CineMAH, se il buio colpisce ancora Leo Ortolani risponde a colpi di spada laser
Ortolani torna in sala col secondo libro di CineMAH. E CineMAH presenta: il buio colpisce ancora è, potremmo dire, il sequel che non ti aspetti e che riesce a superare per distacco il suo predecessore. Quel sequel che, venuto fuori sull’onda del successo del primo, pare preludere addirittura ad un terzo capitolo e alla conclusione di una possibile trilogia.
Già ce lo vediamo, un CineMAH presenta: il ritorno del Recensore, o CineMAH Revolutions o perfino un Back to the CineMAH: Part III, con un passaggio al lato oscuro del cinema che probabilmente a Ortolani non piacerebbe moltissimo. Ma, sì sa, Hollywood ragiona sempre in termini di saghe, soprattutto nell’ultimo decennio e, a dirla tutta, a noi non dispiacerebbe se con un colpo di teatro meta-narrativo ci trovassimo di fronte ad un cofanetto con tutti e tre i dischi… Pardon, libri.
Questo perché (e lo diciamo soprattutto per i più scettici) le recensioni cinematografiche di Leo Ortolani sono diventate un’autentica istituzione, un veicolo per una critica intelligente e mai banale capace di rivelare qualcosa di vero sulla pellicola in questione.
Se non avete mai acquistato il primo volume, CineMAH presenta: il buio in sala, perché magari dall’alto della vostra collezione dell’opera omnia di Yorgos Lanthimos avete avuto un fremito di sdegno, un singulto di rabbia accompagnato dall’esclamazione fatale: “Ma che c’entra Ortolani con il Cinema?”, vi meritate l’ennesimo Matrimonio al Sud con Massimo Boldi (con tutto il rispetto per i matrimoni, ovviamente).
E alla vostra fenomenale stupidaggine risponderò proponendo tre fondamentali punti di discussione:
- Ortolani di cinema se ne intende, in merito ha una cultura talmente vasta e stratificata che metterebbe in difficoltà persino Stanley Kubrick in una discussione. Anche perché, beh, Kubrick è morto.
- Per rendersene conto non serve leggere queste recensioni. Per capire con quale occhio, con quale prospettiva dissacrante e piena d’ironia lui riesca ogni volta a lanciare uno spunto con cui riflettere (o sfottere) il film di turno, basta leggere una qualsiasi delle parodie di Rat-Man.
- Ultimo e non più importante, Ortolani e i suoi fumetti trasudano cinema in ogni poro, nelle inquadrature, nelle tavole e nel ritmo. Questo perché lui, davanti allo schermo, ci è semplicemente cresciuto.
Inoltre, potrei aggiungere (ma su questo punto voglio approfondire il discorso più avanti), Ortolani con queste sue recensioni sta lentamente coniando un nuovo modo di fare critica. Mollate Lanthimos prima che arrivi l’ora fatale della caccia all’aragosta e provate a seguirci.
CineMAH e Ortolani, araldi di un genere nuovo
Dicevamo, la nascita di un qualcosa di nuovo. Che in realtà non è una cosa fresca fresca, quella di fare le recensioni dei film a fumetti. Anzi, ultimamente i fumetti hanno cominciato a criticare qualsiasi cosa, a cominciare dai fumetti stessi. Un aspetto, questo, in realtà coerente con le libertà che il medium sta piano piano sviluppando negli ultimi anni, trasformandosi in un linguaggio totale capace di parlare praticamente di qualsiasi cosa. Del resto, se Scott McCloud è riuscito a fare del fumetto un linguaggio critico in tutto e per tutto con Understanding Comics, la strada è ormai in discesa.
Motivo per cui potremmo quasi parlare, per quanto riguarda le recensioni dei film a fumetti, di un genere nuovo che sta sviluppando una certa maturità dopo i primi anni avveniristici. Anni che, tra l’altro, Ortolani incarna perché ha iniziato pubblicando questi pareri in vignette e balloon in maniera personale e scanzonata, sul suo blog “Come non detto” fin dal 2012.
Lentamente, tra un impegno su Rat-Man e l’altro, Leo ha continuato a pubblicare le recensioni, prima accompagnando il tutto a delle porzioni di testo, in forma quasi di articolo da blog classico, ma lasciando sempre più spazio al fumetto vero e proprio. E, nel frattempo, stava nascendo una consapevolezza diversa delle possibilità di questo strumento.
Una consapevolezza che è coincisa con un progressivo abbandono di “Come non detto” per passare poi alle nuove frontiere (e le sue figlie avranno sicuramente apprezzato) di Facebook e Instagram.
