Il Castello invisibile, un romanzo che racconta in maniera creativa e metaforica il fenomeno degli hikikomori
Non voglio vedere nessuno, non voglio neanche rispondere al cellulare, non voglio fare nulla, non me la sento di continuare a vivere, troppo faticoso decidere di morire, vorrei solo sparire.
Tatsuhiko Takimoto, Welcome to the NHK
In questo momento milioni di ragazzi giapponesi stanno entrando nella loro stanza. Alcuni ne usciranno tra qualche ora, altri domani, altri ancora tra qualche mese o addirittura tra diversi anni. Qualcuno pensa addirittura di non voler più uscire. Sono gli hikikomori, giovani ma anche adulti, che si isolano socialmente. Il fenomeno rappresenta da quasi quarant’anni in Giappone una vera e propria epidemia. Oggi è però tristemente noto anche in occidente.
Nonostante sia difficile effettuare un censimento dei reclusi volontari, vista la reticenza delle famiglie (causata dalla vergogna) e dei diretti interessati, secondo le ultime stime in Giappone ci sarebbero più di mezzo milione di persone affette da tale disturbo. Come qualsiasi fenomeno di massa giapponese anche gli hikikomori sono entrati nelle storie dei manga, degli anime e della letteratura nipponica. Riguardo quest’ultima uno degli ultimi titoli usciti nel Sol Levante, che è stato appena portato in Italia dalla casa editrice DeA Planeta, è Il Castello Invisibile di Mizuki Tsujimura, la cui protagonista, Kokoro, è una bambina delle medie che, dopo essere stata vittima di diversi casi di bullismo, sta diventando una hikikomori.
Il Castello Invisibile: un viaggio tra i disagi dei giovani giapponesi
La parola hikikomori, in realtà , nel romanzo non viene citata neanche una volta. Anche perché il tema principale rimane più in generale il disagio giovanile nella società giapponese. L’auto reclusione rimane più che altro sullo sfondo, minacciosa, come una belva che aspetta il momento giusto per azzannare la preda. Si capisce che Kokoro e i suoi compagni d’avventura saranno destinati a quella fine, se non fanno subito qualcosa. Tuttavia, come appena preannunciato, arriverà un’avventura a salvarli. Una mattina, dopo aver ripetuto per l’ennesima volta alla madre che non voleva uscire a causa del mal di pancia, lo specchio della stanza di Kokoro si illumina e, toccandolo , la bimba si ritrova all’interno di un castello con altri sei sconosciuti più o meno della sua età .  Lo specchio, chiaro riferimento ad Attraverso lo Specchio di Lewis Carroll (sequel di Alice nel Paese delle Meraviglie), è solo la prima di tante citazioni delle fiabe occidentali. Al posto del bianconiglio troviamo a guidare i ragazzi verso un mondo fantastico una bambina lupo (in realtà una normale ragazzina con una maschera da lupo), la quale svela il gioco che per i prossimi mesi li vedrà coinvolti, le regole a cui dovranno attenersi e la punizione per la loro violazione.
I ragazzi infatti potranno accedere al castello ogni giorno ma solo a determinati orari. Se si tratterranno oltre, un enorme lupo li divorerà . Figura presente in tantissime fiabe, la bestia all’interno del castello rappresenta in senso figurato il pericolo che esiste nella vita reale di questi ragazzi. Una lenta morte prima sociale e poi psicologica, alla quale porta la condizione degli hikikomori.
Invece di impegnarsi nella ricerca di una fantomatica chiave, che sarebbe in grado di esaudire un desiderio, i ragazzi trovano nel castello un luogo molto confortevole in cui rifugiarsi, un posto migliore anche delle loro stanze. Tanto è vero che iniziano a portare diverse cose al suo interno, tra cui una consolle e diversi videogame. Ma, al contrario delle loro camere, lì ci sono altre persone che vivono in quel preciso momento una simile condizione di sofferenza. Nonostante le reticenze iniziali, infatti, i partecipanti all’avventura inizieranno a confidarsi l’uno con l’altro, tanto da far diventare il castello una sorta di istituto di recupero fantasy. Un po’ come quelli in cui, nel mondo reale, i ragazzi si rifiutano di andare.
