Le buone maniere degli anni ’90
I picchiaduro a scorrimento furono uno dei generi più celebri negli anni ’90, soprattutto nel panorama delle sale giochi. Creati per essere un divertimento immediato e assuefacente, questititoli che facevano delle mazzate infinite il loro focus ludico, spillavano a tutti i frequentatori dei cabinati decine di preziose monetine con il loro livello di sfida a dir poco impegnativo e un ritmo forsennato, quasi da spellarsi i polpastrelli. L’avvento del gaming casalingo, della grafica 3D, e l’evoluzione dei giochi d’azione ha causato la scomparsa completa di questo genere.
Capcom era, insieme a Konami, uno dei maggiori produttori di questi titoli. Non certo nuova alla pubblicazione di collection contenente grandi classici della propria storia, la casa di Osaka ha deciso di dare la possibilità ai nostalgici di rimettere le mani su alcuni dei più significativi picchiaduro a scorrimento firmati da loro, e perché no, di far scoprire a tutti i giocatori più giovani una genere che ebbe un ruolo molto importante nella storia dei videogiochi.
Capcom Beat-em up Bundle presenta 7 titoli nello specifico: Final Fight (1989), The King of Dragon (1991), Captain Commando (1991), Knights of the Round (1992), Warriors of Fate (1992), Armored Warriors (1994) e Battle Circuit (1997). Ogni titolo è riprodotto nella sua versione arcade perfect. Se nel caso di Final Fight abbiamo già avuto modo di giocarlo in questa fedelissima edizione già in precedenti collection, per altri giochi si tratta della prima conversione decente su sistemi casalinghi, se non addirittura della prima conversione in assoluto. Giocare Captain Commando a casa, salvo utilizzare emulatori, era fino a oggi un miraggio, visto che esisteva solo una versione piuttosto scadente per Super Nintendo. Abbiamo quindi tutti i giochi nel loro massimo splendore, tutti titoli che ancora oggi sono veramente divertenti da giocare, un pacchetto che considerato il prezzo di 20 euro, vale la pena considerare. Certo, se uno considera quanti picchiaduro validi a scorrimento sono stati sviluppati nell’epoca d’oro dei cabinati, si potrebbe pensare che in questa collection manca moltissima roba, ma d’altro canto parecchi di essi erano sviluppati da software house diverse, come Konami.
A dire il vero, ci sono alcuni grandissimi beat’em up di Capcom non presenti: Alien vs Predator, Cadillacs and Dinosaurs e The Punisher. Ma non può essere che tutti questi grandi assenti fossero titoli su licenza, evidentemente la loro mancanza deriva da dei diritti sui rispettivi marchi ormai scaduti. Se infine si considera che alcuni seguiti furono esclusivo appannaggio delle console, come Final Fight 2 e 3, e volendo essere questa una collection esclusivamente di giochi arcade, beh viene facile comprendere che tutto considerato la rosa di titoli presente in Capcom Beat-em up Bundle è abbastanza giustificata.
Ma più ancora che una serie di titoli sempre divertente da giocare, soprattutto in compagnia, questa rappresenta una vera e proprio antologia enciclopedica dell’evoluzione del genere, partito con la sua struttura basilare con il primo Final Fight sviluppato con la scheda CPS1 ed evoluto in seguito negli anni cercando di inserire sempre qualche innovazione alle meccaniche di gioco, pompando al contempo il lato tecnico, grazie alla leggendaria scheda CPS2, considerata la matrice della migliore grafica 2D dell’epoca. Allo “scheletrico” layout attacco+salto+mossa speciale, abbiamo in questa collection tutte le possibili derivazioni della formula studiate da Capcom negli anni. Con The King of Dragons e Knights of Round veniva introdotta una variabile gdristica, con il primo focalizzato sul level up, che permetteva addirittura un cambio di vestiario in game a seconda del grado raggiunto (caratteristica per l’epoca notevole) e il secondo che offriva un gameplay basato su classi molto differenti tra loro, tra cui arciere, mago e chierico, con tanto di equipaggiamento personalizzato da sviluppare. Una fusione di generi che porterà in seguito al Dungeons and Dragons sempre di Capcom e che influenzerà anche opere più recenti come Dragon’s Crown di Vanillaware. Captain Commando invece ritorna in un certo modo alle origini con un gameplay più classico ma introduce un concept piuttosto stravagante e l’aggiunta di una mossa unica per ogni personaggio. Si tratta sicuramente di uno dei picchiaduro a scorrimento più apprezzati di sempre. I restanti titolo potrebbero essere per molti una vera e propria novità in quanto furono scarsamente diffusi in Occidente. Warriors of Fate sfruttava praticamente qualsiasi novità introdotta negli anni dal genere, con armi da raccogliere, cavalcature e un moveset piuttosto ricco per gli standard, inoltre presentava uno scenario cinese originale e suggestivo, quello del Romanzo dei Tre Regni.
