Captain Tsubasa: Rise of New Champions si ferma a un passo dalla vittoria in cui avevamo sperato tutti
Erano anni che aspettavo un gioco come Captain Tsubasa: Rise of New Champions. Tutti noi abbiamo un cartone animato con il quale eravamo ossessionati da piccoli. C’è chi sognava di combattere le ingiustizie come Lady Oscar, chi si appassionava a questioni romantiche con Piccoli problemi di cuore, e chi ha scoperto un’inaspettata passione per la pallavolo con Mila e Shiro. Io, come tanti altri figli degli anni ’80, non riuscivo a staccarmi da Captain Tsubasa, o come siamo abituati a chiamarlo in Italia, Holly e Benji.
Quei campi da calcio chilometrici, quelle acrobazie inconcepibili, quelle puntate interminabili e tutti i difetti del cartone su cui ancora oggi si costruiscono meme, nella mia ingenuità di bambino appassionato di calcio non mi davano affatto fastidio, e tutt’ora per me l’anime tratto dal manga di Yoichi Takahashi è una storia molto più profonda di quello che si pensi.
Negli anni ho comprato orgogliosamente qualsiasi prodotto relativo al cartone: dalla maglietta della New Team con la quale ho calcato i campi da calcetto finché non mi è più entrata, al gioco da tavolo, bruttissimo, con il quale ero sempre l’unico a voler giocare. Dall’album delle figurine al videogioco in giapponese su PS1, giocato rigorosamente a caso perché, ovviamente, non capivo nulla di quello che c’era scritto.
La popolarità di Holly e Benji però era come se rimanesse ancorata alla mia generazione, e forse a quella precedente: più andavano avanti gli anni, più i ragazzi se ne distaccavano, complici anche alcune riedizioni dell’anime non troppo indovinate, e a guardarlo eravamo rimasti quasi solo noi, che anche passati i venti, o i venticinque anni, continuavamo a restare incollati davanti alla TV ogni volta che andavano in onda da qualche parte le vecchie serie.
Finalmente i nostri eroi stanno vivendo la seconda giovinezza che tanto meritavano: Klab ha prodotto un mobile game che vanta ora oltre 15 milioni di download, preludio a un reboot dell’anime finalmente fatto bene, e con la supervisione di Takahashi stesso, che ha avuto un discreto successo anche in Italia, nonostante la sterile polemica sui nomi originali presenti ora anche nella versione andata in onda nel nostro paese, e che dunque hanno eliminato una volta per tutte gli Oliver Hutton, Mark Lenders e Benji Price in favore di Tsubasa Ozora, Kojiro Hyuga e Genzo Wakabayashi.
Quando ho saputo dell’annuncio di Captain Tsubasa: Rise of New Champions dunque, non stavo più nella pelle. Da adoratore della storia non vedevo l’ora di giocare finalmente quello che fin dal primo video sembrava esattamente quello di cui i fanboy come me avessero bisogno: un gioco che ci permettesse di ripercorrere la storia che tanto abbiamo apprezzato, ma con un gameplay che ricordasse un classico gioco di calcio, piuttosto che il gacha con grafica inesistente, seppur nel complesso anche ben fatto, come il mobile game di cui sopra.
Calcio d’inizio
Avviando il gioco la primissima impressione è di estasi totale: Captain Tsubasa: Rise of New Champions ha dalla sua diverse scelte indubbiamente indovinate. La prima scena, in prima persona, con Tsubasa che ti carica prima di entrare in campo con la maglia del Giappone, è da brividi. Il gioco ti catapulta subito nella finale dei mondiali giovanili contro la Germania, facendoti anche segnare il primo gol, prima di tornare indietro con un flashback alla trama vera e propria.
La voce narrante racconta l’inizio della storia: il trasferimento di Tsubasa in città, l’amicizia con Ryo Ishizaki (Bruce Harper), la sfida con Genzo Wakabayashi (Benji Price), l’incontro con la star brasiliana Roberto Hongo (Roberto Sedinho), il torneo delle elementari in cui si sviluppa la rivalità con Kojiro Hyuga (Mark Lenders).
