I fumetti Bonelli e il cinema: 80 anni di citazioni
Le citazioni cinematografiche nei fumetti della Sergio Bonelli Editore sono presenti dall’alba della casa editrice, a volte consapevoli e altre volte inconsapevoli, fin dagli esordi nel 1941, quando Gianluigi Bonelli rilevò da Mondadori L’Audace dando il via all’epica cavalcata della “fabbrica dei sogni”.
E questo per un motivo molto semplice, che trova ragion d’essere nell’evoluzione che questa forma d’intrattenimento ha attraverso nel corso dei decenni. Il fumetto italiano nasce infatti come prodotto di largo consumo con l’obiettivo di intercettare le più vaste fasce di pubblico possibile e per farlo attinge al patrimonio culturale condiviso di maggior presa sui lettori, all’epoca di matrice essenzialmente americana.Negli anni ’40, questo porta gli autori italiani per le loro serie di punta a pescare tra miti americani “nazionalpopolari” della lettura come i giustizieri mascherati, i tarzanidi e il western, che dopo Ombre Rosse è in ascesa al cinema come nuova frontiera dell’immaginario collettivo e da cui nasceranno tanti eroi di carta, tra cui il sempiterno Tex.
Questa caratteristica di essere una “cassa di risonanza” del pop del suo tempo, il fumetto italiano se l’è portata dietro a lungo ed è più che mai viva ancora oggi. Soprattutto i prodotti della Sergio Bonelli Editore, un po’ per storia un po’ perché continua ad essere la realtà editoriale “nazionalpopolare” per eccellenza, hanno continuato su questa strada.
In occasione dei festeggiamenti degli ottant’anni della SBE che cadranno proprio nel 2021, siamo andati a caccia delle più celebri citazioni cinematografiche nei fumetti Bonelli.
Tex: El diablo – Ombre rosse
Cominciamo questo viaggio nelle citazioni cinematografiche Bonelli col figlio prediletto di Gianluigi Bonelli, nonché personaggio di punta della SBE e il più grande successo del fumetto italiano, che come abbiamo ricordato prima nasce in seguito all’affermazione al cinema del western classico.
Tex, di conseguenza, è un personaggio di matrice dichiaratamente cinematografica: per il volto, il disegnatore Aurelio Galleppini (in arte Galep) si ispira all’inizio a Gary Cooper, salvo poi prendere spunto dal suo stesso volto. Del resto, durante la sua lunghissima e al momento senza fine avventura editoriale, ha avuto a seconda degli artisti che lo interpretavano i tratti somatici di altre icone del genere come Charlton Heston, John Wayne e addirittura Clint Eastwood.
In un certo senso, potremmo considerare Tex Willer come un caleidoscopio delle mille sfumature del western cinematografico (e non solo): indicando dunque una citazione in particolare si corre il rischio di sminuirne centinaia di altre.
Tuttavia, data l’importanza che ha significato per l’evoluzione del genere (e quindi del nostro Ranger), menzioniamo questa sequenza tratta dall’episodio “El diablo”, l’ottavo albetto a strisce targato 1948, dove Bonelli e Galep hanno riportato quasi inquadratura per inquadratura la “madre di tutte le scene” del western: l’assalto finale alla diligenza di Ombre Rosse.
Zagor: La preda umana – La pericolosa partita
Dopo Tex, la serie più longeva della SBE è Zagor, creatura stavolta di Bonelli figlio nonché altro fumetto Bonelli in cui le citazioni cinematografiche abbondano.
Le avventure dello Spirito con la Scure, per volontà precisa di Guido Nolitta (lo pseudonimo con cui Sergio Bonelli firmava tutti i suoi lavori), fin dall’inizio erano un mix di generi e suggestioni diverse, sulla strada delle grandi passioni del suo creatore.
Naturalmente, buona parte di queste fascinazioni provengono dal cinema, a cominciare dal volto di Zagor ispirato all’attore Robert Taylor, nome d’arte di Spangler Arlington Brough, Cico che ricorda vagamente Oliver Hardy del film The Fighting Kentuckian, ma non mancano il mostro della laguna nella storia “Acque misteriose” del 1974, Christopher Lee nei panni di Dracula nella storia “Zagor contro il vampiro” del 1972 e tanti altri avversari diretta emanazione di altrettante icone cinematografiche.
