Si stava meglio quando si stava sugli alberi e mangiavamo bacche.
Se sono qui per parlarvene è tutta responsabilità di John Romero. È stato lui, durante un’intervista televisiva rilasciata poco prima dell’uscita di Daikatana, a farmi scoprire Chrono Trigger considerato da lui (e da tanti altri appassionati del genere) il miglior videogioco partorito da questo pianeta. Ed è nella stessa maniera che sono venuto a conoscenza di altre produzioni di Squaresoft diverse da Final Fantasy. Che ai tempi pensavo fossero già il meglio del meglio e invece no. Perché sto parlando di Chrono Trigger? Semplice, perché è innegabile che sia uno di quei giochi che hanno davvero cambiato le regole. Innovando e ridefinendo una tipologia di genere, il Jrpg, che sembrava aver trovato la massima espressione con Final Fantasy VI. E invece no. Chrono Trigger arrivò nel solo mercato Giapponese e Americano nel 1995, alla fine degli anni ’90 in Europa era divenuto un gioco abbastanza raro e costoso, non perché fosse introvabile o ché, semplicemente la versione Americana, l’unica che poteva essere presa in considerazione data la comprensione del testo, sembrava fosse sparita nel nulla. Non c’erano i potenti mezzi legati al mondo di internet odierni, vedi l’E-Commerce, che dà la possibilità a chiunque di trovare qualsiasi cosa, vent’anni fa ci dovevamo attaccare tutti al cazzo.
Esistevano alcuni commercianti che trattavano l’import diretto, ma sul mercato Italiano erano pochi gli esercizi che facevano questo tipo di servizio, e inculavano noi appassionati senza chiederci neanche se c’era piaciuto o meno. Appunto, pagai la mia copia Giapponese di Chrono Trigger 220’000£ (156,00€ dei giorni d’oggi) senza capirci nulla ma davvero nulla della storia, e bloccandomi al prima enigma. Che era fare tre giri completi di una stanza. Ma chi cazzo sapeva che questo simbolo: un quadrato dentro un quadrato più piccolo, con a seguito un numero 3, significasse che dovevo effettuare tre vasche in un stanza. Piansi. Eccome. Accendevo il gioco giorno dopo giorno, rimanendo bloccato in quel maledetto buco schiacciando in tutti i modi e possibili varianti ogni tasto del pad del Super Nintendo. Arrivai alla disperazione massima e decisi di trascrivermi il dialogo che l’unico personaggio non giocante presente in quella stanza da cui non potevo uscire continuava a dirmi quando lo interpellavo, e andai da ogni giapponese che incontravo nella città dove andavo a scuola cercando di farmi tradurre l’idioma. Neanche questo bastò. E il gioco rimase lì. Poi arrivarono le traduzioni e io devo limonare duro quelli della SadnesCity che mi permisero di ritrovare la sanità mentale e completare Chrono Trigger con tutti i suoi tredici finali. Come mai vi racconto questo? Perché una volta i giochi erano anche questo: la ricerca disperata dell’andare avanti, tutto era duro, improponibile, impossibile e mettici il linguaggio, ne veniva fuori che molte volte i giochi venivano accantonati perché non c’era modo di andare avanti. Ma le cose sono cambiate e adesso ogni gioco ti dà la possibilità di proseguire anche se sei un po’ ritardato (persone come me ringraziano queste nuove feature).
Sviluppo by Geni.
Ma veniamo a noi. Chrono Trigger, sviluppato dal cosidetto Dream Team, nacque da un’idea di Hironobu Sakaguchi (già produttore di Final Fantasy) e Yuji Horii (ideatore della serie di Dragon Quest) col design di Akira Toriyama. L’idea di fondo era quella di sviluppare un gioco che nessuno aveva mai fatto. La Squaresoft radunò all’incirca una sessantina di sviluppatori e attraverso il produttore Kazuhiko Aoki, assemblò quello che è divenuto il team vero e proprio di Chrono Trigger. Lo sviluppo del gioco iniziò nel 1993, La script fu affidato a Masato Kato che lavorò per circa un anno insieme al produttore Yuji Horii per tentare di costruire una storia che non fosse troppo noiosa (Masato Kato era dell’idea che i viaggio nel tempo non potessero funzionare), in più c’era l’incognita della nuova periferica che sarebbe dovuta uscire per Super Nintendo, il Super Famicom Disk Drive, e il gioco che in realtà si chiamava Maru Island, sarebbe dovuto uscire proprio su questo tipo di supporto. Ma quando Nintendo cancellò il progetto, Maru Island fu cambiato in Chrono Trigger e dirottato su una cartuccia ROM classica da 32MB con la ram per i salvataggi. La cartuccia fu programmata appositamente da Hiromichi Tanaka (che diverrà poi produttore di Chrono Cross, il sequel di Chrono Trigger) che dovette inventarsi un modo per far sì che l’area dove avveniva il combattimento fosse la stessa dell’ambientazione, senza cambio di stage, il problema erano le risorse limitate della cartuccia + il Super Nintendo stesso, perché il fatto che i nemici fossero visibili e quindi evitabili nella mappa del gioco portava via molte risorse.
