La forza di non saper fare nulla…
La prima domanda che ci vogliamo porre è: esattamente, che diavolo è Toad? Se vi sforzate un po’ vi ricorderete di lui perché era colui che alla fine di un livello, mentre ancora stringevamo convulsamente il pad sudato nelle mani, ci diceva molto laconicamente, quasi sorridendo beffardo: ‘Mi spiace, Mario, ti sarai fatto il culo, ma la Principessa è in un altro castello…’. (sottotesto: Mario, sei una minchia…) Con queste premesse, appare chiaro e comprensibile il comportamento toadicida di molti giocatori.
Toad però sta per avere il suo momento di gloria, complice Mamma Nintendo che ha deciso di mettere in piedi uno spin off di Super Mario 3D World a uso e consumo di tutti noi videogiocatori.
[youtube url=”http://youtu.be/32nV2PKIv5Y” autohide=”2″ fs=”1″ hd=”1″]
Il Re del Nulla
Toad è un funghetto antropomorfo con la passione nascosta per la caccia al tesoro. Questa sua passione era così nascosta che l’abbiamo scoperta praticamente l’anno scorso grazie ad alcuni divertenti livelli di Super Mario 3D World che lo vedevano protagonista. Ve ne era uno per ogni mondo di gioco e garantiva un sano quarto d’ora lontano dalla frenesia del platform, passato a ragionare su come far proseguire il povero miceto fino alla tanto agognata stella verde.
Il bello di quei livelli stava tutto nel suo eroe e protagonista. Toad infatti era ed è la funghificazione della nullità videoludica. Immaginate i tanti protagonisti dei videogame a cui avete giocato e vederete che tutti, nel bene e nel male sono strafichi e riescono a far qualcosa, hanno una abilità che li caratterizza e li valorizza. Persino Mr Game And Watch che era solo un mucchio di cristalli liquidi coagulati aveva le sue mossette (e in Smash Bros lo abbiamo visto fin troppo bene). Con Toad invece tutto questo viene accantonato in favore di una scelta molto più radicale. Infatti Toad non sa fare niente. Ma davvero, a parte raccogliere le rape e lanciarle in giro per il livello, il piccoletto si limita a camminare. Non corre, non salta, non nuota, non combatte come un vero uomo, non indossa armature e non imbraccia armi… Sta lì indifeso circondato dai più crudeli nemici (i Tipi Timidi sono ricercati in tutto il mondo per le loro angherie silenziose) e aspetta solo una cosa: che qualcuno lo guidi verso l’uscita… Poverino.
In questo senso possiamo prendere Toad come il protagonista in cui meno ci identificheremmo, tanto è insulso. Però, ribaltiamo la situazione e vediamo il tutto da un’altra prospettiva. Toad è talmente inetto che riuscire a superare i livelli indenni diventa automaticamente tutto merito indiscusso del videogiocatore che c’è dietro il pad. Questa piccola rivelazione vi farà rivalutare l’inutilità del protagonista, perché per una questione di bilanciamento, il vero dio del gioco diventa appunto il videogiocatore, senza nessun ammennicolo come superfucili, costumi da gatto e Big Fragging Gun varie… Avere davanti a voi Toad vi farà sentire i veri dominatori del videogame, perché senza l’uso sapiente del vostro pollice opponibile, quel fungo allucinato non sarebbe neanche arrivato alla porta di casa… Bravi!
Ambiente ostile
Per tornare all’argomento principale, Captain Toad Treasure Tracker è un puzzle game puro e semplice (relativamente), dove lo scopo è quello di guidare Toad fino alla stella dorata, raccogliendo nel frattempo i diamanti nascosti e le monete d’oro. La formula è la stessa che già avevamo assaporato ai tempi di Super Mario 3D World con qualche aggiunta e un bel po’ di fantasia nel level design.
La parte puzzle del gioco sta tutta nel perfetto connubio tra ambiente tridimensionale e sua esplorazione. La cosa bella è che l’esplorazione è tutta in mano all’utente, nel senso che bisogna davvero ruotare la telecamera, cambiare prospettiva e spiare in ogni anfratto per riuscire a scovare tutti i segreti.
