Chrono Cross è un altro capolavoro dell’epoca PlayStation
Progettare un capolavoro.
Ogni volta che immaginavo come a Squaresoft le venisse in mente di fare un nuovo videogioco, vedevo questa immagine: il CEO che entrava nell’ufficio di un loro produttore e gli diceva “sai, siamo maggio, e quest’anno abbiamo sviluppato solo cinque meravigliosi giochi, non c’è spazio nella tua agenda per un sesto?” Credo andasse così l’intera faccenda essendo che non mi sono mai spiegato come mai un’azienda del genere riusciva a fare quello che a fatto di continuo per anni. Capolavori su capolavori. E Chrono Cross nacque proprio per volere di Squaresoft, dopo l’uscita di Xenogears (febbraio 1998) probabilmente avevano i loro dipendenti Geni che se la viaggiavano per gli uffici in cerca di loro stessi, e Squaresoft non poteva certo permettersi di sprecare tutta quella forza lavoro, così, subito dopo la pubblicazione di Xenogears (sottotitolo: un gioco bellissimo ma paradossalmente monco) decise di predisporre dei piani per un nuovo videogioco basato sullo script di Masato Kato, riguardante una sorta di capitolo successivo a Chrono Trigger. L’intenzione era quella di studiare un videogioco che facesse parte del mondo di Chrono Trigger, ma che non fosse propriamente un Chrono Trigger 2, anche perché il produttore Hiromichi Tanaka (ex programmatore della cartuccia di Chrono Trigger) e Masato Kato erano d’accordo che non volevano fare un sequel diretto, ma qualcosa di diverso. Una sorta di videogioco sprovvisto di viaggi nel tempo, ma con due mondi paralleli. Dove in uno di questi il protagonista fosse morto. Altri motivi per cui spinsero i due sviluppatori a non fare un Chrono Trigger 2, era il loro interesse di costruire una storia che potesse essere seguita anche da chi non aveva avuto modo di giocare al capitolo per Super Nintendo.
Di fatto, la produzione di Chrono Cross cominciò ufficialmente a metà nel 1998, con circa una ottantina di persone. Al timone Hiromichi Tanaka, che in fase terminale della produzione arrivò anche a gestire un centinaio di tester, Masato Kato alla macchina da scrivere e Yasunori Mitsuda all’orchestra. Il team, prima che i ruoli venissero ricoperti ufficialmente, aveva espressamente chiesto che ritornasse in vita il vecchio Dream Team di Chrono Trigger, con Akira Toriyama al design, ma per problemi di varia natura non fu possibile riassemblarlo. Ma nonostante questo, Nobuteru Yūki e Yasuyuki Honne, fecero un lavoro indimenticabile sul piano della caratterizzazione artistica dei personaggi e del mondo stesso. Subito dopo l’aver radunato il giusto staff, le Grandi Menti cominciarono a gettare su carta le loro idee. All’inizio sviluppo i produttori avevano pensato a una sorta di storia molto veloce, con tanti personaggi giocanti raccattabili nei villaggi, utili a proseguire la storia.
Ognuno con una sua storia dietro, ma con un solo finale possibile. Ne furono presi in considerazione ben 64, per poi a scendere via via a 45. Mentre il gioco veniva creato, l’idea della storia breve, con un solo finale, fu abbandonata per dar spazio a una vicenda un pochino più dilatata (la longevità di Chrono Cross si attesta intorno alle trenta ore) e diverse conclusioni. Conclusioni che però dovevano riportare il giocatore a tornare al più presto a rigiocare il titolo. Per cui fu necessario l’inserimento del New Game + che tra l’altro apportava una modifica molto particolare al gioco: premendo un tasto dorsale del Joypad della Play Station One, era possibile attivare una sorta di Fast Forward, per finire il gioco in metà tempo. Opzione ben conosciuta dai giocatori di Rom emulate. Invece per le ambientazioni, gli artisti decisero di mischiare tecnologia e atmosfere tribali, in sfondi prerenderizzati, e giocatore in 3D con i mostri a schermo. Cosa che richiese un enorme sforzo di programmazione da parte degli sviluppatori che si ritrovarono costretti a scrivere codice da capo senza utilizzare sorgenti già presenti in mano a Squaresoft. Anche il sistema di battaglia fu rivisto completamente rispetto ai classici Jrpg, tolta l’esperienza e il puro grinding, i livelli si acquisiscono ogni volta che si fa fuori un boss. Annullando così tutto quel tempo perso a raccattare punti esperienza che secondo i produttori di Chrono Cross distraeva il videogiocatore per niente. E finito il beta testing durato circa un paio di mesi il gioco arrivò in Giappone nel novembre del 1999, e chi lo aveva preordinato ebbe la possibilità di ricevere un cd extra contenenti cinque tracce.
La tanto odiata Europa.