Con Armored Warriors e Battle Circuit si cercarono espedienti per tenere vivo un genere ormai agli sgoccioli. Il primo, davvero interessante, oltre ad una grafica che sostanzialmente risultava il non plus ultra, con sprite giganti, complessi, e mille effetti a schermo, ci metteva nei panni di un manipolo di robottoni con interessanti meccaniche di gamelay. Era infatti possibile cambiare pezzi del proprio robot per avere attacchi diversi o beneficiare di una mobilità più estesa. Interessante anche il fatto di potersi unire in un unico blindato con altri giocatori e controllarlo insieme gestendo ognuno un arto diverso dello stesso. Battle Circuit, ultimo sussulto di una tipologia di giochi che ahimé, non hanno più trovato un modo di evolversi nella modernità dell’industria videoludica. il titolo del 1997 aggiungeva alla ormai rodatissima struttura di gioco, oltre una rosa di personaggi bizzarra a dir poco, un upgrade dei personaggi alla fine di ogni livello che quasi ci aspetteremmo in un prodotto casalingo e non certo su cabinato. Spendendo delle monete era infatti possibile comprare nuove mosse e abilità.
Insomma, la varietà per quel che concerne le possibilità del genere ovviamente, di certo non manca in questo pacchetto. Quello che manca invece è un po’ di cura per il contorno. Abbiamo apprezzato la galleria di bozzetti e materiale illustrativo per ogni gioco, in quanto probabilmente include tutto ciò che il tempo ha preservato negli archivi di Capcom, ma è comunque un po’ pochino. Avremmo gradito magari qualche filmato, qualche documento da leggere sulla genesi dei giochi, insomma qualcosa di più. Irrimediabilmente insufficienti sono invece le opzioni per personalizzare i titoli. Non è possibile limitare i crediti né scegliere i livelli; c’è solo un selettore della difficoltà e del punteggio bonus per ricevere vita extra. La cosa grave però è che manca qualsiasi opzione grafica, scordatevi quindi di poter selezionare un filtro per abbellire l’immagine. Un vero peccato visto che quelli che rendevano l’immagine simile alla visualizzazione su CRT o monitor da sala erano decisamente gradevoli. Non si spiega poi perché lasciare una simile lacuna e invece proporre il selettore regionale per i vari giochi, in cui è possibile alternare le versioni occidentali o giapponesi dei titoli che a conti fatti presentano veramente poche differenze.
Una caratteristica che però risolleva il valore contenutistico del bundle è il gioco online, piuttosto ben gestito. È infatti possibile creare o scegliere una partita già in corso di un qualsiasi gioco oppure una lobby in cui unirsi o aspettare dei giocatori per cominciare insieme un determinato titolo. Molto figo cominciare una partita aperta e aspettare che qualcuno entri in partita, come succedeva in sala giochi quando qualcuno veniva a darti man forte inserendo il gettone nei momenti più imprevisti. Tutto sommato niente male.
Verdetto
A conti fatti Capcom Beat’em up Bundle vale i 20 euro che costa. Se si escludono i titoli che presumibilmente non potevano essere inseriti per questioni legali, si tratta del pacchetto più completo che potreste sperare di avere. Inutile soffermarsi ulteriormente sull’importante retaggio culturale e storico di queste perle del passato, vi diciamo solo che ogni titolo presente è ancora divertente da giocare, certo se si scende a patti con il fatto che il game design era pensato per spillare gettoni su gettoni, e quindi molto spesso può sembrare di trovarsi di fronte a titoli troppo severi e poco “onesti” con il giocatore. Ma faceva parte del fascino “casinista” del genere. Consigliato sicuramente a tutti, soprattutto a chi ha intenzione di giocarci online (sui nostri test abbastanza solido salvo rare eccezioni) o sul divano con gli amici. Certo, si poteva fare sicuramente molto di più per confezionare meglio il prodotto. Più extra, più opzioni grafiche e magari qualche obiettivo speciale con ricompensa per dar senso alle partite, sarebbe stato uno sforzo lodevole. In fondo bastava riproporre da questo punto di vista il lavoro fatto su un pacchetto della scorsa generazione: Final Fight Double Impact. Pazienza. Capcom Beat’em up Bundle rimane comunque una raccolta di titoli imprescindibile per tutti gli appassionati di giochi arcade.