Il gameplay è facile facile e immediato. Ci troviamo di fronte a una piccola costruzione su più livelli su cui si muovono i nemici, irta di trappole e piena di tesori. Il ruolo di Toad è quello di raccogliere tutto il possibile senza lasciarci le penne e arrivare alla stella dorata, di solito posta in luoghi impervi e difficilmente raggiungibili. Il ruolo del videogiocatore è quello di capire come svolgere tutti questi compiti e arrivare alla fine del livello. L’unico vero alleato che si ha è lo stick destro del gamepad, quello che ci permette di ruotare la telecamera e modificare gli angoli di visuale. Il gioco infatti ruota (è proprio il caso di dirlo) tutto su quanto attentamente guardiamo lo schermo e scrutiamo ogni singolo anfratto del livello. Spesso quello che sembra una normale roccia è invece un’alcova dove si cela un diamante o un cumulo di monete o tutti e due… Quindi: prima cosa da fare: spiare e ruotare, ruotare e spiare…
Per fortuna, il gioco non è solo un ‘gioco di sguardi’. Esiste una parte pratica ed è quella di condurre il povero Toad da una parte all’altra del livello. Toad non è in grado di fare niente se non camminare, a causa di uno zaino pesantissimo che lo tiene inchiodato a terra e anche perché non ha le gambe, ma solo un paio di piedi goffi. Certo, Rayman, che anche lui non ha gambe né collo, riesce a saltare e prendere a pugni chiunque… però è francese e questo spiega tante altre cose…
Tornando al nostro piccolo funghetto, è in grado anche di sradicare rape dal suolo e lanciarle verso i suoi nemici e di lanciarsi a peso morto da una piattaforma a quella sottostante e affondare nell’acqua senza possibilità di nuotare. Master of Agility!
Finora abbiamo visto come il gameplay si basa solo sull’utilizzo dei due stick e di un tasto. Ma non è finita qui. Alla Nintendo adorano il loro paddone e cercano in ogni maniera di coinvolgerlo nella giocabilità dei loro titoli. In questo caso, il touchscreen del gamepad è sfruttato per bloccare i nemici con un tap, per ruotare delle manopole, per spostare alcune piattaforme (sempre con un tap) e per scoprire le monete nascoste. Spesso queste attività di tapping sono svolte in concomitanza con la normale attività videoludica stick-mediata, obbligando il videogiocatore a momenti di puro multitasking: basti pensare che ci sono dei frangenti in cui bisogna ruotare forsennatamente il dito sul touch screen per ruotare degli enormi scivoli e riorientarli in maniera consona, mentre dei maledetti uccelli molesti volano sulle nostre teste pronti a piombarci addosso alla prima distrazione. E se a tutto questo aggiungessimo che talvolta bisogna avere a che fare anche con fiumi di lava, gas tossici, folate di vento e mummie impazzite? Beh, capirete perfettamente che il gioco è abbastanza vario.
È questa una cosa estremamente importante: nonostante il concept sia di una semplicità disarmante, il level design e la costruzione delle arene sono magistrali. Non parliamo della grandezza ma di come tutti i singoli particolari siano perfettamente collegati per corroborare una giocabilità comunque precisa come un orologio svizzero. Spesso i programmatori giocano con l’utente a chi ha l’occhio più fine e lo sguardo più acuto, nascondendo i segreti in modo intelligente e mai troppo scontato.
Di tanto in tanto, dopo un po’ di livelli ‘classici’, saremo chiamati a combattere contro un boss, un drago o un uccello gigante. Purtroppo, in questi frangenti, il gioco, per quanto divertente, non dà il massimo di sé. All’inizio vi confesso che non riuscivo a capire cosa ci fosse di stonato. Forse era una certa monotonia nei livelli dei boss o forse il fatto che erano spesso tanto arzigogolati che la telecamera spesso andava un po’ a cazzo (forse anche per colpa mia…), ma poi dopo un po’ di partite, ho capito cosa mi aveva lasciato perplesso. Il passo di gioco.