E non è stato certo l’unico.
Nello stesso periodo, infatti, tanti fumettisti hanno cominciato ad esprimere i loro pensieri sui film (ma anche sui libri e sulle serie tv, come Laura Mango in I dolori della giovane libraia di 001 Edizioni). Inoltre, tanto per sottolineare il fatto che le buone idee diventano presto patrimonio comune, questi autori hanno seguito all’incirca lo stesso percorso di Ortolani con CineMAH, partendo dal blog per arrivare ai social. In particolare, la crescita di Instagram e la sua predilezione per i contenuti veicolati tramite immagini ha accentuato questa tendenza e ha trovato terreno fertile nell’incontro con il fumetto. Tuttavia, questo è argomento per un articolo a parte, anzi per un libro a parte, magari sempre a fumetti.
Tornando alle recensioni, non sono pochi questi autori che hanno poi fatto il grande salto alla carta attraverso le forme di pubblicazione più disparate. Un caso facile facile e conosciuto da tutti è Zerocalcare, che è arrivato addirittura a portare questa sua produzione sui giornali di critica specializzata come Bestmovie (anche sulla controparte digitale della testata), mostrando pure lui un certo occhio clinico e ampliando il suo orizzonte alle serie tv, altro medium che sembra fatta apposta per venire analizzato dall’arte sequenziale.
Un filone, questo, che sono sicuro verrà prima poi picconato da tanti altri autori bramosi di farsi conoscere, in giro per la rete ma non solo.
E non è una caso che anche Michele Rech abbia deciso di raccogliere questi commenti in un volume, sempre per Bao Publishing e in arrivo qualche mese dopo CineMAH presenta: il buio colpisce ancora di Ortolani. Non è un caso, per diversi motivi. Il primo è che ormai sono anni che a Zero fanno una testa così affinché riunisca i suoi disegnetti a tema cinema da qualche parte.
Secondo, perché ci permette di vedere le similitudini che legano queste due produzioni e di rintracciarne perfino un filo conduttore.
Terzo (eccolo il numero 3 che ritorna, come il numero degli spettatori in sala sopravvissuti alla visione di Paradise Beach – Dentro l’incubo), possiamo pure azzardare che qui, di fronte a noi, con la stessa emozione di C3PO che racconta a tutti perché ha il braccio rosso, sta per nascere un nuovo genere, una nuova branca del fumetto.
Perché se quelli che sono gli autori bestseller della casa editrice leader del settore, quello delle tante divinizzate graphic novel italiane, praticamente quasi in contemporanea pubblicano libri molti simili si può a tutti gli effetti parlare di un processo in pieno svolgimento.
Forse è presto per parlare addirittura di un genere appena nato, come si parlava qualche decennio fa per il Graphic Journalism che muoveva i suoi primi passi o della corrente intimista delle moderne graphic novel, ma sicuramente qualcosa c’è.
Che sia solo il bisogno delle case editrici di arrotondare riproponendo materiale già pubblicato altrove (tra l’altro non certo una novità in editoria), un modo degli autori per farsi invitare alle anteprime stampa senza sborsare un centesimo di biglietto e avere il potere di “far fallire le feste” come Jep Gambardella, oppure il semplice bisogno di evidenziare come il blockbuster di turno lo abbia annoiato, quest’onda sta arrivando sulle nostre spiagge. Hollywood è avvisata.
Oppure (e questa è opinione del redattore del presente articolo), potrebbe trattarsi davvero di una nuova frontiera, una fonte fruttifera in grado di mostrarci un approccio diverso, forse più efficace, di analisi all’opera cinematografica. Non solo una forma di parodia, una simpatica presa in giro o un modo per farsi due risate sul fatto che “ommiodio che film schifoso ho visto“, potrebbe davvero avere una valenza critica importante, questa sì davvero innovativa.
Non solo un modo per prolungare l’esperienza, un surrogato dell’intrattenimento in sala sopravvissuto alle due ore scarse di visione, ma un modo per comprendere meglio la materia filmica, avvicinarsi ai temi e al senso profondo della pellicola.
Possibile? Sogni irrealizzabili? Levategli il vino? Tutto può essere. Ma anche che sia tutto vero. E l’unico che può provarlo è appunto Leo Ortolani.
