Tra mito e storia
I cavalieri Templari, nella cultura di massa, sono divenuti una figura ammantata da un’aura di mistero e sacralità. Nella letteratura, nei film e nei videogiochi, il Templare è visto come un devoto custode di segreti arcani e pericolosi, capaci di sconvolgere il mondo.
La realtà era un po’ diversa, e se il Dottor Giacobbo e il signor Brown lo concederanno, cercheremo di spiegare, nella maniera più semplice possibile, chi fossero realmente i Templari, scindendo la loro affascinante storia dal velo di misticismo creatosi negli ultimi anni.
L’ordine si sviluppa in Terra Santa alla fine della prima Crociata, conclusasi con la conquista del Santo Sepolcro da parte delle potenze Europee nel 1099. Mentre i potenti iniziavano a spartirsi le aree di influenza, alcuni dei guerrieri che avevano preso le armi durante la guerra decisero di stabilirsi a Gerusalemme, adottando uno stile di vita monastico presso la Basilica del Santo Sepolcro. Le cose erano però destinate a cambiare in fretta. Un sempre maggior numero di pellegrini iniziava ad affluire verso i territori che avevano visto la nascita, la vita, la morte e la resurrezione del Messia Cristiano, seguendo rotte che però non erano affatto sicure: la guerra si era conclusa da poco, ma i focolai del conflitto qua e là erano ancora vivi, inoltre la disfatta dei precedenti padroni islamici e le difficoltà per il nuovo Regno di Gerusalemme di sostituirsi all’ordine precedente, comportavano un vuoto di potere in cui avevano buon gioco a inserirsi quanti desideravano darsi a una vita di razzie. I rischi per i visitatori di Gerusalemme e altri luoghi legati alla vita di Gesù erano incalcolabili, così un numero sempre maggiore di persone ritiratesi a vita monastica comprese come la maggiore necessità per il nuovo regno in Terra Santa fossero soldati, non uomini di preghiera, e si decise a riprendere le armi per difendere i viandanti dagli attacchi che subivano lungo la strada.
Come si sia venuto a formare l’embrione dell’ordine non è dato a sapersi, ma le possibilità concrete restano due: una formazione dal basso, ovvero nuclei di soldati che poco alla volta si riunirono per poter combattere i predoni sulle vie di pellegrinaggio, o una formazione dall’alto, da parte di un’autorità centrale ancora incapace di vigilare da sola sulle proprie strade che non poté fare altro che riconoscere le varie formazioni guerriere che si andavano formando.
La prima data certa, in cui l’Ordine Templare viene riconosciuto, è il gennaio 1120, al Congresso di Nablus, al quale partecipa tutto il clero di Gerusalemme. Alla richiesta di poter prendere le armi per difendere i fedeli in visita nella Terra Santa, il clero si pronuncia a favore della fondazione dell’Ordine e re Baldovino II di Gerusalemme dona loro il palazzo dove sorgeva la moschea di al-Aqsa, luogo identificato dagli Europei in Terra Santa come il Tempio di Salomone. E qui dobbiamo fare la prima grande correzione alla mitologia templare moderna: l’Ordine non prese mai realmente sede sulle rovine del Tempio, ma solo in un luogo che i crociati identificavano come tale.
La confraternita, ormai riconosciuta, prese il nome di Poveri Compagni d’armi di Cristo e del Tempio di Salomone, da cui, appunto, il termine “Templari”. Ci vorrà comunque un altro decennio perché l’ordine venga riconosciuto anche dal Papa, durante il Concilio di Troyes, nel 1129. Il motivo è da ricercarsi nella distanza tra il papato e l’Oltremare, come gli europei definivano i regni della Terra Santa, ma anche al fatto che, inizialmente, l’ordine era distante e isolato, apparendo come niente più che una piccola confraternita di un regno appena nato. L’anno successivo l’Ordine riceve anche l’approvazione di uno dei più grandi predicatori della cristianità, Bernardo di Chiaravalle, che nel suo Elogio della nuova cavalleria, destinato al primo Gran Maestro dell’Ordine, Hugues de Payens, esorta al rafforzamento dei Templari come atto di devozione verso la fede cristiana.
