L’educazione ai tempi del kimono
Il catalogo Bao si arricchisce questo mese di una sontuosa e imponente riedizione di due volumetti pubblicati qualche anno fa da Sergio Bonelli Editore. Dalla penna di Roberto Recchioni e dalle matite di Andrea Accardi, ritornano nelle fumetterie le loro due storie ambientate nell’antico Giappone, La via del Samurai e I fiori del Massacro, raccolte in un volume, completamente a colori. Prima di addentrarci nella descrizione del valore effettivo del volume Bao, partiamo dal piacere della lettura di questi due racconti lunghi.
Il Samurai e l’Assassina
Il setting delle due storie è il Giappone Medievale, quello dell’epoca Edo, quando Tokyo ancora non si chiamava Tokyo, i briganti si aggiravano nelle terre di nessuno disperse tra le campagne e le risaie, quando l’arma bianca terrorizzava e le katane lanciavano scintille a ogni parata.
Recchioni ha messo in scena due racconti di formazione, avventurandosi in due direzioni incredibilmente diverse.
Si inizia con Tetsuo, un allievo samurai che deve partire alla ricerca del suo maestro e riportarlo dal suo padrone, dove espierà la sua perdita d’onore. La Redenzione del Samurai racconta la dedizione di Tetsuo, la sua solitudine, la sua abnegazione alla dottrina dei samurai, la via del bushido, lasciando intendere che il suo maestro ha fatto un ottimo lavoro con il suo allievo, costruendo una personalità da perfetto suddito e spada del Signore Feudale a cui fanno capo.
Le vicende si susseguono e in una serie di rivelazioni (neanche tanto sorprendenti), Tetsuo comincia a rivedere la sua posizione, perde la sua innocenza e si addentra nel mondo torbido e sporco degli intrighi di corte, capendo che talvolta il male si annida proprio lì dove non si è mai guardato. Con il suo maestro e un terzo comprimario, il cieco Zatoichi, cercheranno di rimettere a posto le cose in un regno ridotto alla fame e ormai allo sbando.
Ben diversa è invece la storia di Jun, protagonista de I fiori del Massacro, figlia orfana del consigliere del Signore Feudale, morto suicida per protestare contro la corruzione del suo castello. La ragazza abbraccerà l’idea di vendetta, fino a percorrere Meifumado, la strada più buia dell’animo umano dove la morte e la distruzione albergano in attesa di essere scatenate.
Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a un romanzo di formazione, dove la giovane e bella Jun, di nobili origini, viene addestrata nelle arti dell’assassinio per poter finalmente compiere la vendetta che si era prefissata. Gran parte del racconto è dedicato a sondare come la ragazza cambi nel corso dell’intera vicenda, come perda la sua innocenza, acquisendo la durezza e la spietatezza che servono per compiere azioni al di là della normalità. È emblematico come il duello tra Jun e la sua ‘maestra’ e padrona, al termine dell’addestramento, si risolva in un singolo gioco di sguardi, ben più eloquenti di ogni wakizashi sguainato o shuriken lanciato.
I Fiori del Massacro è un racconto duro e tagliente, una discesa agli inferi senza perdono ed è legato alla Redenzione del Samurai grazie alla presenza di un personaggio comune, Zaitoichi, lo spadaccino cieco che indirizza Jun verso il luogo di addestramento.
Ambedue i racconti vedono un singolo protagonista che affronta le proprie credenze, segue le proprie convinzioni, spinto da una forza interiore indescrivibile, da un desiderio (quello di fare del bene per Testuo, quello di vendicare i suoi genitori per Jun) quasi tangibile, unico vero motore capace di determinare quella differenza di potenziale tanto travolgente da traghettare il lettore fino all’ultima pagina senza un attimo di sosta.
Le due storie sono sostanzialmente semplici, senza diramazioni convolute o digressioni, ma sta proprio lì la potenza narrativa di questi due racconti. La linearità ha il vantaggio di poter tratteggiare in maniera impeccabile i due protagonisti, seguendone il cammino un passo alla volta, e senza mai guardarsi indietro.
China e sangue
Dalla penna della nostra rockstar del fumetto, Roberto Recchioni, è venuta fuori la sceneggiatura di questi due lavori, ma è sicuramente grazie alla bravura e alle vera e propria maestria di Andrea Accardi che le scene hanno preso vita sulle pagine. Le sue vignette e le tavole in toto sono assolute e si sposano perfettamente con la parola scritta. Alcune sequenze, anche molto lunghe sono mute, una successioni di paesaggi, innevati, al chiarore della luna, estivi, notturni, che da sole raccontano le vicende senza essere necessariamente arricchite (o inquinate) dalla parola scritta.