Lo stesso vale per “La preda umana” una delle storie più famose, uscita originariamente nel formato striscia nel dicembre 1966. Illustrata dal secondo padre del personaggio, Gallieno Ferri, vede Zagor fronteggiare il carismatico ed elegante lord Alex Nicholson, appassionato di caccia che per combattere la noia ha iniziato a braccare esseri umani. La citazione, ovviamente, è de “La pericolosa partita”, un film del 1932 di Ernest Schoedsack divenuto una pietra miliare, a sua volta adattamento di un racconto di Richard Connell che sarà fonte d’ispirazione a tanti altri registi in futuro, tra cui il recentissimo The Hunt.
Mister No: Relitti umani – Papillon
È impossibile pensare a Dylan Dog, Martin Mystère, Nathan Never e Nick Raider senza Mistero No, alias Jerry Drake, il pilota d’aerei di Manaus scavezzacollo e dalla profonda malinconia ideato da Sergio Bonelli che ha cambiato i canoni del linguaggio bonelliano.
Mister No ha appassionato negli anni centinaia di migliaia di lettori godendo di una grande fortuna, tant’è che di recente è stato protagonista addirittura di un reboot col titolo di “Mister No: Revolution”. Tra i suoi vari meriti c’è anche quello di essere stato la palestra ideale per tanti sceneggiatori che avrebbero fatto la storia della Bonelli come Alfredo Castelli, Claudio Nizzi, Tiziano Sclavi, Luigi Mignacco, Maurizio Colombo e Michele Masiero.
Anche Mister No, ovviamente, deve molto al cinema (a cominciare dall’aspetto ispirato a Steve McQueen) e tante sue avventure sono tra le migliori citazioni cinematografiche bonelli. Ci sentiamo di menzionarvi in particolare “Relitti Umani”, numero 58 della serie regolare scritto da Alfredo Castelli e disegnato da Franco Bignotti.
In questa vicenda,Jerry Drake si trova condannato per un crimine che non ha commesso a un lungo periodo di detenzione nella celebre Isola del Diavolo, il penitenziario della Guyana francese reso immortale dal film “Papillon” (guardacaso con protagonista Steve McQueen) esplicitamente menzionato, oltre che nell’ambientazione, con i nomi dei comprimari che riprendono quelli della pellicola.
Questa storia è particolarmente amata dai lettori che in un referendum del 1981 la hanno incoronata come la più bella in assoluto di Mister No.
Ken Parker – Robert Redford
Di pochi anni più giovane di Mister No ma altrettanto responsabile dell’evoluzione bonelliana di quel periodo è Ken Parker.
Creato da Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, è forse il personaggio più di vicino a un anti-Tex che sia mai andato in edicola: un antieroe dalle poche vittorie e dalle molte sconfitte, che invecchia e che agisce in un West realistico tra il 1868 e il 1908.
Ken Parker è una figura di culto del fumetto italiano, capace di scardinare i canoni del western nonché un bonelli pieno di citazioni cinematografiche. A cominciare dal film che lo ha ispirato: Corvo rosso non avrai il mio scalpo, tra i capisaldi del western crepuscolare.
Ken ha molto in comune con questa pellicola, a cominciare dall’aspetto che ricorda molto quello di Robert Redford che interpreta il protagonista, Jeremiah Johnson (e Jedediah Baker era il primo nome ipotizzato per la sua creatura da Berardi). Inoltre, entrambi sono dei trapper all’opera sulle Montagne Rocciose. Ken Parker, nel corso della sua lunga cavalcata editoriale, si è distaccato molto dal suo ispiratore ma ne ha mantenuto l’approccio narrativo.
Martin Mystère: Gli uomini in nero – Thunderball
Altro personaggio rivoluzionario della Sergio Bonelli Editore e attualmente in edicola da quasi 40 anni è Martin Mystère, il Detective dell’Impossibile creato dalla penna di Alfredo Castelli.
In effetti Mystère, fin dai primi episodi, si differenzia rispetto alle altre pubblicazioni in edicola per le sue avventure con al centro la fantarcheologia, la parapsicologia, la scienza e gli UFO, per operare ai giorni nostri (primo personaggio Bonelli a farlo) e anche per la grafica di copertina, che per la prima volta introduce il logo gigante che occupa la parte alta della pagina e che da lì a poco diventerà una consuetudine.
Mystère ha, per l’epoca, un’altra rivoluzione: una blanda continuity narrativa, che lo vede fronteggiare i misteriosi Uomini in Nero. In questa serie Castelli ha semplicemente messo dentro la sua tuttologia, caratteristica tra l’altro riscontrata in altre sue storie, tra cui le citazioni cinematografiche come in lavori Bonelli precedenti. E prima che lo pensiate, no: non c’è tra questi Indiana Jones che è quasi contemporaneo all’uscita del primo numero, né la saga dei Men in Black molto successiva.
