Ho perso molta passione per i manga con gli anni. Si, Naruto, One Piece e altra roba carina mi passa spesso ancora sotto mano, ma la lettura è molto distaccata. Per questo non mi dichiaro un grosso esperto del panorama dei manga odierni, ma accidenti se ne ricordo uno tra i tanti, che “ai miei tempi” adoravo davvero: Maison Ikkoku. Come tante persone nate negli anni ottanta, l’opera di Rumiko Takahashi mi è capitata sotto gli occhi inizialmente grazie al cartone animato, che aveva il titolo più smieloso della storia: Cara dolce Kyoko. Anche se ero piccolo provavo una spontanea simpatia per tutti i personaggi di quel cartone. Poi un po’ più grandicello, con l’arrivo del manga in Italia nel 1998, ho riscoperto nuovamente l’opera, ancora più intrigato da essa, ancora più divertito, provando una forte empatia verso il suo protagonista. Maison Ikkoku è uno dei manga più “unisex” che siano mai usciti, nonostante si tratti di una commedia romantica e l’autrice sia una donna, (parliamo della mangaka più popolare e influente di tutto il Giappone, non per niente è nota come “la regina dei manga”).
La narrazione e lo spirito di Maison Ikkoku è cosi “universale” che davvero, chiunque può appassionarsi, maschi o femmine che siano. La storia per chi non la conoscesse, racconta della bella Kyoko, giovane vedova che si occupa del mantenimento di una vecchia pensione, la Maison Ikkoku, lasciata in amministrazione alla ragazza dal suocero, ovvero il padre del defunto marito Soichiro. Il vero protagonista del racconto però, è Yusaku Godai, giovane universitario squattrinato e inquilino della casa, nonché segretamente e perdutamente innamorato di Kyoko. La storia racconta otto anni della sua vita, in uno spaccato del Giappone degli anni ottanta molto ben rappresentato. Nonostante Rumiko Takahashi sia famosa per le sue opere molto sopra le righe come Lamù o Ranma 1/2, Maison Ikkoku conserva la spensieratezza del suo stile, immergendoci però stavolta in un contesto molto realistico e maturo. Ogni personaggio è caratterizzato in modo unico e rimane indelebilmente impresso nella memoria di chiunque si sia affacciato al manga/cartone all’epoca della sua uscita, anche a distanza di anni. Le difficoltà di tutti i giorni di Godai con lo studio, il lavoro e la vita amorosa, la purezza dei suoi sentimenti, le sue virtù e debolezze, e la sua crescita personale, tutto è raccontato con tanta delicatezza e spesso molta ironia, senza mai patetismi di sorta. Ti affezioni realmente al suo vissuto, al suo carattere ingenuo, volenteroso, al suo essere sempre con la testa fra le nuvole (spettacolare la gag dello scontro di faccia con il palo della luce ogniqualvolta si perde nelle sue fantasie per strada) e giunto alla conclusione, lascia davvero la sensazione di aver accompagnato un amico importante nel percorso più significativo della sua vita. E tutto condito con un umorismo sempreverde tipicamente giapponese ma ancora più tipicamente “Rumikiano”, sincero e spesso esilarante. Non si può proprio non provare spontanea simpatica per tutti gli inquilini della Maison Ikkoku, come la signora Ichinose, alcolizzata e cinica ma sotto sotto con il cuore tenero, l’invadente e misterioso Yotsuia, l’avvenente gatta morta dalla dubbia moralità Akemi, e perché no, anche per i personaggi apparentemente più antipatici come il playboy Mitaka, rivale in amore di Godai con una assurda ed esagerata fobia per i cani.
Tutti dietro il loro macchiettistico apparire superficiale, nascondo personaggi veramente profondi e a modo loro interessanti. Chissà, forse perché appartenenti ad un’epoca in cui i manga avevano un’estetica più genuina, umilmente realistica, mi verrebbe da dire, e vicina a noi, senza “l’infighettamento” generale che hanno i protagonisti della maggior parte dei manga di oggi, l’empatia che creava Maison Ikkoku con il lettore, o almeno con me, è stata davvero molto forte. Non voglio scendere in ulteriori dettagli riguardo l’opera, mi limiterò a citare il drama live action composto in due parti uscito nel 2007, che a differenza di tante altre produzioni similari, non faceva poi cosi schifo per quanto si trattasse di un “riassuntissimo” delle prime vicende del manga.
Mi piacerebbe senza dover rovinare la scoperta dell’universo di Maison Ikkoku con ulteriori dettagli, consigliare di cuore a chiunque fosse incuriosito, soprattutto i più giovani che molto probabilmente non conoscono il manga per motivi anagrafici, di recuperarlo, di dargli una possibilità, di farsi trascinare dal manga, una vera perla sempreverde e un grande patrimonio tra le opere giapponesi che non potrà non conquistarvi. Fidatevi di me.