La vocazione dei Templari a difendere la cristianità si ampliò ben presto, portando l’Ordine a diffondersi a macchia d’olio. Se inizialmente lo scopo era quello di proteggere i pellegrini dai briganti che infestavano la Terra Santa (alcuni dei quali erano, probabilmente, anche europei sbandati, senza i mezzi per tornare a casa dopo la fine della Crociata), il concetto si era ampliato alla difesa dei confini di tutti gli stati cristiani del mondo, dando quindi l’opportunità all’Ordine Templare di diffondersi e avere sedi stabili anche nel resto dell’Europa, principalmente in quelle nazioni che vivevano a stretto contatto con gli “Infedeli”, come la Penisola Iberica, ancora nel pieno della contesa con i Musulmani, e l’Impero Bizantino, in costante conflitto con i regni che premevano a est, ma anche negli stati italiani, Francia e Inghilterra.
Ma i territori non erano tutto, infatti, nel corso degli anni successivi, prima papa Innocenzo II (1139) e poi papa Celestino II (1144) e papa Eugenio III (1145) concedono all’ordine una serie di privilegi che ne fanno una potente realtà nello scenario politico ed economico di quegli anni.
L’Ordine, a forza di acquisizioni e privilegi, è ormai divenuto ricchissimo. Non a caso, tra i suoi interessi principali c’è quello di salvaguardare i beni dei pellegrini, diventando, sul modello delle realtà italiane già affermate, un vero e proprio banco di cambio, a cui i viaggiatori affidavano i propri beni prima di viaggiare verso la Terra Santa, ottenendone in cambio delle bolle di cambio con cui avrebbero potuto riscuotere il credito una volta giunti a destinazione. Questa forma di usura, nonostante il cristianesimo ne condannasse formalmente l’attività colpendo con la scomunica chiunque prestasse denaro, era tollerata e largamente diffusa, specie considerato il gran numero di potenti, inclusi i regnanti, che avevano ottenuto denaro dall’ordine.
Nel frattempo iniziano i primi conflitti di quella che gli storici definiscono oggi come Seconda Crociata, alla fine degli anni ‘40 del secolo XII. Dopo qualche iniziale vittoria, con cui gli stati crociati riescono a ottenere alcuni nuovi territori, portando il Regno di Gerusalemme al suo apogeo nel 1177 (battaglia di Montgisard), il signore d’Egitto e di Damasco, Salah ad Din meglio noto come Saladino, riesce a riconquistare, poco alla volta, potere e influenza. Già nel 1179 riesce a infliggere a Baldovino IV una pesante sconfitta presso Marj Adyun, a seguito della quale i Templari perdono una delle loro roccaforti più importanti, il Guado di Giacobbe. Otto anni più tardi Saladino riconquista Gerusalemme, privando l’Ordine della propria sede.
I Templari si trasferiscono così ad Acri, nella speranza di poter organizzare una nuova crociata che permetta loro di riprendersi la propria dimora ma, come noto, i successivi tentativi di conquista da parte dei regni occidentali avranno quasi tutti esito negativo. La terza crociata si concluderà con un nulla di fatto e la quarta si rivelerà una farsa ordita dai veneziani, destinata ad attaccare un’altra potenza cristiana, l’Impero Bizantino. Anche la Crociata di Federico II di Svevia nel 1228, che pure si concluse con un trattato che permetteva ai pellegrini di accedere in pace ai luoghi di culto della Terra Santa, fu un fallimento per i Templari, che si videro esclusi da ogni forma di accordo.
Nel frattempo, l’Ordine dei poveri compagni d’armi di Cristo era chiamato anche in altre zone dell’Europa, come l’Ungheria e la Polonia, dove iniziavano a premere i Mongoli, i quali riuscirono a sconfiggere i difensori cristiani. In seguito ai fallimenti continui dei condottieri della cristianità, nel 1291 l’ordine viene definitivamente scacciato dalla Terra Santa, trasferendo la propria sede nella vicina isola di Cipro.
L’inizio del secolo XIV segna la fine dell’Ordine Templare. Filippo IV di Francia, detto il Bello, è fortemente indebitato con la confraternita. Venerdì 13 ottobre 1307 fa così arrestare l’intero ordine e, sostenuto da papa Clemente V, riesce a farlo sciogliere nel 1312, in seguito al Concilio di Vienne. In un primo momento il papa sperava di poter salvare l’ordine, riformandolo in modo da avere un maggior controllo su di esso, ma l’influenza che la corona di Francia aveva sul papato, all’epoca all’inizio del suo periodo di cattività Avignonese, era tale da non permettere alcuna ingerenza ecclesiastica nei confronti di re Filippo.