Poi, tocca a noi. Ed è purtroppo già lì che il bellissimo sogno che si stava rivelando il gioco fino a questo momento, ti costringe ad un brusco risveglio con alcune scelte da parte degli sviluppatori che davvero fatichiamo a comprendere.
Alla conquista del terzo titolo
Partiamo dall’inizio: ci sono due modalità principali in Captain Tsubasa: Rise of New Champions. La prima si chiama “Episodio Tsubasa”, che in soldoni fa ripercorrere al giocatore la storia del cartoon, guidando la Nankatsu (New Team) nel torneo delle medie, con l’obiettivo di agguantare la terza vittoria consecutiva, prima del trasferimento di Tsubasa in Brasile.
La seconda modalità si chiama “Episodio New Hero”, ma ci torneremo dopo, perché è stesso il gioco a consigliare di partire dal Episodio Tsubasa, per farti prendere confidenza col gioco prima di iniziare a fare sul serio.
La storia della Nankatsu però, si rivela sostanzialmente un gigantesco tutorial. Prima di ogni partita, il gioco sblocca una caratteristica nuova, che sia un dribbling speciale, un tipo di contrasto o intercettazione, o il famoso Tiro Guidato di Tsubasa, che prima non era possibile utilizzare in partita, dando dunque la sensazione di partire col freno a mano tirato, soprattutto nelle fasi iniziali del torneo.
Inoltre, proprio per riportare la storia alla perfezione, alcuni momenti del cartone sono ricreati con momenti scriptati all’interno della partita, che il giocatore può attivare più o meno consapevolmente. Nell’anime ad esempio, al calcio d’inizio della partita tra Nankatsu e Toho, Hyuga tira una cannonata da centrocampo che si stampa sul palo, bucando il pallone. Questo momento è ricreato pari pari nel gioco, per cui quando giocherete la partita contro la Toho, è come se anziché iniziare la partita col calcio d’inizio della squadra di Hyuga, la iniziaste con un rinvio dal fondo per voi.
Se questa cosa può risultare in alcuni casi innocua (il caso precedente non è una tragedia in fondo), in altri casi influisce direttamente sul risultato della partita: al primo contrasto contro Jito nella partita tra Nankatsu e Hirado, si innesca un evento scriptato che regala un gol alla Hirado, facendovi partire in svantaggio, in pratica.
In altri casi, questi eventi saranno invece a favore vostro, un’eventualità persino peggiore, perché le partite contro la CPU sono di una facilità spesso imbarazzante, per cui ci si ritrova a giocare con poche mosse speciali a disposizione (che poi sono il cuore del gioco), con eventi scriptati ad incidere sul risultato, e contro un avversario assolutamente non all’altezza.
Completare questa modalità, richiede comunque il suo tempo, perché oltre alle partite assisteremo all’intera storia come una sorta di visual novel. Il che da un lato è indubbiamente bello, perché al netto di alcune animazioni un po’ raffazzonate, e di una grafica non sempre all’altezza, in fondo è anche per questo che siamo qui: per rivivere la storia che amiamo. Dall’altro lato però, ci si ritrova a doversi sciroppare per una decina di ore tra tutorial, partite e storia, una modalità che dal punto di vista ludico regala ben poco divertimento.
C’è un nuovo sfidante in città
Completato questo mezzo supplizio, si passa al gioco vero e proprio, con l’Episodio New Hero che, va detto, è sicuramente più divertente. Si crea il proprio avatar con un editor anche piuttosto soddisfacente (è possibile anche sbloccare gratuitamente alcune capigliature piuttosto particolari attraverso la valuta di gioco ingame) e si sceglie la squadra con cui partire, per tentare di fermare il dominio della Nankatsu. Proprio così: stavolta voi e Tsubasa e soci sarete avversari.
La storia infatti si svolge dopo il torneo delle medie, e il pretesto è che il famoso torneo giovanile in Francia del cartone è stato cancellato, e ne è stato organizzato un altro che coinvolge ancora più nazionali (tra quelle sbloccabili ad esempio ci sono anche il Senegal e gli Stati Uniti, completamente inedite anche nel manga). Il Giappone dovrà mandare una sua selezione giovanile, che verrà scelta tra i migliori giocatori di questo nuovo torneo. Il gioco vi farà scegliere tra tre squadre alle quali unirvi: la Furano (Flynet) di Hikaru Matsuyama (Philip Callagan), la Toho di Kojiro Hyuga, o la Musashi (Mambo) di Jun Misugi (Julian Ross).
