Ars Scribendi – Prima puntata
Arte e tecnica
In latino ars vuol dire sia arte che tecnica e, in effetti, scrivere richiede entrambe le cose. La creatività è importante, sia nel raccontare una storia che nell’esporre una teoria. Anche in un articolo tecnico, infatti, una certa dose di creatività può tornare utile, non solo nella scelta dei termini o nello stile, ma anche e soprattutto negli esempi e nelle metafore che possono servire a chiarire un concetto. Viceversa, una buona tecnica è fondamentale nella narrativa, soprattutto per dare sostanza e consistenza alla storia, rendendo così la lettura più scorrevole e piacevole.
Questo è vero in qualsiasi forma di letteratura, che sia prosa o poesia, racconto breve o romanzo. Ovviamente quanto di arte e quanto di tecnica si debba infondere in una storia dipende dalle caratteristiche della stessa. Se in un racconto breve la creatività può spesso essere prevalente, non si può pensare di affrontare un romanzo senza l’ausilio di tutta una serie di strumenti che permettano di sviluppare la trama in modo efficace e coerente.
L’efficacia serve a rendere la storia interessante, a far sì che il lettore rimanga letteralmente incollato alle pagine del libro; la coerenza ne garantisce la robustezza e il realismo. Quando parliamo di realismo, tuttavia, non ci riferiamo alla realtà così come la conosciamo. Una storia può essere ambientata in una terra fantastica, in un futuro immaginario così come in un mondo di magia, o addirittura essere del tutto folle, come in un sogno o nell’allucinazione di un drogato. Eppure, per quanto assurda e fantastica essa possa essere, deve avere una sua coerenza, essere realistica nel suo contesto, per quanto questo sia differente dalla realtà in cui viviamo quotidianamente.
Sul fronte opposto, non bisogna neppure pensare che per essere buona, una storia debba per forza essere innovativa o quantomeno originale. Quello che è davvero importante è saperla raccontare. Una storia d’amore può muoversi lungo un percorso letto innumerevoli volte, eppure colpire profondamente il lettore per il modo in cui lo scrittore ha saputo costruire i personaggi e dare loro spessore. Basta pensare alle tragedie e alle commedie di Shakespeare o di tanti altri illustri scrittori. Se si analizzano le loro trame, non ci si trova sempre di fronte a idee assolutamente rivoluzionarie o a storie mai immaginate o scritte prima, anzi, spesso si tratta di racconti presi da scrittori precedenti o dalla cultura popolare: amori non corrisposti, attrazioni proibite, desideri di vendetta o di potere, gelosie e tradimenti, speranze e sogni. Alla fine, che si parli di personaggi davvero esistiti o del tutto inventati, è la loro natura umana a stabilirne il comportamento, e qualsiasi racconto, per quanto originale e apparentemente nuovo, probabilmente è stato davvero vissuto da qualche parte e in qualche tempo nella storia dell’umanità. Persino quando il protagonista è un alieno, una creatura fantastica o l’essenza di un sogno, esso non può non riflettere la natura umana di chi scrive e quindi, necessariamente, anche di chi legge.
La narrativa, tuttavia, ha una peculiarità che la distingue da qualsiasi altra forma d’arte. Quando un pittore dipinge un quadro o uno scultore modella una figura, produce qualcosa di sostanzialmente completo, che ha un suo inizio, un suo sviluppo e quindi una sua fine nell’opera compiuta. Certo, un quadro si può interpretare e una musica può stimolare l’immaginazione di chi ascolta e creare emozioni, ma l’opera è quella, di fatto la stessa per tutti. Non è così per un racconto. Quando uno scrittore scrive, crea solo un impianto parziale di quella che è la storia, dando solo quei dettagli che sono funzionali alla stessa.
Immaginate una ragazza che entra in una stanza di una casa che non ha mai visto prima. L’autore può descrivere il locale, i mobili in esso contenuti, oppure può semplicemente creare un’atmosfera attraverso le sensazioni che la protagonista prova, gli odori, le luci, la penombra, i raggi del sole che passano attraverso le tende o l’odore di vecchio che pervade il vano. La ragazza stessa può essere descritta nei dettagli o meno, a seconda della necessità. Ci sono racconti in cui lo scrittore non dice mai quale sia il colore dei capelli o degli occhi del protagonista, a meno che non ci sia un buon motivo per farlo, né racconta come si veste, ovvero quali abiti indossi. Per esempio può affermare che è trasandato, senza tuttavia fornire alcun dettaglio di cosa effettivamente porti indosso. Un racconto è come uno schizzo in cui solo alcuni tratti e alcuni colori sono riportati, ovvero quello che serve ai fini della storia; il resto ce lo mette il lettore. Tutto ciò ha un’implicazione estremamente importante della quale ogni bravo scrittore deve essere consapevole: un romanzo non è mai un’opera compiuta. O meglio, essa non si compie nel momento in cui viene pubblicata, ma quando viene letta, e dato che ogni lettore è differente, ogni romanzo dà vita a infinite storie, una per ogni lettore, perché ogni lettore avrà della stessa storia una visione diversa. Sarà quindi chi legge a vestire i personaggi, a dare loro espressioni, colore e forma. Sarà il lettore a creare le ambientazioni, a colorare di un determinato tono d’azzurro il cielo, a riempirlo di nuvole, a far sì che le loro ombre si allarghino sul paesaggio sottostante. A meno, naturalmente, che non lo abbia già fatto lo scrittore, ma anche fosse così, nessuno riporta in una storia ogni singolo particolare, ogni movimento, ogni parola detta. Persino i dialoghi alla fine sono solo una fotografia di un interagire più complesso, solo in parte narrato dall’autore.
