Intervista a Bigio
In quel di Carrara abbiamo avuto l’opportunità di conoscere e intervistare Bigio, autore delle strisce di Drizzit, e sceneggiatore di M (in collaborazione con Manu e Albo) in uscita a settembre in formato cartaceo. Bigio si è dimostrato disponibilissimo nel rispondere alle nostre domande, il tutto ovviamente all’insegna dell’umorismo che lo contraddistingue. Detto questo vi lasciamo all’intervista.
Ne abbiamo parlato ieri insieme, in maniera molto informale, ma oggi in veste ufficiale ti andrebbe di parlarci del gioco di carte di Drizzit?
Possiamo partire dalle origini. Il gioco di carte di Drizzit nasce perché ad un certo punto Lucio lancia l’idea nel vuoto. Ovviamente io sono sempre colto da incredibile entusiasmo quando si tratta di queste cose: la risposta è stata No. Poi sai c’è quel tarlo che ti resta in testa e che ti divora il cervello per un sacco di tempo. Io mentre i mesi passavano, ho iniziato a disegnare delle carte per vedere come venivano. Finché ad un certo punto ho richiamato Lucio e gli ho detto: lo facciamo, ho già in mente una mezza idea su come può funzionare. Poi ovviamente è stata contattata una casa editrice di giochi, e Mario mi ha chiesto di collaborare con Andrea Chiarvesio, lui è uno tosto che viene da game design spintissimo. Essenzialmente io lanciavo le idee e Andrea le rifiniva, e così che abbiamo creato questo gioco. La cosa da precisare sul gioco di carte di Drizzit è che si tratta di un collaborativo. Ogni giocatore si prende un personaggio e si gioca tutti contro il gioco che ti pone delle sfide. Un’altra cosa fondamentale da ribadire è che il gioco è esattamente il tipo di gioco che volevamo fare, indipendentemente se è riuscito bene o male, forse non funzionerà al 100%, potrà avere i suoi difetti e così via. Ciò a cui io tenevo molto, così come Andrea e Mario, è che quando un lettore compra il mio gioco di carte, aprendolo non deve assolutamente rimanere deluso dal tipo di gioco che vi ci trova. Secondo me il mio lettore si aspetta un gioco in cui lui interpreta i personaggi di fumetti e poi va a sconfiggere dei nemici. Noi abbiamo lavorato su questa struttura, così chiunque aprendo il gioco di carte trovi esattamente, almeno speriamo, il gioco che si aspetta. Una cosa che per esempio abbiamo escluso sin dall’inizio era di fare un party game; il senso è che se tu acquirente, compri il gioco di Drizzit non devi ritrovarti in mano una cosa che con Drizzit non c’entra nulla. Io sono contentissimo, faccio carte in continuazione e a Lucca esce anche la seconda espansione.
Uno dei temi caldi riguardo il fumetto è senz’altro quello del crowdfunding. Tu sei un autore che utilizza molto i social, in tal senso come giudichi questo strumento?
Io ne finanzio tantissimi. Davvero, nell’ultimo anno avrò finanziato una decina di progetti. Per esempio ho finanziato il gioco di Gipi, “Bruti” che esce proprio adesso. Che poi finanziare un progetto, significa in un certo qual modo comprarlo prima. Ho finanziato addirittura il film di Dylan Dog quando lo misero online. Anche perché secondo me non mi costa nulla dare quei 5-10 euro, tu autore però mettendoli insieme puoi farci un lavoro di qualità. Insomma non trovo un motivo valido per non farlo.
Una curiosità veramente sciocca: ma lo sapevi che a Carrara c’è una statua, di epoca fascista, che viene chiamata Bigio?
Guarda c’è anche un colore che si chiamo Bigio, che al contrario della statua mi piace. In realtà la statua non è neanche brutta, solo che è un retaggio di un’epoca che è meglio dimenticare, quindi lasciamo stare. Però ti dico, il Bigio è un colore, ci sono tante altre persone con questo nome. Per esempio ho tentato di spacciarmi per Biggio, quello dei Soliti Idioti. Al Cartoomics, una ragazza all’accettazione mi ha chiesto se ero quel Bigio lì, e neanche guardando il foglio ho detto sì. Poi mi ha dato il pass ed ho detto: ma questo non sono io! Ma tu immagini lui che arriva lì e non trovava nulla! In realtà per dirti Bigio è un nome abbastanza comune, che fa assonanza con il mio nome vero.
Allora Luigi, facciamo due conti: Drizzit a oggi conta più di 1200 strisce, più diversi albi. Inoltre per ciò che riguarda esclusivamente Internet è uno dei dieci webcomics più letti. Alla luce di ciò, ti aspettavi tutto questo successo? E soprattutto se c’è stato un momento in cui ti sei detto: sto spaccando!
No. Non mi posso ancora comprare la Lamborghini (ride). In realtà come ho detto poco fa a degli amici, comunque faccio questo di lavoro e per me è già una vittoria. Pochi fumettisti esordienti possono dire: faccio solo fumetti. Secondo me non è successo in un momento, ho scritto strisce per un anno e mezzo con 200 follower. Non sono comparso dal nulla, io semplicemente stavo lì solo che ancora non mi si cagava nessuno, magari perché i disegni facevano schifo (ride di gusto!). Però piano piano uno impara disegnare, sono in continua evoluzione. Io credo che le cose dal punto di vista della mia competenza artistica e tecnica, non possano che migliorare. Se il seguito che sto accumulato con i fumetti che sto facendo adesso, riuscirò a convincerlo a seguirmi anche con le altre opere future, probabilmente posso dire che continuerò a fare questo lavoro a vita.
