Cenerentola, la più famosa delle principesse, con il passare dei secoli ha imparato che non di solo amore vive una donzella
Cenerentola. La principessa, la brava donna di casa, la dolce e remissiva orfanella che risponde con gentilezza alle angherie e le cattiverie della sua famiglia acquisita. Chissà se esiste qualcuno, sulla Terra, che non conosce la storia di Cenerentola o delle sue alter ego Rodopi, Yeh-Shen, Aschenputtel o Zezolla. Di sicuro, almeno nel mercato occidentale, la storia archetipica di tutte le storie di principesse e lieti fini sta avendo una nuova giovinezza, con retelling e remaking che cercano di metter pace tra l’angelo del focolare per eccellenza e una rinnovata ondata femminista che alla ricerca del principe azzurro preferirebbe la certezza di una parità di salario.
Difficile empatizzare nel 2021 con una morale esplicita come quella che accompagna la versione francese del XVII secolo, secondo cui “La bellezza è per la donna un gran tesoro, nè mai ci si stanca di ammirarla; ma assai più vale la buona grazia. […] Questo dono, o belle, ha più potere di una ricca acconciatura per avvincere un cuore e farlo proprio. La buona grazia è il vero dono delle Fate; senza di essa, nulla si può; con essa, tutto.” e difficile anche pensare che il remake live action Disney diretto nel 2015 da Kenneth Branagh non abbia in alcun modo aggiornato il suo punto di vista sulla storia d’amore ideale, restando ancorato a quella visione che da Perrault arriva a noi attraverso il dodicesimo classico Disney del 1950.
Ma laddove Disney fallisce, altre trasposizioni cinematografiche riescono (almeno parzialmente) a spostare il focus del messaggio dalla morale perraultiana. Già nel 2004, uno dei film che un’intera generazione ha visto almeno una volta nella vita ci presenta un aggiornamento della storia di Cenerentola in cui, oltre alla linea romantica, si affianca una storia di riscatto e realizzazione personale: A Cinderella Story, con Hilary Duff e Chad Michael Murray nei panni della royal couple, presenta una Cenerentola del nuovo millennio, che si destreggia tra lavori nella ristorazione e chat con principi misteriosi, ma che ha un progetto di vita, e quel progetto si chiama Ivy League. Oltre ad avere il pregio di presentaci uno dei pochi retelling di Cenerentola in cui la protagonista non si chiama Ella, Cindy, o Ashley, in questa rom-com di inizio anni 2000, grazia e bellezza vengono soppiantate dall’assertività del motto che il defunto padre di Sam/Cenerentola trasmette alla figlia: non lasciare mai che la paura di perdere ti impedisca di partecipare.
Ancora più deciso sul messaggio da trasmettere alle persone davanti allo schermo è il nuovo adattamento distribuito da Amazon Studios e arrivato sulla piattaforma video di Bezos il 6 settembre 2021. La Cinderella di Camila Cabello si scrolla di dosso modesta grazia e sottomissione, si arrampica su statue regali e sogna (perché possiamo liberarci di tutto ma non dell’american dream) di aprire una sua sartoria, diventare economicamente indipendente, smarcarsi dalla famiglia. Nonostante i difetti di un musical che sembra ispirarsi alle pellicole meno riuscite di Baz Luhrmann – sempre in bilico tra un camp involontario e l’irrimediabile trash di numeri musicali poco ispirati – questa rielaborazione di Cinderella suggerisce, senza neanche cercare di nascondere la morale nelle pieghe della storia, che la prima scelta che una persona dovrebbe fare è di scegliere se stessa ogni giorno (I choose me, afferma Ella, seppur questo dovesse significare far finire una storia d’amore appena iniziata). Non certo un messaggio radicale – stiamo comunque parlando di una produzione Amazon – ma anche solo instillare nelle nuove generazioni il dubbio che il per sempre felici e contenti non si esaurisce con la creazione di una relazione di coppia, ma che per essere felici insieme si deve prima essere felici da soli è un concetto che neanche avrebbe sfiorato le giovani menti davanti alle precedenti trasposizioni disneyane.
Se però le trasposizioni cinematografiche restano saldamente ancorate alla struttura fiabesca classica, limitandosi a fare piccoli passi verso la modernità, a giustificare la crudeltà della matrigna con una backstory superflua, senza modificare il cuore della narrazione – quella visione moralistica che porta le ragazze virtuose ad avere tutto dalla vita (una carriera e una relazione, cosa volere di più?) – è nel mondo della letteratura che si trovano le narrazioni più sovversive, quelle che – con la stessa maestria della nostra eroina con ago, filo, forbici e metri di stoffa – tagliano e riassemblano il materiale fondativo di questa storia di “eroina perseguitata” (510A secondo il sistema di classificazione Aarne-Thompson).