Nel corso di una serie di interrogatori feroci e sessioni di tortura, poco alla volta le accuse all’ordine prendono corpo: usura, ma anche sodomia, idolatria, sacrilegio. Il tutto porta al famoso rogo del Pont Neuf sulla Île de la Cité, nella quale l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine, Jacques de Molay, perse la vita insieme al Commendatario di Normandia, Geoffrey de Charny.
Qui finisce la storia dei Templari e inizia la loro leggenda.
Una tradizione popolare diffusa vuole che, in punto di morte, Jacques de Molay abbia scagliato un terribile anatema nei confronti del papa e del sovrano, predicendo la loro morte entro l’anno e maledicendo la corona di Francia per tredici generazioni. Sempre secondo questa leggenda, c’è chi afferma che il boia cui venne affidata la ghigliottina il giorno dell’esecuzione di Luigi XVI abbia pronunciato le parole “sono un Templare. Jacques de Molay è vendicato”. Tale aneddoto è ovviamente privo di fondamento, ma rende bene l’idea dell’intera tradizione che si sarebbe sviluppata attorno alla figura dei Templari nei secoli successivi, forse aiutata dal fatto che il popolo, pur di non accettare la fine dei primi difensori della cristianità, ne abbia perpetrato il mito in vari modi, associandolo in tempi moderni a una serie di società segrete, fino ai nostri giorni, dove i Templari sono protagonisti di ogni possibile teoria del complotto.
In effetti l’Ordine sopravvisse, ma non nella maniera in cui Dan Brown e il dottor Giacobbo ci hanno abituati a credere. Nei luoghi in cui era forte il conflitto con potenze straniere di fede diversa, i sovrani fecero di tutto per salvaguardare i Templari, confiscando sì i loro beni come indicato dal papato, ma solo per restituirglieli dopo che la confraternita si era rifondata sotto altro nome: emblematico il caso del Re di Portogallo, che fonderà l’Ordine di Cristo, chiaro riferimento alla denominazione originaria dei Templari, riaffidando loro quelle proprietà che gli erano state espropriate. Nel frattempo, l’eredità dei Templari veniva raccolta da tutti gli ordini guerrieri che erano stati fondati sul loro modello, come gli Ospitalieri dell’Ordine di San Giovanni e l’Ordine Teutonico, i quali ricevettero i beni dei Cavalieri del Tempio dopo la loro soppressione.
Il credo militante era ben lungi dall’essere terminato.
Mamma, voglio fare il Templare!
Anche se le principali attività dei Templari si svolgevano in Terra Santa e nella Penisola Iberica, l’ordine aveva sedi sparse in tutta Europa. Di pari passo con la crescita delle proprietà, si sviluppò anche una complessa struttura gerarchica, che vedeva sulla propria cima il Gran Maestro dell’Ordine, eletto nella sede in Oriente. Le terre sotto l’influenza dell’Ordine venivano divise in province, ognuna delle quali era affidata a un amministratore, il Gran Commendatario, dal nome delle strutture attorno alle quali si sviluppavano le sedi dell’ordine, dette Commende. Sotto di loro si trovavano i Commendatari cui venivano affidate le singole sedi, i quali si riunivano in Capitoli a cadenze regolari per risolvere le questioni relative all’Ordine. Ogni commenda si componeva in un microcosmo di persone, una comunità di cui facevano parte non solo i vari cavalieri, quindi la parte militante dell’Ordine, ma anche gli attendenti, i Sergenti Templari, i quali avevano compiti che variavano a seconda della situazione e, solitamente, costituivano la fanteria nelle battaglie campali. Oltre a loro c’erano una serie di frati e servitori che si occupavano delle attività giornaliere dell’Ordine, curando le commende e coltivando le terre e i cappellani, che si occupavano delle necessità spirituali della comunità.
Ma chi entrava a far parte dell’Ordine Templare? Si è molto discusso su chi ne facesse parte, la verità è che tutt’ora non c’è un’identificazione omogenea di chi fosse un Templare. Questo perché, come detto, non c’erano solo uomini d’armi tra le sue fila, anzi, talvolta i membri dell’Ordine non erano neppure uomini, visto che ci sono arrivate testimonianze di donne associate ai Templari in diversa maniera, con compiti dall’amministrazione delle commende, alle necessità spirituali delle stesse, fino al lavoro di fatica che occupava la giornata tipica in una sede templare, per niente diversa da quella di un monastero o di una corte di epoca coeva, a cui si aggiungevano però varie sessioni di addestramento militare e di esercizio.