Mentre programmatori e produttori sbattevano la testa per venire a capo a tutte le sfide che si erano imposti, Akira Toriyama lasciò la direzione artistica e il team dovette utilizzare i suoi disegni e i vari concept per mandare avanti la produzione. Molte delle idee furono implementate durante il vero e proprio sviluppo, cosa impossibile con i giochi odierni, dove ogni feature deve essere ponderata con anni d’anticipo. Se la programmazione era una sfida, immaginatevi cosa poteva essere scrivere delle partiture musicali basate su dei semplici disegni. Nobuo Uematsu e Yasunori Mitsuda fecero anche questo, raggiungendo livelli di qualità inimmaginabili. Nonostante Nobuo Uematsu avesse già fatto un egregio lavoro con Final Fantasy VI, in Chrono Trigger si spinse ancora più in là, partorendo una delle più riconosciute e migliori colonne sonore mai create a memoria d’uomo. Consiglio di farvi un giretto su Youtube per ascoltarla. Nel frattempo, durante lo sviluppo del gioco, i programmatori avevano paura che i bug potessero colpire gli eventi del gioco, impossibilitando i videogiocatori ad andare avanti nella storia, ed essendo che nessuno aveva esperienze in questo settore: i viaggi nel tempo, Chrono Trigger ebbe un lunghissimo beta testing, ed è stato grazie a questo, che fu implementato il New Game + utilizzato poi in altri titoli futuri, tra cui Chrono Cross, Vagrant Story e Final Fantasy X-2 (che volevo nominare perché mi sembrava giusto per i fan dei seni). Essendo che i tester erano spinti a rigiocare il gioco daccapo ogni volta che veniva finito, curiosi di vedere i finali alternativi. La cartuccia alpha fu mostrata in Giappone nel 1994, e nel 1995 il gioco in beta venne recapitato alle varie testate giornalistiche per far conoscere le varie idee che componevano questo mostro di opera ai giornalisti del settore. Chrono Trigger ricevette da quasi la totalità dei giornali il massimo dei voti o quasi, e il motivo era presto detto, aveva innovato tutto l’innovabile.
Il gioco in sé e altre chicche che dovete sapere per sopravvivere al domani.
Le vicende di Chrono Trigger attraversano varie Epoche esplorabili tramite una Navicella di nome Epoch che permette di viaggiare nel tempo, alcuni personaggi arrivano da Epoche differenti e qualsiasi azione che si fa nel passato ha delle ripercussioni nel futuro, questo è secondo me, quello che c’è da sapere dell’incipit. Protagonista della vicenda: Crono, vero e proprio collegamento tra il videogiocatore e il gioco stesso, muto, quasi quanto un Gordon Freeman, vi accompagnerà in una storia ricca di avvenimenti e intrecci che anche rigiocato ora fa impallidire certe narrazioni odierne (vero Final Fantasy XIII?). I vari personaggi giocabili (sono sei, più uno extra) furono sviluppati da vari membri dello staff con la supervisione di Hironobu Sakaguchi, infatti c’è anche una rana, che non doveva esserci, ma che infine hanno incastrato dentro la storia, perché il mondo umano di Chrono Trigger non prevedeva all’inizio degli umanoidi, ma poi sì. Ma qual è l’effetto coinvolgimento/trascinamento di Chrono Trigger? Diciamo pure che era un insieme di novità che non erano ancora presenti sul mercato videoludico, già il viaggiare nel tempo non era mai esistito, il fatto di poter cambiare la storia in base alle scelte subendo differenti finali, anche questa era una innovazione mica da ridere, il sistema di combattimento prevedeva combo diverse in base ai membri del party presenti durante lo scontro. Ma il traino vero e proprio erano le vicende, un insieme di avvenimenti che ti portavano avanti nella storia, cercando di correre verso il finale senza fermarti mai. Era un gioco che cominciavi per piacere, ma che finivi perché non potevi farne a meno. Le Epoche esplorabili, sono sei, dalla preistoria (con qualche licenza poetica) all’apocalisse, dove avviene solo lo scontro con il cattivo del gioco, Lavos un bastardello che se va in giro a distruggere il pianeta.
