Carissimo Pietro, nella tua pluriennale carriera hai doppiato decine e decine di personaggi che sono diventati dei veri e propri miti per molte generazioni di ragazzi. Cosa si prova ad aver doppiato queste “leggende” animate?
In realtà diventano quasi dei compagni, con cui passi del tempo insieme e ti diverti. Il cartone animato è l’apoteosi della fantasia, dell’energia, della voglia di divertirsi; siano buoni o cattivi è sempre un grande gioco, è energia pura, è caos, l’eterna lotta tra bene e male, che poi è il motore che fa girare il mondo. Quando sei giovane hai tanta voglia di fare e di dire qualcosa, e il cartone ti consente di fare e dire cose che normalmente nella vita non potresti nemmeno immaginare; da un certo punto di vista diventa anche uno sfogo, non violento certo, ma l’energia che si crea è bella, e mi piace.
Domanda a bruciapelo: tu ti senti più Doraemon o più Taz?
Entrambi in realtà: Doraemon, pur essendo un robot, è molto umanizzato, una sorta di angelo custode dei bambini, ma quando c’è da divertirsi non si tira mai indietro, così come quando c’è da lottare in battaglie iperboliche per salvare l’umanità, partecipa anche lui attivamente. Vuole molto bene ai bambini e al mondo, e farebbe qualsiasi cosa per il suo amico Nobita. Taz invece è un personaggio selvaggio, dice tutto quello che gli passa per la testa, è incontrollabile e incontenibile; adoro anche lui!
Dovendo doppiare personaggi così diversi tra loro, hai dovuto modificare a volte anche la tua tonalità di voce?
Da attore, cerco prima di immaginarmi le cose, per renderle vere e credibili, per cui mi immedesimo molto in tutto quello che faccio. Ricordo che una volta in una pubblicità addirittura finii per doppiare una tavoletta del water, per cui direi che di fantasia ce ne vuole. Ma più il personaggio è ricco e caratterizzato e più possibilità hai di divertirti; faccio sempre un lavoro di mimesi, cercando affinità da un punto di vista vocale come il timbro del personaggio. Spesso nei cartoni nasce prima la voce e poi il disegno, e guardando la versione base, magari in giapponese o in inglese, cerco di farla il più possibile simile all’originale.
Quando ad esempio sono subentrato per diventare voce del pupazzo Uan, mi sono dovuto allenare per riuscire ad essere il più simile possibile al suo doppiatore originale; esistendo da 10 anni non si poteva dargli una voce totalmente diversa, e quindi ho dovuto entrare io nella sua. Quello è stato leggermente più difficile, perché al livello tecnico io ho una voce bassa, e sono quindi più portato a fare falsetti e voci nasali. Per fare Uan ho dovuto innalzare la laringe, usare una voce più alta e più afona, e dopo parecchie ore passate a parlare così, le corde vocali ti fanno davvero male!
Passando al cinema, tra gli altri hai doppiato anche Geoffrey Rush (Barbossa dei pirati dei Caraibi): cosa ti ha lasciato?
Sì, ho avuto la fortuna di doppiare questo grande personaggio, oltretutto ben diretto, e di far parte di questa serie blockbuster che è piaciuta a moltissime persone per parecchio tempo; ed è divertente perché lo danno ancora spesso in tv e la gente è convinta che io stia ancora lavorando, come se fossi letteralmente lì dentro il televisore a parlare.
Se potessi scegliere invece un attore di Hollywood da doppiare, quale sarebbe?
Mi sarebbe piaciuto doppiare tutti i film animati della Disney, essendo abituato da una vita all’ambito dei cartoni. Ad esempio i film Disney originali sono doppiati da voci di attori superbi, per cui doppiare un grande attore, anche se presta la sua voce in un cartone animato, è eccezionale. In tal senso il primo che mi viene in mente è Robin Williams, ma comunque un po’ tutti i grandissimi. Oltre a Geoffrey Rush mi è capitato di doppiare Burt Lancaster, e quando sono così bravi doppiarli è una gioia; se riesci a restituire queste emozioni al pubblico, hai fatto centro.
Nel videogioco di Harry Potter, per dire, ho doppiato Hagrid, ma la voce del film originale era del grande Pannofino. Ad ogni modo mi piace recitare per un grande attore e per una bella storia. La difficoltà del doppiaggio è che un attore deve praticamente saper doppiare di tutto; quando facevo teatro interpretai Shakespeare, Cechov, e ho dovuto immedesimarmi in tante storie e personaggi sempre diversi, soprattutto con vocalità ogni volta differenti. La difficoltà maggiore del doppiaggio è il fatto di dover recitare ma nei panni e nei tempi di un altro: pensa che a volte anche dei grandi attori non riescono a doppiare né loro stessi, né altri.
Chi è secondo te il miglior doppiatore tra i tuoi colleghi?
Nell’ambito del mio genere, quando ero bambino il modello per me era il grande Carlo Bonomi che doppiava moltissimi cartoni animati, in un programma svizzero chiamato Scacciapensieri, e lui era un caratterista. Poi sono cresciuto guardando i cartoni della Warner Bros, i Looney Tunes, Hannah & Barbera, Disney… e i miei modelli erano quelli.
Cosa ne pensi invece di quest’ultima tendenza di inserire nel mondo del doppiaggio personaggi famosi e youtuber?
Per me è una cosa terribile, oggi si consuma tutto in fretta e subito. Questi sono personaggi di richiamo diventati famosi in altri campi, che però portano gente nei cinema o nei teatri, ma non sono davvero attori. Se una persona impara a recitare bene, studia dizione, e ha una vera formazione può fare ciò che vuole: recitare ad esempio in dialetto, o altro. In questo caso invece i film vengono male, ho visto e sentito cose davvero aberranti con doppiaggi di persone come Brosio o Belén. Non è possibile. Il tutto penso sia aggravato da uno scadimento del gusto: se fai una cosa bella non è mica detto che la gente sia in grado di riconoscerne il valore; al contrario magari poi sente una schifezza e pensa invece che sia una cosa fantastica.
Tu sei sempre stato tra i doppiatori più gettonati e richiesti…
Beh, ho lavorato per tantissimi anni, specie in ambito di cartoni animati e per questo devo ringraziare la mia produttrice: ci siamo incontrati, ci siamo piaciuti e con il giusto impegno le cose venivano sempre abbastanza bene. Ho fatto moltissima esperienza e una cosa che credo di fare al meglio è quella di mettere sempre passione in questo lavoro. Impegno, passione ed esperienza.
Come riesci a destreggiarti con tutta questa mole di lavoro?
Beh, non tutte le cose che girano adesso sono recenti. Da giovane lavoravo a volte per 12 ore al giorno correndo da una parte all’altra, e ovviamente si tornava a casa stanchi ma felici, perché sapevi di aver fatto un buon lavoro. Oggi incontrando il pubblico nelle fiere e nei festival, si sente questo affetto da parte di chi ci ha sempre seguito e sostenuto, e questo è il risarcimento migliore per noi.
Se fai le cose con passione, la fatica passa, per cui puoi fare davvero tutto.
Grazie ancora Pietro!