Cinecomic in Italia: il rapporto tra fumetti e cinema nel panorama nazionale
A pochi giorni dal debutto in sala (e alla Mostra del Cinema di Venezia) di 5 è il numero perfetto di Igort, esploriamo il panorama di film ispirati ai fumetti, restando nell’ambito del made in Italy.
Quello di Igort non è il primo caso di fumettista prestato al mondo del cinema: non dimentichiamo le incursioni nella settima arte di Gipi con L’ultimo terrestre (2011), Smettere di fumare fumando (2012) e Il ragazzo più felice del mondo (2018). Una differenza, tuttavia, occorre sottolineare se mettiamo a confronto Gipi e Igort come registi: se il primo sviluppa (almeno fin ora) film ex novo, senza ispirarsi alle sue opere, Igort porta in sala uno dei suoi fumetti più famosi, pubblicato da Coconino (di cui allora era ancora direttore editoriale) nel 2002.
Va menzionato anche AkaB, il fumettista underground che ci ha lasciati pochi giorni fa, e che ha firmato la regia di ben tre lungometraggi: Mattatoio (2003), Il corpo di Cristo (2004) e Vita e opere di un santo (2005), tutti intrisi della sua estetica visionaria e disturbante.
Cinema e fumetto in Italia, così lontani e così vicini
Per quanto 5 è il numero perfetto (interpretato dagli eccellenti Toni Servillo e Valeria Golino) costituisca il debutto di Igort alla regia, l’autore cagliaritano non è per nulla nuovo al mezzo cinematografico. Nel corso della sua versatile carriera, Tuveri ha scritto diverse sceneggiature per il cinema, tra cui Last Summer e L’accabadora, e ha partecipato alla realizzazione di alcuni documentari: su tutti, Igort, il paesaggio segreto di Domenico Distilo dedicato ai suoi lavori russi e, in generale, alla sua poetica per immagini.
Nel caso di 5 è il numero perfetto abbiamo almeno la garanzia che lo spirito del fumetto sarà interamente rispettato, data la coincidenza tra autore e regista. In altri casi, però, i personaggi dei fumetti italiani portati sullo schermo non hanno avuto lo stesso privilegio.
Il caso Dylan Dog
A questo proposito ricordiamo gli esiti altalenanti di Dylan Dog al cinema, probabilmente il personaggio che più volte si è affacciato alla settima arte. Su tutti, il piccolo cult di Dellamorte Dellamore diretto da Michele Soavi nel 1994. Al di là di uno splendido topless di Anna Falchi e di un’orda di zombie boy scout è davvero difficile non guardare questo film con un sorriso di condiscendenza: tuttavia, anche grazie all’interpretazione di Rupert Everett (a cui è ispirata la fisionomia di Dylan Dog), questo rimane il prodotto cinematografico meglio riuscito legato all’immaginario di Tiziano Sclavi.
Deludente al limite dell’irritante, sicuramente banale e superficiale è Dylan Dog: Dead of night di Kevin Munroe (2011). Finora non possiamo dire che Dyd abbia avuto un reale exploit al cinema, ma l’annuncio della Bonelli Entertainment lascia sperare in un futuro migliore.
I Manetti Bros e il cinecomic di Diabolik
Parlando di fumetto italiano e cinema, non possiamo ignorare uno dei film nostrani con più hype degli ultimi mesi, se non anni: con l’annuncio di un cast stellare i fratelli Manetti sono ufficialmente al lavoro su Diabolik.
Il cinecomic, ispirato alle avventure del ladro nato dalla fervida fantasia delle sorelle Giussani conferma la tendenza del cinema italiano a prendere finalmente sul serio il fumetto come fonte d’ispirazione. A rendere il prodotto un prodotto di qualità, almeno sulla carta, saranno due firme pressoché inattaccabili del nostro cinema (vincitori del David di Donatello 2018 per Ammore e Malavita, come miglior film) e alcuni attori molto amati, seguiti e talentuosi: Miriam Leone sarà l’astuta e bellissima Eva Kant, Valerio Mastrandrea sarà l’ispettore Ginko e Luca Marinelli – uno degli attori più importanti della sua generazione – sarà Diabolik.