Attraverso le storie dei diversi personaggi si ha un inquietante affresco della sofferenza psicologica di cui i ragazzi, non solo in Giappone, possono essere vittime.
Il bullismo nella società giapponese
Kokoro è una bambina brillante, ama leggere, per questo è oggetto di invidia e un gruppo di bulle la isola con tanto di umiliazioni pubbliche. Chiunque conosca un minimo i manga e gli anime può immaginarsi quanto sia presente il bullismo all’interno delle scuole nipponiche. Episodi di bullismo emergono in diversi titoli: uno studente di Onizuka, in GTO, tenta addirittura il suicidio perché vittima di bullismo; in A Silent Voice è addirittura una ragazza sorda a subire diverse angherie da parte di alcuni compagni; fino ad arrivare a Revenge classroom, che racconta la storia di una ragazza, vittima di bullismo, che decide di vendicarsi dei suoi aguzzini.
In un sistema scolastico altamente competitivo come quello nipponico, dove le classifiche di rendimento vengono affisse pubblicamente sui muri delle scuole e dove, fin da giovanissimi, i ragazzi si trovano alle prese con difficili esami da sostenere per entrare negli istituti scolastici più prestigiosi, è normale che la tentazione di usare metodi poco ortodossi per battere i compagni-avversari sia forte. L’annientamento psicologico diviene quindi in alcune realtà un normale strumento per l’autoaffermazione. A questo si affiancano le frustrazioni a cui un sistema così pretenzioso sottopone gli studenti. In Le Situazioni di Lui e Lei i protagonisti, che altri non sono che una normale coppia di ragazzi innamorati, vengono addirittura convocati dal preside del loro istituto insieme ai genitori. Il quale consiglia ai ragazzi di interrompere la loro relazione, perché potrebbe distrarli dallo studio.
In Great Teacher Onizuka, il protagonista (un insegnante ventenne, con un passato in una banda di motociclisti) ad un certo punto dice ciò che di più rivoluzionario si può dire in una scuola giapponese e cioè che alla loro età (riferendosi ai propri studenti adolescenti) ciò che più importa non è il rendimento scolastico ma l’amicizia con i propri coetanei. Più o meno è come se in Italia, ad una riunione di Confindustria, una persona prendesse la parola e cominciasse a criticare la proprietà privata e la libertà d’impresa.
Competizione, individualismo e un sistema sociale pretenzioso e severo sicuramente rendono un paese produttivo ma possono anche comportare diversi effetti collaterali. Primo tra tutti la solitudine. Ed è proprio quest’ultimo disagio ad accomunare tutti e sette gli abitanti del castello, nel romanzo in esame. Kokoro ha un grande sogno che le sembra irrealizzabile. Non diventare chissà chi o fare chissà quale carriera, ma avere un’amica del cuore. Un sogno che le viene negato dalle bulle che la perseguitano.
Altro aspetto che accomuna i sette ospiti della bambina lupo è un momento di forte incomprensione con i genitori. I ragazzi hanno paura di averli delusi, provano un senso di vergogna verso di loro. Gli adulti, in tutta risposta, non sanno come comportarsi con i propri figli e da questa spirale di silenzio risulta difficile uscirne. La mamma di Kokoro vacilla tra un atteggiamento comprensivo e uno adirato. Kokoro sente su di sé tutto il peso della sofferenza che reca ai genitori. Per questo la mediazione di una terza persona, una figura competente che lavora con ragazzi che stanno passando un periodo difficile, risulta essere indispensabile. Nel caso di Kokoro questa figura sarà la professoressa Kitajima, un’insegnante che lavora nell’istituto di recupero a cui la bambina non trova la forza di andare. Però la donna non molla e riesce ugualmente a stabilire un rapporto di fiducia con la ragazzina.