L’albo numero uno della serie, “Gli uomini in nero”, scritto da Castelli e illustrato da Giancarlo Alessandrini, inizia con un riferimento che presenta ai lettori lo stesso Mystère: lui e Java si trovano al largo delle Azzorre, sulle tracce di un misterioso porto inabissato, quando vengono attaccati da alcuni sub ed esplode un feroce combattimento subacqueo ripreso nel dettaglio da Thunderball, la quarta pellicola di James Bond. Un riferimento che per il pubblico dei lettori dell’epoca doveva accentuare il lato “bondiano” di Mystère, che tuttavia verrà presto accantonato.
Dylan Dog: L’alba dei morti viventi – Night of the Living Dead
Fenomeno editoriale, fenomeno di costume, fenomeno generazionale: Dylan Dog è stato ed è ancora tante cose per tantissimi lettori, tra cui il fumetto Bonelli con più citazioni cinematografiche diventate non solo un’ispirazione ma anche la sua cifra stilistica.
Dylan stesso, com’è noto praticamente a tutti, è ispirato fisicamente a Rupert Everett. Tuttavia, come abbiamo visto in passato, questa prassi di ideare l’eroe del fumetto sui tratti somatici di un attore famoso era una consuetudine. Quello che cambia in Dylan Dog è che queste menzioni si fanno più esplicite, diventano un pretesto per dialogare e per giocare con i lettori. E, del resto, pure i comprimari dell’Indagatore devono molto al cinema: il suo assistente è Groucho Marx (non un personaggio ispirato a) e Bloch è l’attore inglese Robert Morley.
Parlare di “migliore citazione” cinematografica con l’Indagatore dell’Incubo, dunque, può essere fuorviante: tutte sono importanti. Proprio per questo, se ce n’è una merita di essere menzionata è la prima in assoluto. Direttamente nella copertina ad opera di Claudio Villa dell’ormai storico “L’alba dei morti viventi” viene citata la locandina del film che è stato principale ispirazione per la storia: “La notte dei morti viventi” (Night of the Living Dead) di Romero.
Nathan Never: Il monolito nero – 2001: Odissea nello spazio
Nel 1991 esordisce in edicola per Sergio Bonelli Editore un personaggio che segna un’altra memorabile “prima volta”: dopo la prima serie horror con Dylan Dog, ecco arrivare la prima serie di fantascienza con Nathan Never.
Nathan Never, l’agente speciale alfa, rappresenta quello che per l’epoca in Italia è un nuovo modo di fare fantascienza: realistica e malinconica nei confronti del passato, ma anche capace di fondere ispirazioni tra loro diversissime come i manga, la letteratura e, naturalmente, il cinema.
In particolare la fantascienza rappresentata nelle avventure del personaggio creato da Michele Medda, Bepi Vigna e Antonio Serra risente molto sul lato visivo di quella cinematografica, in particolare di quella cupa e oscura degli anni ’80 derivata da pietre miliari quali Blade Runner, Mad Max, Tron, Terminator e Alien.
Fin dall’inizio ne troviamo diversi: nel primo albo “Agente speciale Alfa” Nathan vive la sua personalissima versione della trama di Blade Runner ma è il secondo “Il monolito nero” ad essere rimasto maggiormente nella memoria degli appassionati.
Come intuibile dal titolo, la storia è un lungo omaggio all’indimenticabile “2001: Odissea nello spazio”, e non si tratta di una semplice ripresa di maniera bensì di un’autentica e credibile contestualizzazione della pellicola di Kubrick in un avvenire che ha dimenticato buona parte della sua eredità culturale.
Julia – Il silenzio degli innocenti
Seconda creatura di Giancarlo Berardi, che abbiamo ricordato prima come sceneggiatore di Ken Parker, è Julia protagonista della serie gialla “Julia – Le avventure di una criminologa”, pubblicata da ottobre 1998 e diventata il secondo fumetto Bonelli con al centro una protagonista femminile dopo lo spin-off dedicato a Legs Weawer nell’universo di Nathan Never.
Quando fa il suo debutto nelle edicole, Julia segna un’ulteriore evoluzione nel linguaggio Bonelli. È stata la prima serie regolare ad avere una foliazione di ben 128 pagine invece che delle canoniche 96, oltre ad un comparto grafico per le copertine insolito per gli standard della casa editrice.
