Per la seconda stagione Christian prova a rinnovarsi, aggiungendo più spiritualità al racconto
La prima stagione di Christian ci aveva sorpreso favorevolmente.
Il modo in cui riusciva a far coincidere sacro e profano, elementi all’apparenza così distanti come la criminalità all’interno di un’ambientazione urbana, nello specifico quella periferica di Città-Palazzo, girata per lo più nel quartiere romano di Corviale, con una componente spirituale e religiosa, rendeva questo esperimento intrigante e riuscito. “Non dovrebbe funzionare ma funziona”, avevamo detto della prima stagione di Christian, perché in effetti era questa la sensazione che ci avevano dato i primi sei episodi della serie.
Come sempre però ripetersi non è facile e Stefano Lodovichi & co. sanno bene quanto sia importante provare a rinnovarsi senza tuttavia stravolgere gli equilibri.
Per questa seconda stagione si sceglie quindi una nuova strada, accantonando per buona parte le tematiche criminali, bruciando metaforicamente la droga e deponendo le armi, in favore di una componente spirituale ben più accentuata e un gioco mentale fatto di abile strategia, tra angeli e demoni, tra Cristo e anticristo.
Ma qual è l’anticristo? O meglio, chi è?
Per dirla ben più semplicemente: chi sono i buoni?
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Non è facile capirlo, per quanto venga naturale fare il ‘tifo’ per Christian e la sua ‘banda’.
Edoardo Pesce si ripete in una performance importante e di buon livello, in un ruolo che appare scritto per lui, e una Silvia D’Amico (Rachele) ormai first lady e sempre più nel vivo della storia.
La love story tra i due diventa uno dei passaggi più intensi e interessanti nel corso delle nuove 6 puntate, sebbene il finale lasci un po’ interdetti e con l’amaro in bocca.
L’assenza di un personaggio carismatico e potente come il Lino di Giordano De Plano si sente molto, e l’esigenza di un villain – se vogliamo chiamarlo così – non può essere del tutto soddisfatta da un enigmatico Claudio Santamaria e il suo Matteo, praticamente costretto ad essere un cattivo e per questo meno efficace.
Il nuovo regno in mano a Christian è ben più difficile da gestire di quanto forse lui stesso poteva immaginare, poiché le difficoltà arrivano da tutte le parti, dai nemici e anche dai presunti amici.
Spesso Christian è solo, quasi in balia degli eventi, e troppe volte i suoi ‘poteri’ e le sue capacità sembrano non essere sufficienti. Alla gente i miracoli non bastano, vogliono sempre qualcosa in più. L’avarizia e la gola, del resto, fanno parte in maniera intrinseca della natura umana così come gli altri 5 vizi capitali, che divengono parte integrante di questo racconto.
Nel complesso Christian si mantiene un esperimento interessante e originale, provando a scappare da quella banalità ormai troppo spesso dominante nelle produzioni italiane, ma il modo in cui lo fa intacca più volte la scorrevolezza della narrazione, danneggiata anche da una scrittura troppo contorta e che si perde nell’esplorazione di frontiere mistiche che confondono eccessivamente lo spettatore.
Buona la prima e un po’ meno la seconda, insomma, ma siccome la serie è stata rinnovata anche per una terza stagione, vedremo prossimamente cosa avranno in serbo per noi gli sceneggiatori.