Mi spiego: Treasure Tracker è un gioco quasi indolente, rilassato, dal ritmo cadenzato e senza la frenesia dei titoli di Mario. È un gioco da giocare tranquillamente stesi sul divano con il paddone in mano, non come quei titoli che ci impongono di stare seduti in punta di culo sul bordo della sedia, con le mani strette convulsamente sul joypad, lo sguardo rigido per la concentrazione. Ed è proprio questo il bello di questo giochino: il suo essere completamente controcorrente, rappresentante del ‘gioco per stare tranquilli’, tanto che anche perdere una moneta o un diamante non porta a nessuna manifestazione di frustrazione videoludica tipica (ruggiti, lunghe frasi che se pronunciate al contrario sono le canzoni degli Squallor tradotte in yiddish e altre cose tipiche che è meglio non ricordare). Treasure tracker è a tutti gli effetti un gioco zen. E lo amiamo per questo.
Nelle boss fight invece il passo è completamente diverso. La presenza di questa entità nemica ci incalza e ci fa diventare frenetici ed elettrici, cercando di fare mille cose contemporaneamente, schivando di tutto e odiando il movimento lento del maledettissimo fungo bianco e rosso (o bianco e viola se state usando la compagna Toadette…). Tutta la vera magia del gioco viene vagamente alterata; non che sia una cosa del tutto orribile, ma un po’ trascende il vero senso dell’intero titolo, che fa della tranquillità il suo cavallo di battaglia.
Una libreria di videogiochi
A questo punto, vi starete chiedendo: perché facciamo tutto questo?
In Captain Toad, non esiste una vera e propria storyline. O meglio, c’è un cliché abusatissimo che fa un po’ da collante alle varie avventure: salvare uno dei personaggi che è stato rapito da un malvagio uccello gigante ghiotto collezionista di stelle. Beh, insomma, niente di stravolgente o originale. Peccato. Forse aggiungere un po’ più di profondità e una vera trama, sarebbe stato un tantino più illuminante, magari mettendoci dentro camei dei vari Luigi o Mario, o la Principessa Peach, giusto per divertimento…
Un’altra scelta narrativa di Nintendo mi ha lasciato francamente perplesso: l’avventura è organizzata in tre libri (Capitolo Primo, Secondo e Terzo, più un Bonus) e ciascun livello corrisponde a una pagina del libro. Non c’è una mappa, non c’è un percorso che giustifichi i cambi di scenario o un macromondo che faccia appassionare il giocatore nella ricerca dell’amico rapito. Sembra più un accozzaglia di (ottimi) livelli, impilati uno appresso all’altro e divisi in tre gruppi più per dovere che per necessità. Non che questo rovini il gioco in qualche modo, ma più che altro ne tradisce la vera genesi: uno spin off che (secondo me) nasceva come DLC per Super Mario 3D Land e poi convertito in un titolo a se stante. La sovrastruttura videoludica (i menu, gli ammenicoli che trainano la storia, la storia stessa, le opzioni) è ridotta all’osso, quasi inesistente: si accende la Wii U e si gioca. Punto.
[carousel arrows=”display”]
[panel][/panel]
[panel][/panel]
[panel][/panel]
[panel][/panel]
[/carousel]
Le gioie dell’arobaleno
La realizzazione tecnica di Captain Toad Treasure Tracker è figlia illegittima di Super Mario 3D World. Stessa palette di colori, stesso character design e stessa cura dei particolari. I colori sono saturi e sgargianti, tutta la realizzazione mette allegria e le ambientazioni riprese dal gioco padre sono ber ricreate. In alcuni bonus, poi, c’è la riproposizione dei livelli di Super Mario 3D World appositamente rimaneggiati per giocarci con Toad, come piccolo richiamo al gioco che ha dato i natali a questo spin off.
I livelli sono in un numero congruo, circa una settantina, e alcuni, gli ultimi, quelli bonus, sono abbastanza tosti. Inoltre ogni livello ha un obiettivo seminascosto, nel senso che la prima volta che si affronta la sfida, l’obiettivo nascosto è sconosciuto e viene rivelato durante il ‘ripasso’ dei livelli. Quindi per terminare ciascun livello al 100% è necessario raccogliere tutti i diamanti, la stella e soddisfare questo obiettivo che varia dal non essere mai colpiti, al raccogliere un certo numero di monete o determinati item.
Il gioco quindi ha abbastanza da offrire e la sua struttura avulsa da ogni contesto narrativo fa pensare che forse Nintendo potrebbe rilasciare pacchetti aggiuntivi in un futuro e se il trattamento sarà simile a quello visto per Super Mario Kart, allora non possiamo far altro che essere impazienti…