Per quanto riguarda le alte sfere dell’ordine, quindi i cavalieri, essi erano mediamente uomini nel fiore degli anni, con una formazione militare pregressa e di età compresa tra i venticinque e i trent’anni. Non mancavano però eccezioni a questa regola: da un lato potevano esserci uomini molto più maturi, vecchi condottieri che, al tramonto della loro esperienza bellica, si facevano Templari per rendere conto a Dio nei loro ultimi anni, dall’altro ragazzini in età prepuberale, tra i dieci e i dodici anni, solitamente “pueri oblati”, ovvero bambini affidati all’Ordine dai propri genitori oppure orfani cresciuti in una delle case dei Templari, visto che la regola vietava l’ingresso nell’Ordine a chi non fosse considerato un uomo in età adulta. Difficile credere che questi bambini fossero destinati a diventare cavalieri, visto che tale ruolo spettava comunque a persone di alto lignaggio, ma non è improbabile che fossero destinati a servire come sergenti sul campo di battaglia, ricevendo quindi un addestramento militare da parte dell’ordine.
I motivi per cui un uomo adulto decideva di entrare nell’Ordine potevano essere diversi ma, banalmente, si entrava nei ranghi dei Templari per ragioni economiche: ad esempio, caduti in povertà, pur facendo parte di un nobile lignaggio, ci si affidava all’Ordine per avere un supporto nella vecchiaia, oppure si decideva di diventare Templari in quanto “cadetti”, ovvero secondi figli di una famiglia nobile che difficilmente avrebbero potuto ereditare, cercando la propria fortuna in campo militare (lo stesso concetto è, secondo alcuni storici, alla base della nascita della cavalleria).
D’altro canto esistevano anche veri e propri atti di devozione, come l’entrata nell’Ordine per grazia ricevuta, o come gesto di fede per affrontare un evento traumatico: da i documenti dell’epoca ci è pervenuto il caso di un cavaliere francese di Digione, Guy Cornelly, il quale, di fronte alla malattia della moglie, affidò tutti i propri beni al vescovo locale, “arruolandosi” come combattente per la fede. Vi erano infine persone che entravano nell’ordine come atto di penitenza per ottenere la remissione dei peccati ed essere assolto dai crimini commessi contro la chiesa, scelta fortemente caldeggiata da Bernando di Chiaravalle.
I Cavalieri del Tempio ammettevano solo persone realmente convinte di voler far parte della confraternita, sottoponendole (previo pagamento, pur non essendo la cosa specificata dalla Regola Templare) a un duro periodo iniziatico, al termine del quale, se l’individuo era considerato degno, si proseguiva con il giuramento. Il rituale era ben codificato e ci è pervenuto da alcuni manoscritti assieme alla Regola. La cerimonia avveniva all’alba o nelle prime ore della giornata, sia per esigenze pratiche (si doveva svolgere il rituale prima delle attività giornaliere di lavoro e preghiera), sia per finalità simboliche (nuovo giorno, nuovo confratello). L’ammissione era presieduta dal Commendatario Provinciale, all’interno di una riunione del Capitolo. Prima di presentarsi di fronte ad esso, l’aspirante veniva preso in disparte da due o tre confratelli anziani, i quali gli parlavano un’ultima volta, in termini particolarmente aspri, delle privazioni e delle fatiche che avrebbe dovuto affrontare in quella vita. Se dopo questa ramanzina il nuovo aspirante era ancora convinto, si procedeva al rito d’iniziazione. Per prima cosa gli venivano poste alcune domande circa i suoi legami, se fosse sposato o avesse promesso di entrare in altri ordini religiosi, quindi gli si chiedeva quale fosse il suo stato di salute, se avesse contratto debiti o avesse pendenze con la legge. Se riusciva a dimostrare in maniera soddisfacente di non avere obblighi si procedeva all’ammissione, presentando il candidato di fronte al Capitolo, dove il Commendatario Provinciale lo redarguiva comunque un’ultima volta sulle difficoltà della vita nell’Ordine.
