessi al tempo di internet
Primo lungometraggio di finzione diretto da Daniel Goldhaber, Cam racconta un terrificante episodio della vita di Alice.
Camgirl di professione, sotto il falso nome di Lola, il personaggio interpretato da Madeline Brewer (The Handmaid’s Tale, Orange Is the New Black) cerca di sfondare in questo mondo competitivo organizzando spettacoli sorprendenti e accattivandosi gli spettatori dalle tasche bucate. Fuori dal web, Alice vive invece una vita normale, quasi opposta a come si presenta al suo pubblico. La vediamo infatti sempre struccata e poco attenta a ciò che indossa mentre si altalena tra vari impegni con la madre e il fratello minore, unico a conoscere il suo vero lavoro. Appare chiaro sin da subito che l’intento del regista è quello di mostrarci un personaggio separato in due diverse metà, Alice di giorno e Lola di notte.
Due come le anime del film che, giunto circa metà della narrazione, spiazza lo spettatore trasformandosi un thriller psicologico, in cui le varie ragazze sfruttano l’influenza che hanno sul proprio pubblico adulante per danneggiarsi l’un l’altra, in una storia dalle tinte horror. Complice di questa svolta è la scoperta da parte di Alice di una persona a lei identica che le ha rubato l’identità sul web e che continua la sua carriera come camgirl, ottenendo addirittura più consensi dell’originale.
Poche sono le figure che orbitano intorno alla protagonista e, a causa del ristretto minutaggio a loro dedicato, non vi è neanche il tempo materiale per affezionarsi ad una sola di queste. Macchiette relegate in secondo piano, la loro assenza sembra voluta per concentrare ancora di più l’attenzione sul dualismo Alice/Lola che attanaglia la protagonista. Fortunatamente la già citata Brewer è maestra nell’interpretare i due ruoli in maniera talmente diversa da farle sembrare realmente entità divise.
A livello tecnico Cam non eccelle in nessun campo ma si mantiene su un buon livello senza mai sforare, un compitino svolto senza infamia e senza lode. La regia di Goldhaber permette che il film scorra fluido e in modo abbastanza godibile, mostrando anche una certa intraprendenza nella costruzione della sequenza finale.
Lo script ha invece il pregio di saper rappresentare un mondo controverso come quello delle camgirl con occhio oggettivo, merito della sceneggiatrice Isa Mazzei che ha lavorato in questo stesso ambiente e che quindi si trova a suo agio nel raccontarne i retroscena.
La storia, che a conti fatti reinterpreta in modo contemporaneo l’idea della maschera, avrebbe però funzionato allo stesso modo se la protagonista fosse stata una comune streamer o youtuber a caccia di follower. Le modalità sono le stesse e non vi è differenza tra le varie “regioni” di internet se alla fine ci si riduce a fare la guerra pur di superare i numeri degli altri.
Nonostante sia da lodare l’impegno e la cura posta in questa prima opera, il lavoro congiunto della sceneggiatura e delle scelte registiche non è in grado di gestire coerentemente tutto il film. Ad una prima parte decisamente lenta e ridondante segue una seconda metà in cui ci si ritrova ad affrontare una quantità esagerata di informazioni ed eventi che risultano in un groviglio troppo stretto per essere sciolto.
Il finale nato dalla tanta carne al fuoco non è infatti soddisfacente e penalizza pesantemente Cam nella sua interezza, lasciando fin troppi quesiti senza risposta.
Verdetto
Cam non è un film brutto, ma non ha neanche le carte in tavola per essere poco più che un passatempo serale. La struttura che viene lentamente costruita crolla come un castello di carte quando diviene talmente assurda da perdere credibilità e si risolve in un nulla di fatto che lascia un sapore amaro in bocca. Gli eventi volutamente lasciati senza spiegazione non aiutano a mantenere l’alone di mistero tipico di questi film, ma sembra invece una facile scappatoia per non dover giustificare eventi incomprensibili. Cercando una via di mezzo tra il thriller e l’horror, Cam arriva sfortunatamente a dare veramente poco in entrambi i generi.
Se vi è piaciuto Cam…
Provate a dare un occhio al film Unfriended, soprattutto se avete preferito la seconda metà del film più incentrata sull’horror. Se invece avete gradito maggiormente le dinamiche da thriller psicologico vi consigliamo il lavoro di Nicolas Winding Refn The Neon Demon, di cui trovate la nostra recensione qui.