L’ultima Epoca, chiamata La Fine Del Tempo, stilizzato in ∞ (nonché il tatuaggio preferito dalle teenager), fu introdotta dagli sviluppatori per ultima perché i Beta Tester del gioco trovarono difficoltà nel procedere con l’avventura, e quella stanza, quadrata, con presenti due lampioni e due personaggi non giocanti servivano da guida per il giocatore. Che guarda caso, fu proprio la stessa stanza che mi bloccò inesorabilmente. Mi dovete delle lacrime indietro ragazzi. E non ho parlato della grafica, ovviamente rapportate le mie parole all’anno 1995, ok, c’era già il Sega Saturn, va bene, ma lo avevano solo in cinque e quindi non faceva molto testo. La componente grafica di un Jrpg è sempre stata il fiore all’occhiello della Squaresoft, che aveva degli ingegneri molto preparati, capaci di tirare fuori il meglio da una console che aveva poche risorse, e considerando anche che la cartuccia non prevedeva nessun modulo aggiuntivo grafico, si capisce che salti mortali abbiano dovuto fare ai tempi quei poveri cristi di programmatori (il Super Nintendo poteva adottare processori extra inseriti direttamente nella ROM del gioco. Vedi il DSP e il Super FX 2, che potenziavano di molto la potenza della macchina). Gli effetti delle Tecniche (le magie vengono chiamate così in Chrono Trigger) erano curatissime e molto dettagliate. Anche gli effetti luci avevano una loro particolare storia, infatti, erano ispirate da Alien, il film. Il gioco passa da avere atmosfere scherzose e leggere a toni più cupi prendendo nell’interezza l’intera sfera di sensazioni che normalmente noi proviamo durante la nostra esistenza. Discostandosi, di molto dalle produzioni semicatastrofiche di Final Fantasy. Ok, Squaresoft, va bene che tutti dobbiamo morire, ma con calma grazie.
E già che ci siamo Radical Dreamers
Dopo l’enorme successo di Chrono Trigger, giunto solo per il mercato Giapponese e Americano (noi Europei non eravamo ancora degni, in realtà, era che c’erano problemi legati alla conversione del gioco e alle mille traduzioni che avrebbero dovuto fare per permettere al gioco di penetrare il mercato) la Squaresoft, decise di fare una sorta di sequel/non si capisce bene cosa, utilizzando la storia di Masato Kato che aveva continuato a scrivere su il dopo Chrono Trigger. Lo sviluppo fu completato in tre mesi e si trattava di un’avventura testuale con sfondi che cambiavano in base al luogo in cui ci si trovava, le musiche composte da Yasunori Mitsuda completavano il quadro “ambientale”. Radical Dreamers approdò solamente in Giappone e in esclusiva per la periferica Satellaview del Super Famicom che nel caso doveste conoscerla vengo a baciarvi direttamente a casa vostra. Oltretutto, la medesima avventura grafica, è anche un gioco di difficilissima reperibilità, nonché uno dei più costosi oggetti da collezionismo videoludico, ma non disperate, se volete vederlo basta che andiate su Youtube e c’è qualcuno che l’ha completato con tutti i finali possibili al posto vostro. Neanche dovrete vendervi la madre quindi per vederlo. Masato Kato però non fu affatto contento dell’opera finale, che lui ritenne sempre un gioco incompleto, infatti nel 1999 quando la Squaresoft tentò di inserire questo particolare capitolo, nel remake di Chrono Trigger per PlayStation One, l’autore non diede l’autorizzazione. Le vicende raccontano di un ragazzetto di nome Serge che incontra una piccola ladra di nome Kid e partono per un’avventura in cui unisce un mago di nome Magil, i tre sono alla ricerca della Fiamma Congelata, un artefatto in grado di esprimere qualsiasi desiderio, artefatto in mano a uno stronzetto di nome Lynx che la custodisce nella sua magione. Come Chrono Trigger, Radical Dreamers fornisce vari finali, in base all’affetto che Kid prova per Serge, e alle scelte prese durante l’avventura. Serge, Kid, Lynx, vi ricorda qualcosa? Perché buttare questo ben di dio quando ci si può fare un gioco sopra, vero Squaresoft.