Vittime e carnefici
Nel già citato A Silent Voice troviamo un ex bullo pentito che cerca di avvicinarsi a una sua vittima e che, a causa di quello che ha fatto anni prima, vive una situazione di depressione che lo porta al limite del suicidio.
In realtà parlare di vittime e carnefici, quando si analizzano storie del genere è sempre molto difficile. A volte i personaggi sono sia vittime che carnefici. Ne Il Castello Invisibile per esempio a un certo punto i ragazzi finiscono per isolare e prendere in giro un loro compagno. Il personaggio del professor Ida, inoltre, cerca di spiegare a Kokoro che anche Sanada (la “capetta” del gruppo di bulle) ha i suoi problemi e spinge per una riappacificazione tra le ragazze. Kokoro però non ne vuole sapere, anzi dice di provare solo odio per quella ragazza.
Capita invece che alcuni ragazzi si siano proprio messi d’impegno per cercare l’isolamento.  E’ il caso di Ureshino, uno degli ospiti del castello, che ogni giorno si innamora di una ragazza diversa, arrivando a sfiorare lo stalking, e che decide di comprarsi gli amici con i regali, mettendoli poi nei guai con la scuola e con i propri genitori.
Da citare in questo senso è anche Masamune, che per apparire superiore non fa altro che raccontare fandonie su di sé, finendo poi per essere isolato da tutti. Questi due ragazzi sono prima di tutto vittime di sé stessi, dunque forse anche per Sanada è così.
Altre volte però il problema principale esiste tra le quattro mura domestiche. Il luogo dove un ragazzo ha il diritto di sentirsi più al sicuro può diventare un vero inferno in terra. E’ capitato a Lion, che ha perso sua sorella di tredici anni, molto amorevole con lui, e ad Aki che deve subito andare a nascondersi in camera ogni volta che resta sola col patrigno.
Leggendo i racconti degli ospiti della bambina lupo, ci si accorge subito di come Il Castello Invisibile riesca a descrivere quanto sia complessa l’età della prima adolescenza. di quanto possano divenire problematici sia il contesto familiare che l’ambiente scolastico e di come sia facile per i cappuccetti rossi (così la bambina lupo chiama i ragazzi) finire tra le fauci della bestia.
Vista la diffusione degli hikikomori in Giappone, e ora nel mondo, si è cercato a lungo di capire quale sia la causa principale. Una madre oppressiva e l’assenza della figura paterna, la società competitiva e, per ultima, l’interpretazione tutta italiana a tale fenomeno che si riassume in: è colpa di internet e dei videogiochi, con tanto di servizi televisivi in prima serata che demonizzano per intero le nuove tecnologie con cui i Millennial sono cresciuti.
Titoli come Il Castello Invisibile ci ricordano che ogni individualità rimane comunque sempre un caso unico e, anche a livello terapeutico, come tale va trattato.
Il castello invisibile e il realismo magico
Il romanzo di Mizuki Tsujimura si inserisce nel filone letterario del realismo magico. Un genere che racconta storie realistiche in contesti realistici, dove nel corso della trama però irrompono elementi fantasy. Personaggi oppure realtà alternative con i quali i protagonisti interagiscono.
Il principale esponente del realismo magico è lo scrittore giapponese Haruki Murakami. Il suo romanzo che forse si avvicina di più all’opera di Tsujimura è Norwegian Wood. Una serie di flash back attraverso cui il protagonista Toru Watanabe ripercorre diversi momenti della sua vita. Costellata da lutti prematuri di persone vicine a lui o ai suoi conoscenti, che a un certo punto hanno deciso di togliersi la vita. Anche quello dei casi di suicidio è uno dei tristi primati di cui la società giapponese farebbe volentieri a meno. Proprio partendo dalla morte, Toru arriva a riflettere sulla vita e sul suo significato.