Il tocco quasi magico di Accardi, poi, esplode nelle scene di combattimento, ricche ed elaborate come impone il genere, raccontate grazie a coreografie complicate e dinamiche, dove i personaggi sembra davvero che escano fuori dalla pagina, si lancino in corsa con i lineamenti trasfigurati dallo sforzo. Ogni singolo fotogramma urla Giappone da tutte le linee, raccontando con un tratto a metà strada tra l’occidentale e il fumetto d’autore nipponico, una realtà lontana e avvincente.
Se pensate davvero che la bellezza di Chanbara sia finita qui, allora devo dirvi che tutto il lavoro di Accardi è stato ulteriormente impreziosito da una inedita colorazione a opera di Stefano Simeone (per la Redenzione del Samurai) e Luca Bertelè (per I Fiori Del Massacro). I due artisti hanno aggiunto un’ulteriore dimensione all’intera opera, rendendo questa edizione Bao superlativa su ogni fronte, facendo scorrere il sangue sulla neve e lasciando che la luce dell’alba illuminasse le distese di risaie al limitare del Feudo.
Il risultato è eccellente e ancora di più dona una nuova dimensione alla storia di Recchioni e Accardi, facendo del volume un’impareggiabile opera di altissimo pregio.
Tra Cinema e Realtà
La scelta di intitolare Chanbara la raccolta di queste due storie giapponesi non è del tutto campata in aria, per un sacco di motivi. Basta pensare che per ‘chanbara’ si intende il combattimento con le katane e ovviamente, viste le tematiche affrontate, i due racconti sono perfettamente ascrivibili sotto questa definizione. Inoltre, e forse in maniera più pregnante, Chanbara è il genere cinematografico che raccoglie i film di kimono e katana che tanto sono andati in voga nel Giappone degli anni 70 e 80. Akira Kurosawa ne è ovviamente il capostipite, ma tanti altri autori si sono cimentati in questo genere come Hideo Gosha e Kihachi Okamoto, ognuno con la sua sfera di influenza e il suo tocco personale.
Tra le espressioni, le parole e le azioni dei diversi protagonisti di Recchioni e Accardi, si nota inevitabilmente l’influenza dei maestri giapponesi, che in qualche modo emergono qua e là, svelando quanto la realizzazione dei due fumetti sia un enorme omaggio a quel tipo di cinema, un po’ come Tex lo è per i Western americani. Basti pensare che Okamoto è famoso per le scene di combattimento estremamente violente e lunghe esattamente come si vede nella sequenza finale che coinvolge Jun o nell’assalto al villaggio di Tetsuo. Oppure soffermandosi su alcune inquadrature, si può notare quanto queste urlino AKIRA KUROWASA in qualsiasi maniera le si guardi.
Non sono solo i rimandi tecnici (per così dire) a rifarsi alla cultura cinematografica giapponese, ma i due autori hanno ben pensato di mutuare un personaggio direttamente dal folklore e dall’iconografia del chanbara: Zaitoichi, lo spadaccino cieco, è infatti protagonista di decine e decine di racconti e film (tra cui quello di Takeshi Kitano a cui Accardi si è ispirato come modello) tanto da diventare parte dell’immaginario collettivo nipponico. Gli stessi protagonisti, sono delle rivisitazioni di alcuni tra gli epitomi e archetipi di alcuni personaggi caratteristici (Jun, nelle sue fasi finali di crescita, mi ha richiamato alla memoria quel capolavoro che è Lady Snowblood) e sicuramente il sistema di ispirazione e rimandi a cui i due autori ha attinto per realizzare la stesura definitiva dei due racconti è sconfinata. Ora siamo ancora più curiosi di vedere cosa tireranno fuori dal cappello se davvero queste due storie non sono altro che il prologo a un’avventura lunga dodici numeri, forse in preparazione per un futuro non meglio precisato.
The Bao Treatment
Ancora una volta, Bao si conferma come la Casa Editrice Di Lusso. Il volume di Chanbara è cartonato con sovraccoperta in pergamena, enorme, pesante e consistente. Oltre ai due racconti a fumetti, il fondo del libro è dedicato a una raccolta incredibile di bozzetti e studi preparatori, con commenti dell’artista Accardi, vari livelli di lavorazione delle vignette, tentativi e sketch di ogni tipo. Per chiunque sia appassionato del dietro le quinte dei fumetti, questa piccola appendice è una vera manna dal cielo.
Ma non è finita qui. Le goodies messe a disposizione da Bao continuano online, grazie alla condivisione per via telematica delle sceneggiature complete de La Redenzione del Samurai e dei Fiori del Massacro, con bozza della tavola a matita a fronte. In pratica è possibile leggere la sceneggiatura e contestualmente vedere il risultato grafico, per gustare in un certo senso il connubio parola-immagine un solo colpo d’occhio. Per me che sono particolarmente interessato in questo aspetto, solo questo ‘regalo’ vale tutto il prezzo del volume, ma considerate che comunque, parliamo di un libro di 256 pagine a colori di grande formato e sborsare 25 euro per un mostro del genere è il minimo concesso dalla legge!