Facciamo il punto della situazione sul remake dei Cavalieri dello Zodiaco di casa Netflix
La seconda metà della prima stagione di Saint Seiya: I Cavalieri dello Zodiaco, remake targato Netflix della celebre opera creata da Masami Kurumada, sbarca finalmente sulla piattaforma a distanza di sei mesi dalla prima parte, ed è dunque giunto il momento di tirare le somme su quanto visto finora.
I nuovi episodi – sei in totale, che portano l’intera stagione ad esser composta da 12 episodi della durata di circa 20 minuti ciascuno – vanno a completare il primo arco narrativo della storia dei Cavalieri, l’apripista per quella che è (e forse resta ancora oggi) la serie più amata dalla fanbase dell’opera di Kurumada: la Saga del Santuario, nota anche come saga del Grande Tempio, caratterizzata dalla storica scalata dei cinque Cavalieri di Bronzo, che tentano di salvare la vita della Dea Atena scontrandosi con il gradino più alto della gerarchia dei Saint, i Cavalieri d’Oro.
Il compito assegnato a questi sei episodi, tuttavia, è molto più arduo di quanto possa sembrare. Quanto visto nella prima parte, infatti, ha convinto poco sia la critica di settore che il grande pubblico, che ha riservato allo show un’accoglienza a dir poco negativa. Sebbene vi siano fan di nuova e vecchia data che hanno apprezzato il lavoro svolto dallo sceneggiatore della serie, Eugene Son, e dal suo team, la prima parte del remake non ha saputo far breccia nei cuori della maggior parte della fanbase, che non ha lesinato critiche e commenti – spesso molto aspri al punto da risultare poco obiettivi.
Per conoscere la nostra opinione sulla prima parte della serie, vi invitiamo a leggere la recensione che trovate sulle nostre pagine, poiché molti punti analizzati in passato – e che trovano una conferma anche in questa seconda parte – saranno, ovviamente, trattati in maniera più superficiale, semplicemente per non ripetere sempre le stesse cose e lasciare più spazio a quanto visto nei nuovi episodi.
Imparare dagli errori del passato
Prima di procedere oltre facciamo un breve riassunto, ovviamente contenete spoiler sui primi sei episodi del remake di Netflix dei Cavalieri dello Zodiaco.
A luglio ci eravamo lasciati con Seiya, Shiryu (Sirio), Hyoga (Crystal) e Shaun (versione femminile di Shun di Andromeda) impegnati nello scontro con Nero (nuovo nome di Ikki, fratello di Shun e Cavaliere di Bronzo della Fenice) e i “bizzarri” Cavalieri Neri creati in un laboratorio da Vandeer Gurad – nuovo villain creato appositamente per la serie, ex collega e amico di Mitsumasa Kido (Alman di Thule), capo di un’organizzazione paramilitare impegnata nel difendere l’umanità dalle macchinazioni degli Dei.
Dopo aver visto un primo arco narrativo quasi completamente stravolto – fatto di Guerre Galattiche combattute in bunker sperduti nel deserto, il cui ingresso viene controllato da un tombino-robot parlante e Cavalieri Neri trasformati in meri scagnozzi drogati di Cosmo da un antagonista spuntato fuori dal nulla – che comunque tentava di riallinearsi, a grandi linee, con quanto raccontato nella serie animata e cartacea originale, la seconda parte dello show aveva il compito di introdurci i Cavalieri d’Argento e offrirci uno sguardo più approfondito alle figure dei Cavalieri d’Oro.
Ogni fan dei Cavalieri conosce l’importanza e il rilievo che è stato dato ai Cavalieri d’Argento nell’opera originale. Non solo, gerarchicamente parlando, si posizionano a un gradino di distanza dai 12 leggendari guerrieri dorati, il cui cosmo appartiene a una delle 12 costellazioni che compongono lo zodiaco, ma anche in termini di potenza sono nettamente superiori rispetto ai quattro Cavalieri di Bronzo che si ergono in difesa di Atena, dunque, la produzione aveva davanti a sé una sfida non da poco: dargli nuova vita rispettando, anche a grandi linee, le basi gettate dallo stesso Kurumada.
Dopo aver visto il suddetto tombino parlante, uno Shun di Andromeda trasformato (inutilmente) in una donna per motivi pseudo politically correct e l’introduzione (anch’essa inutile) di un ulteriore villain che snatura completamente l’affascinante figura dei Cavalieri Neri, il rischio di ritrovarsi davanti a una schiera di Cavalieri d’Argento eccessivamente diversa dall’originale, o peggio ancora ridicolizzata, c’era ed era decisamente tangibile.
