Si conclude anche in Italia Cells at work, fortunato manga sul corpo umano
Ci è voluto più tempo del previsto ma anche il manga di Cells at work giunge alla sua fine, con il sesto volume in uscita questo mese. La serie di Akane Shimizu ha avuto successo non solo tra i giovani di adesso ma anche tra coloro che sono cresciuti, ormai diversi anni fa, con il cartone francese che tutti conosciamo col titolo Esplorando il corpo umano.
Evidentemente molti di noi continuano a essere incuriositi dal funzionamento della macchina perfetta che è effettivamente il nostro corpo ma, dopo tanti anni, per avere successo nel raccontarlo, bisognava trovare qualcosa di diverso e originale con cui mostrarne l’unicità. Cells at work è riuscito a fare questo in maniera egregia.
Vita da globulo rosso
Un po’ come il suo predecessore francese, il manga di Cells at work si compone, per la maggior parte, di storie autoconclusive con al centro una particolare zona del corpo umano e relativo funzionamento. Poiché il lettore osserverà l’andamento di un corpo sano, in ogni storia si assisterà alla quotidianità delle varie cellule e alla minaccia di un qualche virus o batterio.
Anche in Cells at Work i personaggi saranno ricorrenti, ma la protagonista principale è una giovane globulo rosso con uno scarso senso dell’orientamento. È così che si troverà spesso nel bel mezzo di un qualche guaio prontamente risolto dai globuli bianchi, o neutrofili, tra cui uno in particolare che incrocerà spesso e con il quale farà amicizia.
I due avranno a che fare spesso anche con gli altri componenti del flusso sanguigno, come le piccole ma efficienti piastrine, i fortissimi linfociti T o i premurosi macrofagi, e tutti insieme contribuiranno a modo loro alla salute e sicurezza dell’organismo.
In cosa si distingue Cells at work
Finora abbiamo paragonato il manga di Cells at work a Esplorando il corpo umano (o Siamo fatti così) ma sarebbe ingiusto definire il primo una copia giapponese del secondo. Per quanto l’idea del viaggiare all’interno dell’organismo non sia originale e sia stato fatto più di una volta (ce lo ricordiamo tutti Osmosis Jones, ci auguriamo), Cells at work riesce a distinguersi proprio grazie alla sua natura di manga giapponese, con i tropi e le particolarità tipiche dello shonen.
La prima cosa per cui spicca è, naturalmente, la caratterizzazione dei personaggi. Ogni cellula del corpo ha un aspetto umano e il ruolo che ricopre è traslato in una specie di mestiere del mondo esterno: i globuli rossi divengono quindi dei fattorini, che si prodigano a consegnare l’ossigeno presso le cellule, e hanno la divisa double-face per indicare se trasportano ossigeno o anidride carbonica; i macrofagi invece sono donnine in abiti da cameriera vittoriana, eleganti e raffinate, che nascondono un lato yandere quando si tratta di contribuire alla lotta contro il nemico, del quale poi eliminano i resti; il linfocita T sembra essere un membro di una squadra d’assalto e, d’altronde, è proprio quello che fa; le piastrine invece sono operaie con tutto il necessario per i lavori in corso, ma vestite come bimbe dell’asilo.
Di conseguenza anche l’ambientazione, e cioè la resa dell’interno del nostro corpo, si fa interessante: le cellule divengono case in stile giapponese o sull’albero, i vasi sanguigni sono collegati da ponti e gallerie, il midollo osseo è una scuola inglese dove vengono educati i globuli; gli starnuti per eliminare i germi sono razzi sparati direttamente dai bronchi ora divenuti centri di lancio aerospaziale. Insomma, anche sotto questo aspetto non manca di sicuro l’originalità.
Anche i virus e il modo in cui vengono rappresentate le cellule infette sono caratteristici: ognuno si distingue grazie a un design che ricorda cattivi di battle shonen vecchio stile, contro i quali si combatte senza esclusione di colpi e concludendo la battaglia letteralmente in un bagno di sangue. Al contrario del quasi pacifico Esplorando il corpo umano, nel manga di Cells at work non mancano mai pagine intere in cui neutrofili, linfociti e altre cellule guardiane sono ricoperti del sangue dei nemici, a causa dei loro attacchi degni di uno splatter.
Mentre nel cartone francese seguivamo il trio di globuli rossi lungo vari apparati e organi, in Cells at work si preferisce partire da eventi quali malattie, infezioni ed eventi che avvengono ripetutamente nel nostro corpo, per spiegare poi le varie componenti che entrano in gioco per la risoluzione del problema. Questo approccio non inficia affatto sulla fedeltà delle informazioni, estremamente coerente con la realtà dei fatti, qualità lodata anche dai medici che hanno commentato la serie e che il lettore potrà constatare con i suoi occhi praticamente in ogni pagina del manga, poiché l’autrice di Cells at work non dimentica mai di lasciare didascalie esplicative delle funzioni di ogni cosa, anche per sopperire all’assenza di una voce narrante.
Un manga sul corpo umano a 360 gradi
Cells at work si rivela un’opera interessante, divertente e istruttiva, sia nella sua forma manga che nella trasposizione animata disponibile in italiano sul canale Youtube di Yamato Animation.
Il modo in cui ricontestualizza le funzioni di base del corpo umano sono di grande intrattenimento, non solo per il modo in cui le propone come spiegato prima, ma anche per tutte le altre chicche che ha riservato nel corso dei 6 volumi di cui è composto: prima fra tutte, l’epica battaglia contro la cellula cancerogena, che cita palesemente Akira in più sequenze e pone addirittura discorsi esistenziali degni di altri shonen e seinen più impegnati, con riflessioni sulla libertà individuale e sulla società che contrastano parecchio con una ambientazione dove tutto svolge pedissequamente un ruolo predefinito e immutabile. Vi ritroverete a riflettere, anche solo per un istante, a come tanto di quello che avrete visto si rispecchia nel mondo qui fuori, nelle nostre relazioni interpersonali e nella mentalità sociale in generale.
Insomma, il fenomeno di Cells at work è stato così prorompente da far nascere ulteriori serie manga, tra cui Code Black, che tratta la vita interna di un corpo molto meno sano. Possiamo solo sperare giunga anche in Italia, per continuare a fare un bel ripassino di scienze mentre prendiamo coscienza, anche solo per un po’, del fatto che nel nostro stesso corpo avvengano quegli stessi meccanismi automatici e infiniti e di come prendercene cura.