Come Dylan Dog, anche Diabolik era già stato portato al cinema da uno dei registi cult del genere. Era il 1968 quando il ladro dai mille volti (qui con quello di John Phillip Law) fece la sua prima apparizione sullo schermo con la regia di Mario Bava. Accanto a lui Michel Piccoli nei panni di Ginko e Marisa Mell in quelli di Eva.
I cinecomic di ultima generazione in Italia
Diabolik e Dylan Dog sono dei veri e propri brand in Italia, con un certo successo anche all’estero e alle spalle anni e anni di pubblicazioni: vederli al cinema una, due o più volte è quasi un’evoluzione naturale. Meno scontata era la trasposizione di una graphic novel estremamente personale come La profezia dell’Armadillo di Zerocalcare.
A parte gli straordinari dati di vendita che hanno fatto sicuramente gola a Procacci (che ha prodotto anche il film di Gipi), è piuttosto evidente che gli elementi che rendono il fumetto di Zerocalcare “poco cinematografico” non si sono sbloccati una volta portati sullo schermo. Nonostante la presenza di Valerio Aprea, l’Armadillo non ha convinto proprio tutti, né si è riuscito a rendere adeguatamente lo spirito ferocemente ironico che ha fatto di Zerocalcare l’autore cult che tutti conosciamo.
Il fenomeno di Rebibbia ha un dono complesso e difficilmente spiegabile, che funziona su carta e (non ancora) su pellicola. Lo stesso autore ha preso le distanze dal progetto non partecipando più di tanto alla promozione e riconoscendo il film come prodotto a sé stante rispetto al suo romanzo grafico.
Dalla carta alla pellicola e viceversa
Il passaggio dal fumetto al cinema – ci insegnano gli americani – è ormai d’obbligo e le nostre produzioni stanno accettando con coraggio la sfida.
Ha senso ricordare anche quei casi in cui l’uscita di un film al cinema è stata accompagnata da una pubblicazione a fumetti o in cui i due prodotti sono stati concepiti insieme. Uno degli esempi più calzanti di questa seconda categoria è Monolith di Ivan Silvestrini, in sala nell’estate del 2017. Il fumetto che l’ha accompagnato – pubblicato in due volumi – è stato disegnato da LRNZ e scritto da Roberto Recchioni e Mauro Uzzeo, che hanno curato anche la sceneggiatura del film.
Forse in pochi ricordano che Lo chiamavano Jeeg Robot, straordinario successo di Gabriele Mainetti del 2016, è stato preceduto in edicola da un albetto scritto – anche in questo caso – da Recchioni, disegnato da Giorgio Pontrelli e colorato da Stefano Simeone. Al centro della pubblicazione, Enzo Ceccotti, in un’avventura successiva ai fatti raccontati nel film.
Un’operazione del genere è stata replicata da Bao Publishing nel 2017 con Fottuti musi verdi a chi? pubblicato in concomitanza dell’uscita di Addio fottuti musi verdi, primo (e fin ora, ultimo) film dei The Jackall. Il fumetto, disegnato da French Carlomagno, scritto da Jacopo Paliaga (la coppia aveva già lavorato insieme su Come quando eravamo piccoli sempre pubblicato dalla Bao) e colorato da Adele Matera non ha goduto della cassa di risonanza di Jeeg Robot, sicuramente a causa dello scarso successo del film.
Una rapida conclusione sui cinecomic in Italia
Questo elenco non ha la pretesa di esaurire un argomento fin troppo ricco di sfumature e accezioni. Abbiamo volutamente tralasciato i bellissimi film di animazione ispirati a Corto Maltese prodotti dalla francese Ellipsanime, associando il termine cinecomic alla realizzazione in live action.
Il legame tra cinema e fumetto è sicuramente in espansione anche in Italia, stando anche alla proliferazione delle graphic novel come forma narrativa che si impone sul fumetto seriale e che agevola il racconto unico proprio del lungometraggio. Inoltre, sempre più menti sono traghettate dal fumetto verso il cinema e viceversa. Come succede spesso e volentieri, l’Italia si accoda a un mercato internazionale che la precede di qualche passo, ma trova il suo modo – autentico e genuino – di interpretare il trend.
5 è il numero perfetto è distribuito in Italia a partire dal 29 agosto. Il cinecomic dedicato a Diabolik, invece, non ha ancora una data d’uscita. Tutti gli altri titoli citati nell’articolo sono reperibili in home video.