Fortunatamente per tutti i fan,vecchi o nuovi che siano, il team creativo ha saputo render, più o meno, giustizia a personaggi del calibro di Misty (Eris) della Lucertola, Moses della Balena, Asterione dei Cani da Caccia, Jamian (Damian) del Corvo, Argor di Perseo e Dante di Cerbero.
Per chi se lo stesse chiedendo la risposta è no, non si tratta di una dimenticanza. Capella dell’Auriga e Babel del Centauro non hanno trovato posto tra le schiere dei Cavalieri d’Argento del remake targato Netflix dei Cavalieri dello Zodiaco. Quali siano i motivi non possiamo saperlo, ma d’altra parte non è la modifica più grande fatta, né la più criticabile.
Se la battaglia tra Misty, Moses e Asterione contro Seiya riesce a convincere al pari dell’ingresso di Jamian e Shaina (Tisifone) e del salvataggio di Saori (Lady Isabel) da parte di Nero della Fenice (che tuttavia scaglia una versione censurata e confusa dell’iconico Fantasma Diabolico), lo scontro tra Argor e Shiryu risulta imparagonabile alla versione originale, al punto da rendere la figura del cavaliere di Perseo del tutto marginale.
Potrebbe non sembrare un grosso difetto, ma riservare così poco spazio a un simile personaggio, nonché tagliare parte delle conseguenze nate dallo scontro con il cavaliere del Dragone – come il periodo passato da Shiryu presso il monte Goroho, dove, grazie alle cure dell’amata Shunrei (Fiore di Luna), si liberò del senso d’inutilità, causato dalla perdita della vista, che lo tormentava e lo faceva sentire inferiore agli altri Cavalieri – sono scelte ben precise, che vanno a intaccare anche parte del futuro della narrazione.
Un momento simile lo abbiamo visto anche nella prima parte della serie, nella quale viene completamente stravolta la figura di Cassios, ridotto a un mero Cavaliere Nero (ovviamente nella nuova versione confezionata per il remake) e sconfitto durante il recupero dei pezzi della Sacra Armatura del Sagittario.
Chi conosce la storia originale sa che Cassios avrà un ruolo molto importante nello scontro tra Seiya e Aiolia (Ioria) del Leone, ed è forse uno dei momenti più intensi e toccanti di quell’arco narrativo, un momento che, purtroppo o per fortuna, resterà confinato nella versione cartacea e animata dell’opera di Kurumada… salvo eventuali resurrezioni supereroistiche – che non stupirebbero più di tanto, se consideriamo che lo show è stato realizzato spiccatamente per il mercato americano, dove la versione originale ebbe molto meno successo rispetto a quello che registrò in patria o in Europa.
“Dormi! Dormi! Dormi! Dormi!”
Prima di proseguire nella lettura di questo articolo, vi segnaliamo che di seguito sono presenti spoiler su alcuni momenti visti negli episodi finali di questa seconda parte del remake dei Cavalieri dello Zodiaco targato Netflix Vi suggeriamo, dunque, di sospendere la lettura e riprenderla dopo averne terminato la visione.
Siete ancora qui? Bene, allora veniamo a noi e, se siete anche fan dei cinecomic di casa Marvel, il titolo del paragrafo potrebbe avervi già anticipato di cosa andremo a parlare a breve. Ma andiamo con ordine.
Come abbiamo visto in precedenza, la resa dei Cavalieri d’Argento e il loro arco narrativo, può tutto sommato considerarsi soddisfacente ed è nettamente superiore a quanto visto nei primi sei episodi della prima stagione dello show.
Altro punto a favore è la resa grafica delle armature non solo della schiera dei guerrieri argentati, ma anche di quelle dei Cavalieri d’Oro, delle quali avevamo avuto dei brevissimi assaggi nella prima parte della serie e che possiamo goderci un po’ di più in questa seconda parte.
In particolar modo nei momenti che precedono lo scontro tra Aiolia/Ioria del Leone e Seiya, abbiamo modo di gustarcele in tutto il loro dorato splendore e ammettiamo che il lavoro svolto nella loro realizzazione è più che soddisfacente. Nonostante il team creativo abbia deciso di rendere tutti i Cavalieri d’Oro capaci di volare (per ragioni non meglio conosciute, ma presumibilmente per renderli ancora più “leggendari” di quanto già non fossero in partenza), le cloth in CGI fanno il loro effetto, così come alcune delle animazioni viste durante lo scontro tra Aiolos/Micene del Sagittario, Shura/Capricorn del Capricorno e il Cavaliere d’Oro dei Gemelli – che non sappiamo se fosse Saga o un’illusione.
Se dunque artisticamente e tecnicamente i Cavalieri d’Oro risultano decisamente convincenti, ciò che crea non pochi dubbi è nuovamente la narrazione.