CineMAH: il cinema secondo Leo Ortolani
Ortolani, dicevamo, è una sorta di Claudio Fava in versione fumetti. E lo diciamo senza paura di essere smentiti, anche perché Fava è purtroppo passato a miglior vita nel 2014. Ma sulla sua cultura cinematografica ci si può mettere la mano sul fuoco. O sul coperchio, come l’Uomo Coperchio, il supereroe più utile della Città Senza Nome. Per rendersene conto, basta sfogliare un albo di Rat-Man a caso o anche il recente Cinzia.
I capolavori di Leo trasportano nel fumetto alcuni dei punti di forza del cinema e molto del suo lato più spettacolare e di genere, tant’è che certi albi della Collection sembrano usciti direttamente dal miglior posta-apocalittico mai girato (Il prigioniero), i War Movies (Ratto, E qualcuno morirà!), il noir (La discesa) e persino i cinecomic (per me il vero Endgame è l’Esalogia di New York).
Senza neanche citare le straordinarie parodie fuoriserie che hanno quasi sempre il cinema e certi blockbusteroni nel mirino (tanto per fare un nome: Avarat) e che, nell’atteggiamento con cui parlano delle pellicole, sembrano gli ideali precursori di CineMAH.
Dunque, il passaggio alle recensioni per Ortolani era davvero obbligato, anzi viene da chiedersi perché non sia successo prima. Magari lo sa Claudio Fava. Meglio tardi che mai, insomma, anche se questo non vale per l’asteroide che ha promesso di colpire la Terra da quando è uscito Gods of Egypt.
In realtà, a dirla tutta (sperando di non ricevere un Buongiorno per morire) i primi approcci di Ortolani, pubblicati sul primo volume di CineMAH (tutto blu, in contrapposizione al tutto rosso del secondo) erano abbastanza semplici. Durante il libro, però, si avverte una crescita, una certa padronanza dello spazio.
Le recensioni, che all’inizio sembrano vivere dello stesso schema (si va al cinema con Marcello, la fatina buona della Disney ci manda all’anteprima, si guarda il film, si riassume e si parla della trama quel che basta per sfotterlo), lascia presto posto ad uno uso più vario in cui nel sottotesto si inserisce il livello critico, messo di soppiatto tra una battuta e l’altra anzi spesso pretesto per l’ennesima gag sottilissima.
Un esempio che mi viene in mente, tra i tutti possibili, è quello della recensione delle 50 Sfumature di Grigio dove Ortolani scherza sul fatto che il film è pieno di metafore sulla sessualità ostentate fino alla nausea. Un giudizio che nasconde una prospettiva capace guardare ben oltre le trama senza senso e i dialoghi inverosimili, materia per gag e battute ogni tipo.
Certo, Ortolani lo fa alla sua maniera, trasformando la recensione nell’ennesimo gioco, fatto di riferimenti visivi e citazionismo, dove il lettore è chiamato a partecipare in prima persona, sia che abbia visto o no il film in questione.
Ortolani critica ancora
In CineMAH presenta: il buio colpisce ancora, questo arsenale viene affilato e ci viene presentato al culmine del suo potenziale. Gli imbarazzi iniziali del primo libro sono stati messi da parte, tant’è che le recensioni presenti sono più varie non solo nella forma ma anche nel contenuto, visto che trattano film vecchiotti e non solo quelli più importanti delle precedenti stagioni. Inoltre, Ortolani si permette anche delle incursioni di campo fuori dalla nerd-zone, parlando di capolavori assolutamente intellettuali come Gli amori di una bionda di Milos Forman e Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino.
E anche qui non lesina giudizi critici mascherati da battutine, come quando incolpa Forman di seguire strade misteriose chiare solo a lui o Chiamami col tuo nome per come trasforma l’Italia degli ’80 in una macchietta, ad uso e consumo degli appetiti americani tarati su stereotipi duri a morire. Ma la sua vetta, il suo personalissimo Everest, Ortolani lo raggiunge con la recensione di Episodio VIII, una delle poche del volume già apparse sul blog. E qui, dall’alto della sua sapienza venerabile, si diverte a sfottere 40 anni di Che la Forza sia con te facendo quasi emergere, più che una critica al film in sé, al nerdismo in generale. Svettano, poi, alcune invenzioni davvero geniali, come Uottefak, il demone che si occupa delle traduzioni dei titoli dei film in italiano.
Ed ecco perché quelle di Ortolani non sono solo “recensioncine” per far ridere, ma fanno anche riflettere (pure quando parlano di Macchine Mortali e di Black Panther) e ci dimostrano che sì, non solo la critica a fumetti esiste ma che sta già correndo spedita verso Episodio IX. E che gli altri, quelli che vogliono dire qualcosa, devono recuperare terreno se non vogliono finire nello stomaco di Whoopi Goldberg.