Per quanto riguarda il realismo magico, però, l’opera di Murakami che più si avvicina a Il Castello Invisibile rimane comunque 1Q84. Sembra la numerazione di un anno solare ma in realtà contraddistingue un mondo fantastico, e malevolo, simile al mondo reale ma con diverse differenze. La prima delle quali è la presenza nel cielo di due lune. L’opera è assai lunga e porta avanti un intreccio complesso che si dipana nel mondo reale e in quello fantastico. Sette religiose, popoli di piccoli uomini ed eventi straordinari trascineranno i protagonisti in un viaggio pericoloso e alienante.
Anche qui vediamo delle persone che si ritrovano in un mondo magico, a causa di qualcosa che li accomuna. Sto parlando dei due protagonisti, Aomame Masami (ripudiata dai genitori quando aveva 11 anni, perché aveva abbandonato la setta a cui la famiglia era devota. Ora è una killer che uccide uomini che maltrattano le donne. Ucciderà anche il leader di una setta chiamata Sakigake) e Kawana Tengo (professore di matematica e aspirante scrittore. Si ritrova invischiato nella setta Sakigake a causa di un libro che gli hanno commissionato). I due si erano conosciuti da bambini ma poi non si erano più rivisti, tra i due rimane però un legame che li unisce. Si ritrovano nel 1Q84.
Anche questo romanzo si presenta come un viaggio nel disagio di vivere della società contemporanea giapponese. La soluzione qui è l’amore, mentre ne Il Castello Invisibile è l’amicizia tra i ragazzi.
Il Castello Invisibile: una storia adatta anche ai giovanissimi
Visti quindi i temi trattati, si potrebbe pensare che Il Castello Invisibile sia una fiaba per un pubblico maturo. Ma non è così e questo è il particolare che differenzia l’opera di Mizuki Tsujimura da altri titoli che toccano tali tematiche, compresi i capolavori di Murakami.
L’opera non arriva a descrivere le conseguenze devastanti che i malesseri che iniziano a serpeggiare nelle giovani menti dei protagonisti possono portare. La belva resta in agguato ma non affonda i denti nelle tenere carni delle sue prede.
L’unicità del romanzo in esame è proprio il suo soffermarsi sugli stati iniziali dei diversi disagi che possono colpire le giovani menti. E proprio la totale assenza di scene cruente o di comportamenti estremi e, di conseguenza, di menti pesantemente disturbate rende la lettura de Il Castello Invisibile adatta anche ai giovanissimi.
I quali probabilmente troveranno intrattenente lo scenario fantasy della storia, i riferimenti a fiabe conosciute fin dai primi anni della loro vita e l’enigma, presente all’interno del castello, che i sette ragazzi dovranno risolvere per poter accedere alla stanza segreta ed esprimere un desiderio.
Le diverse personalità e problematiche degli ospiti della bambina lupo inoltre possono offrire diverse possibilità di identificazione prima di tutto ai lettori più giovani ma, in secondo luogo, anche agli adulti. A molti di noi sarà capitato infatti di vivere situazioni simili a quelle dei protagonisti della storia, anche se non abbiamo vissuto la nostra infanzia in Giappone. Purtroppo fenomeni quali il bullismo, non sono per niente sconosciuti in Italia.
Entrare in contatto con un titolo del genere però potrebbe significare per un ragazzino qualcosa di più. Potrebbe aiutarlo a osservare dall’esterno e a prendere coscienza di disagi che magari lui sta vivendo in quel determinato momento della sua vita. Oppure potrebbe riconoscerne qualcuno in qualche suo amico, ciò lo aiuterebbe a empatizzare con lui. Infine conoscere la psiche di una persona che è vittima di soprusi potrebbe servire a evitare che nelle scuole certe cose avvengano.
Anche perché un elemento dalla lettura de Il Castello Invisibile rimane chiaro nella mente del lettore. Alcune volte nella vita da solo non ce la puoi fare, o almeno è molto difficile farcela. Capita di cadere e in quel momento necessiti di qualcuno che ti tenda la mano. Altrimenti il lupo ti raggiunge.