Io ho deciso di iniziare la mia avventura con la Furano, dato che Matsuyama è sempre stato il mio personaggio preferito. Inoltre volevo giocare da attaccante, e non avrei mai voluto pestare i piedi a Hyuga, che si sa, è uno un po’ fumantino.
A questo punto il gioco ricorda un po’ la modalità Il Viaggio di FIFA: è possibile allenare il proprio giocatore con gli oggetti che si trovano nei pacchetti di carte, che è possibile acquistare sia sempre tramite valuta del gioco, sia ottenere come ricompensa nelle partite. Ma soprattutto si può interagire con i propri compagni di squadra, scegliendo le risposte da dare nei vari dialoghi, che influiranno sul legame che il giocatore avrà con il capitano e con il resto del gruppo.
C’è anche un sistema piuttosto fumoso di legami e amicizie con i giocatori al di fuori della vostra squadra, che sbloccherà alcune cutscene, e che, una volta portata l’amicizia a un certo livello, vi permetterà di imparare alcune delle loro tecniche. In pratica, se diventate amici dei gemelli Tachibana (i Derrick), potrete imparare a fare lo Skylab Hurricane (Catapulta Infernale), e così via.
La progressione poi dipende, ovviamente, da come vi comporterete in partita: più gol segnerete, più palloni riuscirete a recuperare, insomma meglio giocherete e più sarà alta la vostra valutazione finale, e maggiori i punti esperienza che potrete investire nel migliorare tecnica, potenza, velocità, attacco e difesa. La strada per vincere il torneo delle medie e poi quello delle nazionali, insomma, sarà più o meno in salita a seconda di come ve la caverete.
Alcuni spunti di questa storia, nonostante non siano spiegati effettivamente benissimo, come il sistema delle amicizie, sono indovinati e possono essere divertenti. La partita però è un’altra cosa. Il gameplay di Captain Tsubasa: Rise of New Champions, mi ha lasciato diverse perplessità.
La macchina del tempo
Una su tutte è che si tratta del classico gioco di calcio arcade da sale giochi estive di quando eravamo piccoli. E dire che un gioco del 2020 sembra un gioco di trent’anni fa, non è effettivamente molto lusinghiero. Le azioni fallose, ad esempio, non esistono: o il difensore ruba palla, o l’attaccante lo dribbla. Peraltro spesso si ha la sensazione che l’esito del contrasto sia gestito anche in maniera abbastanza casuale: alcuni giocatori hanno dribbling speciali, e altri hanno dei contrasti speciali, ma sembrano attivarsi o meno indipendentemente dalla volontà del giocatore.
Il risultato è che le partite sono un continuo ping pong di contrasti e capovolgimenti di fronte assolutamente poco realistico. A questo punto uno potrebbe obiettare “Beh, ma ti aspetti del realismo da un gioco su Holly e Benji?”, che è un’obiezione che in effetti ha anche un suo senso. Perché ragazzi, se cercavate in Captain Tsubasa: Rise of New Champions un terzo polo nel solito dualismo PES/FIFA, siete fuori strada. Ma è anche giusto così, è un caricare di responsabilità un gioco che non ha alcun interesse a competere con due colossi del genere, e vuole restare nel suo campo, spensierato e arcade.
Ma anche mettendo una pietra sopra sul realismo, alcune meccaniche di gioco sono semplicemente senza senso: nel gioco, se si tenta di fare un’azione “normale”, con passaggi e tiri, è letteralmente impossibile segnare. Il portiere la para sempre, e non è un’esagerazione.