Come abbiamo visto nella prima parte del remake dei Cavalieri dello Zodiaco di Netflix, in questa nuova versione della storia, Saori è la reincarnazione di Atena ed è gravata da una pesante profezia che la vede come causa dell’estinzione dell’intera umanità. In difesa della razza umana – oltre a Gurad e al suo esercito di Cavalieri Neri creati in laboratorio – troviamo, ovviamente, il Grande Tempio e i Cavalieri d’Oro che, pur riconoscendo nella fanciulla la figura della propria Dea (abissale differenza rispetto alla storia originale), condizionati dalla profezia, decidono di eliminarla scindendosi, tuttavia, in due gruppi: una parte fedele al Gran Sacerdote e ai suoi piani; e una parte, il cui primo membro fu Aiolos stesso, denominata “I Giusti” e fedele alla Dea Atena, una figura che ha sempre protetto la razza umana dalle machiavelliche macchinazioni di divinità come Ade o Poseidone.
Dar vita a questa scissione netta tra i Cavalieri, da un lato può dimostrarsi una scelta interessante narrativamente parlando – di fatto ci troviamo davanti a un qualcosa di completamente nuovo che, tuttavia, non va a snaturare del tutto l’opera originale, come l’inserimento di nuovi villain o i tombini -robot parlanti- mentre dall’altro, se mal gestita, può facilmente risultare l’ennesima occasione mancata di uno show che, a conti fatti, non si è ancora capito dove vuole andare a parare.
Questa sensazione di confusione generale si concretizza ancora di più nelle due puntate finali di questa prima stagione, una stagione che, in questa seconda parte, era quasi riuscita a risollevarsi.
Dopo aver assistito allo scontro tra i Cavalieri di Bronzo e quelli d’Argento, e alla prima battaglia tra un bronzino e un Cavaliere d’Oro, pur non avendo minimamente toccato le vette di epicità viste nella serie originale, tutto sommato sembrava di esser tornati sulla retta via, una via che ci avrebbe facilmente condotto al Santuario e alla, ormai iconica, scalata delle Dodici Case. Tuttavia c’era ancora qualcuno che tramava nell’ombra e, se permettete un parallelismo goliardico, questo qualcuno è paragonabile al tizio del celebre meme della riunione aziendale che, tirando fuori qualche infelice idea, viene buttato (giustamente) giù dalla finestra.
Ecco, il team creativo dietro lo show ha invece premiato tale iniziativa, inserendo nello show il più volte nominato Vandeer Gurad e il suo esercito di cavalieri in provetta, energumeni che, in questa seconda parte, dimostrano ancora di più di non essere neanche lontanamente paragonabili ai Cavalieri Neri originali.
Come se un esercito di bruti con armature potenziate da un serbatoio in grado di assorbire il Cosmo emanato dai colpi dei Cavalieri, non fosse sufficiente a lasciare un minimo interdetti gli spettatori, ecco che dal nulla appare quella che possiamo definire… la Saintbuster!
Ricordate la Hulkbuster di Iron Man vista anche al cinema in Avengers: Age of Ultron e Avengers: Infinity War? Ecco, una cosa simile è presente anche in questa seconda parte del remake dei Cavalieri dello Zodiaco e, al suo interno, troviamo ovviamente il vecchio Gurad in persona. Lo scontro che ne seguirà sarà tanto breve quanto poco entusiasmante, e sarà risolto dal giovane Seiya, che, in questa versione dell’opera di Kurumada, ricorda molto Tenma, il Cavaliere di Pegasus di The Lost Canvas, descritto più volte come il protettore di Atena e raffigurato spesso al suo fianco, protetto dalla cloth divina.
C’è ancora speranza?
Se seguite un po’ le news del mondo degli anime, saprete che lo show è stato già rinnovato per una seconda stagione e una cancellazione, al di là del feedback del pubblico relativo a questa seconda parte della prima serie, è quasi completamente da escludere.
Il team vuole a tutti i costi mostrarci la loro versione della Saga del Santuario e noi, al netto di quanto visto finora, dei vari alti e bassi, e, soprattutto, con la speranza che un’animazione migliore rispetto a questa – che continua ad essere facilmente paragonabile a quanto visto nei videogame realizzati nei primi anni 2000, se non addirittura peggiore visto che quasi tutti i personaggi continuano ad avere dei capelli statici a livelli innaturali – sia non solo auspicabile ma anche realizzabile, non possiamo far altro che attendere e vedere cosa saranno in grado di fare.
Appuntamento, dunque, alla fine di quest’anno o all’inizio dell’anno prossimo, periodo nel quale è possibile che arrivi la seconda stagione del remake dei Cavalieri dello Zodiaco di Netflix… sperando che la Saintbuster e il relativo pilota, restino li buoni dove li abbiamo lasciati.