Se nella prima parte di questo articolo vi ho parlato dello sviluppo di questo videogioco, nella seconda parte vorrei raccontarvi qualcosa in merito alle importazioni degli stessi da parte dei publisher. Che un gioco fosse un capolavoro o un campione di vendita non bastava di certo per far sì che questo arrivasse automaticamente in tutti i tre i mercati mondiali. Se l’America era un pochino più fortunata, l’Europa era un fottuto casino. Squaresoft, nonostante avesse una delle sue sedi in Gran Bretagna e fosse presente online in tutti i paesi dell’Europa con dipendenti pagati appositamente per rispondere alle domande dei loro utenti (avevano anche un forum con pre-moderazione attiva, in pratica, prima scrivevi e poi se il commento era pertinente o seguiva il loro rigidissimo regolamento veniva pubblicato) e quando Chrono Cross uscì in America molti fan della serie Chrono si riversarono sui forum Squaresoft chiedendo delucidazioni in merito. Squaresoft tutelò il marchio Chrono Cross in Europa, depositandolo, ma non uscì mai dal mercato NTSC. Questo accadde perché il titolo in questione era considerato troppo di nicchia, troppo oneroso da localizzare e troppo costoso da convertire per il mercato PAL (che aveva uno standard molto diverso dal quello NTSC). E nemmeno le alte vendite, parliamo di un milione e mezzo di copie per un gioco considerato per pochi, riuscirono a portare il gioco qui da noi. Gli appassionati del genere Jrpg fecero salti mortali per accaparrarsi il gioco (per esempio: io) ma quando si trovarono davanti ai primi dialoghi scritti con un inglese paradossale, pieno di giochi di parole, accenti sconosciuti e dialetti improponibili (capii dopo che era Australiano, e ‘sticazzi) compresero che forse non sarebbe stato molto facile cogliere le vicende del gioco.
Per molti di noi fu un supplizio capire la storia , anche le costruzioni di alcune frasi sembravano non avere senso e in più io incappai pure in un bug del gioco che mi costrinse a rigiocare daccapo tutta l’avventura. Insomma, Chrono Cross fu un parto e quando lo terminai con la guida ufficiale, mi rimase l’amaro in bocca. Troppo incomprensibile per un sedicenne come me, e troppo pieno di eventi che non avevo colto per via della lingua. Piangere dinnanzi la tv a tubo catodico non bastò, e nemmeno trascrivermi i dialoghi chiave su un quaderno che portavo a scuola nell’ora di inglese facendomeli tradurre dalla mia prof, riuscì a farmi capire meglio tutto quello che mi stavo perdendo. Ma adesso potete anche sbattervene di imparare questa lingua, perché i potenti Dei di Sadnes City sono – di nuovo – tornati a salvare la gente ignorante come me traducendo questa meravigliosa opera. Che non vi sto ancora consigliando di giocare immediatamente, perché lo farò nell’ultima parte di questo articolo.
Sì, ok, ma il gioco?
Quando si parla di videogiochi che hanno sulle spalle parecchi anni, in questo caso 16, è difficile cercare di far comprendere cosa erano costretti i nostri occhi a vedere, gli standard grafici di fine anni novanta erano bassissimi a confronto di quello che gira ora anche su un semplice cellulare, e i programmatori dovevano fare a pugni con gli hardware di allora, ok, con la CPU della PlayStation One sono andati su Plutone, però Chrono Cross con tutti quegli effetti a schermo girava sì e no a 15fps al secondo, con punte di 20. Vogliamo parlarne? Ma questi, sedici anni fa, non erano problemi, era semplicemente lo standard. Chrono Cross rispetto alle produzioni master di Squaresoft, tipo Final Fantasy VIII, risultò migliore in tutto per tutto, sia nella cura poligonale dei personaggi, che per l’effettistica usata. Davvero spingeva la console a vette sconosciute. Merito di uno studiatissimo motore grafico sviluppato, da zero, esclusivamente per questo gioco. Pur essendo considerato un Jrpg si discostava di molto dal genere, infatti molti elementi classici di questa tipologia di gioco vennero abbandonati, esplorando nuove frontiere, tra cui la longevità, e un battle sistem molto più dinamico e veloce rispetto ai classici Jrpg dell’epoca. Protagonista della vicenda Serge, e una sua amica Kid, una ladruncola sfacciatella, che si muovono all’interno di El Nido (il nome dell’arcipelago dove è ambientato Chrono Cross) alla ricerca della Fiamma Congelata. La colonna sonora, credo, una delle più ispirate nonché struggenti che si possano sentire, e infatti, ancora oggi è dopo quella dei vari capitoli di Final Fantasy è ancora una delle più vendute.
Scars of Time ne è un esempio, il tema d’introduzione, che fa alzare parecchi peli sulle braccia. I mondi paralleli, completamente disegnati a mano, sono praticamente l’opposto, e durante il gioco, il passaggio da uno all’altro, permetterà di andare avanti negli eventi. Che si succedono a ritmo decisamente elevato rispetto alle tempistiche medie degli jrpg di quegli anni, che magari per sbloccare qualcosa ti facevano perdere cinque ore per niente. E seppur molte evoluzioni e rivoluzioni di Chrono Cross si rivelarono efficaci in termini di giocabilità e narrazione, non furono più presi in considerazione nelle future produzioni Squaresoft, una Squaresoft che nel 2000, complice la sua capacità di guadagnare bene, la rendeva lungimirante per alcuni giochi, ma completamente cieca e piena di sé, a tal punto che pochi anni dopo rischiò il tracollo finanziario per via del fantastico progetto del film di Final Fantasy. Fondendosi infine con la Enix, smettendo completamente di fare bei giochi. Se per Chrono Trigger ebbero pietà e dopo secoli lo portarono in Europa sottoforma di gioco per console portatili e smartphone, Chrono Cross non ebbe la stessa fortuna. E io non ho ancora ben capito perché stiate qui a leggermi quando potreste benissimo recuperarlo e giocarlo. Potreste addirittura tornare indietro a ringraziarmi.