L’unico modo per segnare è con i tiri speciali: i giocatori più forti del gioco hanno infatti i loro tiri iconici a disposizione. Hyuga ha il tiro della tigre, Tsubasa il tiro guidato, Matsuyama quello dell’aquila, e altri hanno dei tiri che abbiamo scoperto proprio grazie al gioco (uno su tutti, il “tiro della banana” di Mamoru Izawa). Per effettuarli bisogna caricare al massimo la barra della potenza di tiro. Anche i portieri però hanno le loro parate speciali, che ovviamente useranno per fermare i super tiri degli avversari. Così facendo però, consumano la loro energia, che a differenza dei giocatori di movimento, possono recuperare solamente o all’intervallo della partita, o subendo un gol, appunto.
Per cui oltre ai vari andirivieni per via dei contrasti di cui parlavamo prima, le partite si rivelano essere dei veri e propri tiri al bersaglio nei confronti del portiere, per far sì che quest’ultimo esaurisca la stamina. Quando il portiere è senza energia infatti, fare gol diventa facilissimo: qualsiasi tiro speciale, da qualunque distanza, andrà a segno, e in alcuni casi anche qualche tiro normale, specie se caricato forte e da breve distanza.
Captain Tsubasa: Rise of New Champions è come il cartoon, nel bene e nel male
Una scelta del genere può anche essere parzialmente giustificata: l’anime di Captain Tsubasa infatti vive di momenti del genere. Tutti ricordiamo il tiro gemello di Tsubasa e Misaki, lo Skylab Hurricane dei gemelli Tachibana, le porte e i muri sfondati dal tiro della tigre di Hyuga, mentre è più difficile pensare a un gol “normale” effettuato nel cartone. Ma una meccanica così in un videogioco semplicemente non funziona, e rende le partite estremamente ripetitive.
Un elemento che può cambiare un minimo le carte in tavola è una barra che si riempie quando vanno a buon fine contrasti, dribbling e tiri. Quando arriva al massimo è possibile attivarla, per dare un piccolo boost ai propri giocatori, che caricano i tiri speciali molto più rapidamente, per cui è più facile effettuarli e mettere in crisi il portiere avversario. Usata al momento giusto può servire per sbloccare un match, o per portarsi in parità, se si è in svantaggio.
Una volta terminato anche questo episodio, è possibile creare una nuova squadra con la quale affrontare le partite online, altra attrattiva del gioco. Potrete importare anche il vostro avatar e poi scegliere nome, stemma, colori sociali, divisa e giocatori della vostra squadra. Quella di mettere un level cap è sicuramente una scelta intelligente, in modo che i vari allenatori debbano scegliere con attenzione come comporre la propria rosa, e non potranno dunque semplicemente mettere tutti i giocatori più forti in squadra. Una mossa indovinata, soprattutto con un database di giocatori limitato come quello di un gioco con giocatori fittizi.
Insomma, dire che Captain Tsubasa: Rise of New Champions sia un’occasione mancata probabilmente è eccessivo. Già il fatto di poter rivivere la storia del cartone, o di poterla far scoprire magari a un figlio (eh ragazzi, stiamo invecchiando anche noi), o a un nipote, creando nuove generazioni di fan, è qualcosa di davvero bello. Poter giocare al fianco di Tsubasa nella nazionale giapponese insieme a tutti gli altri personaggi, o addirittura batterlo per la prima volta in un torneo, regala emozioni alle quali chi è amante della serie non può certo restare indifferente.
Dal punto di vista genuinamente ludico però, si poteva e forse doveva fare qualcosa in più. Ricordate il torneo delle medie? La finale tra Nankatsu e Toho: Hyuga si fa un mazzo tanto per battere finalmente Tsubasa dopo tre anni di sconfitte, e dopo quattro tempi supplementari le due squadre sono in pareggio e nessuna delle due riesce a prevalere, così la vittoria viene assegnata ad entrambe. Captain Tsubasa: Rise of New Champions ha un po’ il sapore di quella vittoria della Toho. L’abbiamo tanto voluta ed alla fine è arrivata e ce la siamo goduta, ma se si guarda bene stiamo festeggiando per un pareggio.
E così è il gioco: passata la meraviglia iniziale e vissuta quella nostalgia su cui tanto hanno evidentemente puntato gli sviluppatori, resta davvero poco. Ed è un peccato, perché quella di Captain Tsubasa continua ad essere una storia validissima, e il pallone continua ad essere il nostro migliore amico. Ma forse stavolta meritavamo di più.