Pur abbondando anche sugli scaffali dei libri disponibili in italiano – il fuori catalogo Ash di Malinda Lo e l’altrettanto fuori catalogo primo volume delle Cronache Lunari di Marissa Meyer, la CenerentolA sceneggiata da Fumettibrutti e illustrata da Joe1, il tentativo abbastanza fallito del Cenerentola libera tutti di Rebecca Solnit -, le narrazioni più innovative non sono ancora state tradotte nella nostra lingua.
The Charmed Wife, di Olga Grushin, è un romanzo in grado di assecondare i gusti di chi ama le narrazioni del fantastico e di chi preferisce romanzi realisti, contemporanei. La storia della protagonista del romanzo – la chiameremo Cinderella, perché la sua storia è proprio quella – viene rifratta da un doppio corso di pensieri che la vede allo stesso tempo principessa delle fiabe, ingenua e innamorata dell’idea dell’amore, e donna del nostro presente alle prese con una psicanalista più madrina che materna e un’avvocata che sembra quasi in grado di operare delle magie.
Senza dare risposte certe – Cenerentola è il delirio di una donna che rifugge la realtà, o la fiaba è reale come sono reali le generazioni di topolini che accompagnano la principessa nella sua triste vita dopo il felici e contenti? – il romanzo di Olga Grushin pone nuove luci sui pensieri delle principesse che così bene pensiamo di conoscere, affrontando tematiche relazionali come la co-dipendenza affettiva ed economica (“she is beginning to understand that what she loved was not the man himself, nor the beast, but her own near-magical power to effect the transformation from the one to the other”) e riuscendo a bilanciare questa narrazione intima con pagine di epopea murina con tanto di colpi di stato e avventurosi viaggi nelle dispense.
Pensato per un pubblico diverso, ma con premesse comunque più interessanti di molti Libri Da Adulti in circolazione, lo young adult Cinderella Is Dead, di Kalynn Bayron, immagina il regno del Principe Azzurro duecento anni dopo la morta della principessa Cenerentola e lo fa riflettendo sul confine tra fiaba e mito.
Se il regno di Mersaille è infatti molto simile a una monarchia teocratica, il testo sacro da leggere e imparare a memoria, per ogni ragazza del reame, è proprio la storia di Cenerentola, nella versione approvata dal palazzo, a cui credere senza porre – e porsi – domande. In una società rigidamente eteronormata in cui le ragazze, al compimento dei sedici anni, sono costrette a partecipare al ballo in cui essere scelte dall’uomo che le sposerà, la protagonista Sophia dovrà lottare per non soffocare i sentimenti che prova per l’amica di infanzia Erin. Sarà l’alleanza con l’ultima discendente della sorellastra di Cenerentola, incontrata nel dimenticato mausoleo che ospita le spoglie della principessa, a far divampare la scintilla della ribellione in Sophia, pronta a tutto per scoprire la verità nascosta dietro il mito di Cenerentola e svelare al popolo chi sono davvero i cattivi di questa storia.
Cinderella Is Dead rielabora il materiale fiabesco – soprattutto quello derivante dalla Aschenputtel dei fratelli Grimm – con una sensibilità moderna, non tralasciando quel sentimento di sorellanza che – antitesi dell’individualismo – manca nella versione cinematografica di Amazon e che trova invece tra queste pagine, piene di personaggi femminili memorabili, fallibili, mai bidimensionali, un luogo in cui prendere forma e spazio nella mente di chi legge. Cinderella Is Dead non è un romanzo accomodante, non indulge nella morale (pur assumendosi il rischio di veicolare messaggi forti), nessuna delle donne di questa storia è graziosa, tutte sono arrabbiate. E a questo, servono, le nuove narrazioni delle vecchie storie: raccontare il nuovo riappropriandosi del vecchio, restituire la sua vita a Cenerentola, permetterle di raccontare la sua storia, trovare nuovi punti di vista e nuove eroine per non smettere mai di riflettere e di sognare. Per far sì che le storie smettano di appartenere a chi le ha raccontate, vecchi barbosi pronti a farci la morale, e tornino a essere materiale vivo in grado di evolvere insieme a noi.