Tralasciando un attimo i fumetti, vorrei discutere con te del concetto di Nerd. A parer nostro i “Nerd” e l’immagine generale che se ne ha, è cambiata molto nel corso di questi ultimi anni. Tu, da professionista e da “Nerd” cosa ne pensi?
Io in realtà non mi definisco proprio un Nerd, mi definisco più che altro un geek. A parte che il Nerd ha una connotazione negativa per molti. Io più che altro mi ritengo un appassionato di campi non convenzionali: giochi di ruolo, giochi in scatola, fumetti. In realtà Nerd è anche chi ha un enorme bagaglio culturale in campo scientifico, è un “Nerd” perché magari conosce tutti i nomi delle costellazioni e così via. Insomma non mi piace molto definirmi Nerd. Però capisco invece come il termine si stia evolvendo in quel senso. Ormai il Nerd non è più connotato negativamente, anzi diventa sinonimo di una cultura particolare, che racchiude un po’ tutti gli appassionati di questi ambiti, che tra l’altro sono anche tutti collegati insieme: videogame, fumetti, libri e così via. Vorrei dirti, mi piace il fatto che questa cultura stia emergendo. Io vengo da un’infanzia in cui, giocando al computer, mia madre pensava fossi un cerebroleso (ride). Per fortuna non è più così, adesso chi gioca al computer è anche figo. Io me lo ricordo quando le mamme ti dicevano: che cazzo stai facendo, vai a giocare fuori rincoglionito!
A settembre esce il primo volume di M, progetto che conta già circa quaranta episodi rilasciati direttamente online. Ti va di parlarci anche di questo progetto?
Io lo sceneggio! Ed è la prima esperienza che faccio da sceneggiatore. Anche qui, come tutto il resto, visto che sono autodidatta in tutto, quando ho cominciato mi son dovuto far mandare delle sceneggiature da Manu, perché all’epoca non ne avevo mai scritta una. Così lui me le ha mandate ed io ho un po’ ricopiato il modo di scriverle, perché veramente non avevo mai fatto niente del genere. Per me è interessante, si tratta di fare una cosa che non faccio nemmeno per i miei fumetti. Non scrivo una sceneggiatura, li butto così, come vengono. Penso che il progetto stia andando bene, anche se non abbiamo ancora nessun dato, se non il pubblico che ci segue sui social. Io penso che comunque funzionerà, perché il fumetto è di qualità e tutti e tre noi abbiamo il nostro gruppo di follower che tra l’altro ci forniscono sempre ottimi feedback.
Pensi farai mai la sceneggiatura dei tuoi fumetti?
No, lavoro in un altro modo. Io faccio dei layout, una sorta di canovaccio, li disegno anche un po’ fatti male, così per stabilire un po’ cosa andrò a disegnare, vado direttamente così senza sceneggiatura e senza niente, perché sono autodidatta. Nessun professore mi ha insegnato che si deve fare prima la sceneggiatura e poi il fumetto. Se invece la domanda è: farai altre sceneggiature? Ti dico che in realtà mi sono già arrivate delle proposte, però al momento ho raggiunto un livello di saturazione di lavoro che il mio analista ha detto basta! (ride)
Come sappiamo sei un appassionato di D&D. Hai mai pensato di pubblicare qualche avventura da giocare?
Ho già pubblicato alcune avventure, prima di “sfondare” se vogliamo dirla così, scrivevo giochi di ruolo in maniera molto amatoriale. Ho collaborato ad alcuni materiali della Asterion Press. In realtà già le scrivevo e le mettevo online, poi adesso c’è anche il gioco di ruolo di Drizzit. Insomma non scrivo più avventure di D&D ma non si discosta molto da ciò che faccio ora, considerate anche che ho una ludoteca, la gestisco, faccio giocare dei ragazzi e uno dei nostri giochi è proprio D&D next. Più che altro ho smesso di scriverle, vado un po’ a braccio, improvviso, soprattutto quando gioco con i ragazzi!
Quando prepari un tuo lavoro, pensi mai all’impatto che può avere sui tuoi lettori? In tal senso ti sei mai ritrovato a modificare o addirittura cestinare qualcosa per paura che ai fan non piacesse?
Non c’è una risposta semplice. Io lavoro con molto anticipo sui miei fumetti, su Drizzit parliamo di blocchi di circa 150 strisce, che sono circa sei mesi di lavoro. Quando mi arriva una critica negativa, io posso solo metabolizzarla dopo sei mesi. Mettiamo che un personaggio è odiato, non funziona e i feedback sono negativi, io in questo caso posso agire solo su strisce che saranno pubblicate tra sei mesi. Quindi in qualche modo questa cosa si diluisce, perché poi magari nel corso dei sei mesi cambia la percezione di quel personaggio, all’inizio magari è antipatico poi diventa simpatico. Si forma quindi questa sorta di cuscinetto di tempo che mi permette quindi di mantenere quasi al 100% la mia autonomia come autore, nonostante io sia comunque molto colpito dai commenti nelle strisce. Mi dico: cavolo magari questo pezzo fa schifo, questa tavola è brutta… comunque grazie a questo cuscino temporale ci posso pensare sopra un sacco di tempo e poi alla fine la maggior parte delle volte ho ragione io. Quindi di solito non vengo influenzato dai giudizi!
Bigio siamo felicissimi di averti intervistato. Grazie!
Grazie a voi!