D’altra parte, se è vero che tutto ciò che non dice l’autore viene aggiunto dal lettore, è anche vero che quanto viene effettivamente scritto finisce sotto l’occhio critico di chi legge, e se lo scrittore è uno, i lettori sono molti. Questo vuol dire che se nel romanzo il protagonista scala una montagna o si cimenta in una traversata a vela, si reca in un luogo lontano o parla di una qualche ricerca scientifica, è necessario che lo scrittore sia estremamente attento a quello che dice, perché prima o poi qualcuno, esperto in quella specifica disciplina o materia, lo leggerà. Uno scrittore di narrativa non può essere pratico di ogni materia, ma non può e non deve neppure limitare ciò che scrive a ciò che conosce, come invece succede per gli scrittori di manuali, saggi e trattati. Ecco quindi che una parte considerevole dello scrivere non è fatto di parole, ma di ricerca. Ore e ore di ricerca, leggendo altri libri, volumi e trattati, manoscritti e articoli; ore a vedere filmati o a fare sopralluoghi nei posti dove si svolge la storia o in luoghi simili; ore a parlare con persone esperte di questa o quella disciplina, sport o materia; ore a raccogliere materiale del quale solo una piccola parte, poi, effettivamente, sarà usato nella storia. Ma serve. Senza un approccio di questo tipo, prima o poi le debolezze di una narrazione verranno a galla, perché nessun scrittore può dire a priori chi leggerà davvero la sua storia, anche se molti si illudono che la divisione della letteratura in generi possa aiutare a capire i propri lettori.
Quella dei generi letterari, infatti, non è una caratteristica fisiologica della letteratura ma un’invenzione di carattere commerciale, funzionale soltanto alla vendita dei libri. Nel passato nessuno si era mai posto il problema di assegnare un genere ai romanzi di Verne o di Wells, di Salgari o di London. I generi sono stati inventati come tentativo di categorizzare le storie per cercare di comprendere meglio i lettori visti come potenziali compratori di un prodotto letterario. Così chi legge fantascienza ha certe caratteristiche, i romanzi rosa piacciono solo a determinate persone, le storie di guerra sono interessanti solo per altre. Se all’inizio la creazione del profilo medio del lettore tipo di un certo genere, identificato in termini di età, sesso, livello culturale e via dicendo, è stata utilizzata per promuovere al meglio un certo prodotto, alla fine questo modo di pensare si è trasformato in una vera e propria gabbia per lo scrittore, dato che sempre di più l’editore, se non la distribuzione, ha imposto determinati contenuti e stili a seconda del target commerciale dal quale si voleva ottenere il maggior profitto. I primi a farne le spese sono state le ibridazioni, ovvero quelle storie che non era possibile assegnare a una specifica categoria, spaziando su due o più generi letterari, se non addirittura impossibili da assegnare a qualsiasi genere predefinito.
Oggi si parla di scrittori di gialli, di fantascienza, di romanzi storici e di letteratura impegnata, di carattere politico o sociale. Si è arrivati persino a sviluppare sottogeneri, portando questo schema all’estremo. Pochi, davvero pochi, alla domanda “che genere di romanzi scrivi”, può tranquillamente rispondere “storie, io racconto storie e basta”. Non è quello che vuole il mercato, o meglio, non è quello al quale il mercato è stato abituato a credere di volere da parte di editori e distributori.
Eppure è proprio questo che dovrebbe essere uno scrittore: uno che racconta storie. Un bravo scrittore può scrivere qualsiasi storia, ambientata in qualsiasi situazione, territorio e periodo. Chi sa scrivere, ha la capacità di raccontare qualsiasi cosa, ha la creatività per sviluppare trame originali di qualsiasi tipo, e soprattutto ha la tecnica per acquisire quelle competenze che sono necessarie per affrontare qualsiasi genere e materia.
Prima di essere quindi uno scrittore di gialli o di romanzi rosa, di fantascienza o fantasy, di storie di vita vissuta o di disagio sociale, è necessario essere uno scrittore. Tutto il resto è un di più.
Non si può insegnare la creatività né si può spiegare come nasce una storia. È tuttavia possibile insegnare un metodo che permetta di dare alla creatività fondamenta robuste su cui costruire. Lo scopo di questa serie di articoli è appunto questo: fornire una serie di strumenti a chi desidera scrivere una storia. Inizieremo dalla prossima puntata a raccontare come si costruisce una trama, per poi entrare successivamente in merito alla costruzione dei personaggi principali e di quelli secondari. Studieremo varie tecniche per mantenere l’interesse del lettore a lungo, come si conviene a un romanzo, e soprattutto vedremo come si affronta uno degli aspetti più interessanti e avvincenti per uno scrittore: la ricerca.
Per il momento è tutto.
A cura di Dario De Judicibus