Se dopo l’ennesima strigliata non aveva ancora cambiato idea, il postulante veniva allontanato in preghiera, mentre il Capitolo esaminava il suo caso. Se l’esame aveva esito positivo, lo si richiamava e (di nuovo!) gli venivano ricordati gli obblighi dell’Ordine, le privazioni e le pene in cui sarebbe caduto nel caso avesse cercato di sottrarsi ad essi. Ricevuta (l’ennesima) risposta affermativa, il novello Templare giurava, in nome di Dio e della Vergine Maria, di obbedire al Gran Maestro, vivere in castità e povertà, di adottare e difendere le tradizioni dell’ordine, oltre a quella di difendere (e, più tardi, riconquistare) Gerusalemme. A questo punto il cappellano pronunciava una preghiera e il Commendatario dava al nuovo confratello il bacio della pace.
Così nasceva un nuovo Templare.
Equipaggiamento: alla pugna!
Contrariamente alla maggior parte degli eserciti dell’epoca, i Templari avevano delle regole ben precise riguardo al loro equipaggiamento e alle armi che dovevano portare in battaglia, fissato nella Regola dell’Ordine. Un Templare, secondo quanto stabilito dall’Ordine al 1170, doveva avere un abbigliamento sobrio nella vita di tutti i giorni, durante i quali si prediligevano colori poco sfarzosi, come il bianco o il nero. Il vestiario base era costituito da un camisaccio, solitamente in lino o cotone, con le braghe di cuoio o tela sopra i mutandoni. La Regola prescriveva anche un taglio di capelli monastico per i confratelli, come portare la barba e il colore del mantello, bianco, su cui spiccava la croce rossa dell’ordine.
Quando scendeva sul campo di battaglia doveva vestirsi con un usbergo, una tunica a reticolo fatta di cuoio in modo tale che ne lasciasse scoperto il viso, che ne copriva il corpo per tre quarti. Sopra l’usbergo si indossava il gambesone, una robusta tunica imbottita, fatta solitamente di strati di cotone, lino, stoppa o lana sovrapposti, che costituiva una buona difesa di base dalle armi da taglio. L’armatura del Templare era originariamente molto leggera, e solo i guanti e le braghe erano costituiti da una maglia di ferro, dovendo difendere le zone più esposte del corpo. Soltanto più tardi la quantità di ferro nell’armatura del Templare aumenterà, inserendo una cotta di maglia al posto dell’usbergo di cuoio. Completava l’equipaggiamento l’elmo, di varie fogge a seconda del ruolo svolto in battaglia dal guerriero.
Una piccola precisazione: il termine armatura, così come lo concepiamo noi, appartiene alla prima età moderna: le armature complete si diffusero solo nei secoli XV e XVI.
Da ricordare, infine, la distinzione che correva tra i Cavalieri e i Sergenti nell’abbigliamento: se i primi rispondevano all’immagine classica del Templare, con la tunica bianca con la croce rossa ricamata, i secondi vestivano di nero.
L’armamento era diverso a seconda della classe del Templare. La spada lunga, oggetto che tutti noi siamo soliti associare al soldato medievale, era un oggetto riservato alle classi agiate, un’arma da cavalieri e che quindi distingueva questa categoria. Era consigliata dallo statuto un’arma a doppio filo, dalla punta arrotondata, cosa che suggerisce che essa venisse utilizzata soprattutto di taglio. Altra arma utilizzata era la mazza turca: per quanto fosse considerata adatta alle classi più sfavorite, quindi prediletta dai Sergenti, era un’arma utile e piuttosto versatile, adatta a vari utilizzi in battaglia. A queste si aggiungevano armi destinate all’uso fuori dalla battaglia, per le evenienze di tutti i giorni, come il temperino e l’accetta, ma che alla bisogna potevano essere utilizzate anche nello scontro. L’arma più utilizzata rimaneva comunque la lancia, essendo la fanteria la base di ogni esercito dell’epoca: la regola prescriveva che essa fosse in legno di frassino, carpine o melo, con l’asta di almeno tre metri e la cuspide in ferro, a forma di losanga a doppio filo.
Lo scudo Templare, infine, era principalmente in pioppo, con una forma triangolare leggermente dagli angoli smussati. Le dimensioni, in principio, erano di circa 150 cm, ma nel tempo si ridussero per permettere anche ai cavalieri di sfruttare le armi ad asta più agilmente, arrivando a forme circolari del diametro di circa 60 cm.