Come per tante altre testate Bonelli e per il primo figlio dell’autore, la serie guarda molto al cinema, a cominciare dalla protagonista che ha i tratti dell’attrice premio Oscar Audrey Hepburn, ma anche gli altri membri del cast (ed è proprio il caso di dirlo) che le gravitano intorno sono ispirati a tanti altri attori entrati nell’immaginario collettivo: il tenente Alan Webb è un giovane John Malkovich, Emily Jones è l’esuberante Whoopi Goldberg, il sergente Ben Irving un fresco John Goodman mentre il detective Leo Baxter assomiglia al rampante Nick Nolte.
La citazione forse più importante (tra le tante) viene però dalla trilogia con cui Julia si è presentata al pubblico composta dai primi tre numeri e con al centro quella che sarebbe diventata l’antagonista principale: la serial killer psicopatica Myrna Harrod. E visto il tema, il film menzionato non poteva che essere “Il silenzio degli innocenti”, ripreso specialmente nelle sequenze più crude.
Morgan Lost – Rusty il selvaggio
Guardo si parla di citazioni cinematografiche in Bonelli, subito dopo di Tiziano Sclavi i lettori storici della SBE pensano a quello che, guarda caso, per tanti anni è stato il suo secondo alla guida di Dylan Dog: Claudio Chiaverotti.
Claudio Chiaverotti è uno che vive di cinema, quando parla spesso parla di cinema ed è lui stesso un personaggio oltre che un autore molto cinematografico.
Almeno, questo vale sicuramente per l’ultimo dei suoi figli in ordine temporale: Morgan Lost, il daltonico cacciatore di serial killer nella gotico-egiziana città di New Heliopolis, le cui avventure si svolgono in un 1950 alternativo dove la WWII non c’è mai stata, Einstein è uno scrittore di successo e la burocrazia ha preso il potere.
Ogni albo di Morgan Lost presenta un tripudio di citazioni cinematografiche, esattamente come in Dylan Dog, che vanno a formare un avvincente affresco.
Proprio per questo, la citazione che ci sentiamo di indicare tra le tante è quella che sta alla base della personalità del personaggio.
Come rivelato in più occasioni da Chiaverotti, il daltonismo di Morgan, che lo porta a vedere il mondo in scala di grigio con schizzi di rosso (infatti gli albi sono in tricromia) è una citazione al film “Rusty il selvaggio”, dove il fratello del protagonista Rusty, chiamato “Quello con la moto”, vede il mondo in bianco e nero con alcuni inserti di colore.
Orfani: Ringo, Ancora vivo – Matrimonio all’italiana
Orfani, la prima serie in full color HD della Sergio Bonelli Editore si è imposta negli anni recenti come un’opera d’avanguardia e come un classico istantaneo, un kolossal su carta suddiviso in stagioni e capace di fungere da spartiacque e precursore per tutte le produzioni venute dopo.
Orfani è, soprattutto, una serie che vive di citazioni, tra cui sequenze e ambientazioni che prendono a piene mani da capolavori blasonati dell’ambito videoludico, come Halo. L’insieme ultrapop di Orfani è anche frutto dell’estetica e della visione dei due creatori, Roberto Recchioni ed Emiliano Mammucari, che nei loro lavori creano creano spesso dei mix perfettamente bilanciati tra immaginari e suggestioni diverse.
Tra tutte le citazioni, alcune palesi e altre nascoste, nella seconda stagione incentrata su Ringo e i suoi “figli” Seba, Nuè e Rosa ce n’è una che è particolarmente importante per tutta l’impalcatura della trama principale e per lo sviluppo della serie, una citazione che proviene dall’ultima pellicola che ad una prima occhiata sembra non avere niente in comune con Orfani.
Si tratta di “Matrimonio all’italiana”, capolavoro diretto da Vittorio de Sica con Sophia Loren e Marcello Mastroianni nei ruoli di Filomena Marturano e di Domenico Soriano scritti per il teatro dal grande Eduardo de Filippo. La storia è nota così come la rivelazione al centro della trama, ovvero che dei tre figli dell’ex prostituta Filomena uno è proprio di Domenico, ma lei non accetta di rivelargli quale per convincerlo a garantire un avvenire a tutti e tre.
Ed è con lo stesso escamotage che, nel primo numero di Orfani: Ringo – Ancora vivo (guarda caso ambientato a Napoli), Barbara, l’ex compagna di Ringo nella resistenza convince l’ex soldato a salvare Seba, Nuè e Rosa dal patibolo. Una citazione raffinata, intelligente e soprattutto inaspettata, che apre il tema centrale della seconda stagione, quello della paternità.
E voi? Quali sono le vostre citazioni cinematografiche Bonelli preferite? Fatecelo sapere nei commenti!