Come un padre di Alessio Di Cosimo è più di un docufilm su Carlo Mazzone. È la storia di un simbolo multigenerazionale, che ci ricorda un calcio che ormai non esiste più ma che tutti abbiamo amato
ola, Carletto vola!”, canterebbero Maurizio Mattioli e Angelo Bernabucci, come nell’episodio che li vede protagonisti nel film Fratelli d’Italia, insieme a Massimo Boldi. Di Carletto però, chi ama il calcio e ha ormai qualche anno sulle spalle, sa bene che ce n’è uno soltanto: Mazzone.
Ed era ora, in un periodo in cui siamo pieni di film e documentari nostalgici sul calcio, che venisse raccontata la storia professionale e umana di questo grande mister che altri non è che il recordman di presenze da allenatore in serie A (795 panchine, n.d.R.).
“Ma non ha vinto nulla”, diranno alcuni. È vero, ma questo è uno dei più grandi problemi del calcio italiano, che sottovaluta chi non ha un palmares importante e dimentica in fretta chi vince poco o niente, senza considerare quanto una personalità di questo tipo possa aver rivoluzionato questo mondo, quanti campioni possa aver fatto sbocciare e crescere (Totti?), quanti ne possa aver rigenerati inventando per loro un nuovo ruolo (Pirlo?), quanti ne possa aver preservati, prolungando la loro carriera anche quando sembrava conclusa, grazie a una gestione impeccabile (Baggio?).
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È per questi motivi – e per molti altri – che l’avvento su Prime Video del docufilm Come un padre, diretto da Alessio Di Cosimo, che si è anche occupato dello script insieme ad Alessandra Kre e Francesco Trento, in collaborazione con Iole Mazzone, è una bellissima notizia per tutti. Un’ora e venti minuti intensi, narrati perfettamente e in cui spezzoni della sua carriera, delle sue vittorie e delle sue sconfitte, si alternano a interviste a personaggi chiave, che sono stati importanti per Mazzone sebbene mai quanto Mazzone lo sia stato per loro.
Non solo Totti, Baggio, Pirlo o Signori quindi, ma anche i vari Cappioli, Petruzzi, i gemelli Filippini, Hubner, Di Biagio, Materazzi, Muzzi e persino Pep Guardiola: tutti calciatori (ormai ex) che hanno avuto il privilegio di avere Carlo Mazzone come mister, crescendo calcisticamente e umanamente con quello che per molti di loro è stato davvero “come un padre”.
“Vòi esse er mejo amico mio? Allora vedi de giocà bene”. Oppure “Quanti gol hai fatto in carriera, Amedè? Tre? E allora torna in difesa!”. O ancora “Palla in su, Gesù pensace tu”. Espressioni e motti iconici di un personaggio sopra le righe ma che ha saputo scrivere pagine di storia anche attraverso tutto questo, tramite un rapporto umano e speciale con i suoi giocatori, che sapeva sempre come trattare, seppure non per forza con i guanti. Ma tutti, alla fine, gli hanno voluto bene.
Passionale, orgoglioso, tenace, Carlo Mazzone è l’emblema di un calcio romantico che ormai non c’è più, quello narrato dalla canzone “Evviva il goleador” che Di Cosimo ci regala in apertura di film e che in pochi istanti ci catapulta negli anni ’80.
Mazzone è stata una figura in grado di andare oltre l’etichetta del tifo, ben visto da tutti, probabilmente rispettato persino da chi l’ha visto correre verso la propria Curva inveendo, dopo aver subito insulti per 90’ minuti.
Quando mi chiedono chi ha rappresentato alla perfezione il calcio dei tempi ormai passati, quello prima della pay TV e del calendario spezzatino, delle partite la domenica alle 15.00, prima del VAR e quando l’Europa League si chiamava Coppa Uefa e la Champions League era la Coppa dei Campioni, rispondo senza dubbio Carlo Mazzone. E oggi, finalmente, posso anche aggiungere un consiglio cinematografico: Come un padre.