Hanno acceso le lanterne
sulle isole.
Mare di primavera.
una palla di neve.
(Masaoka Shiki)
Il termine google è entrato nelle nostre vite come i termini computer e mouse fecero con i nostri genitori. Molti di questi termini, ormai di uso comune, hanno fatto un ingresso prepotente che ha visto il popolo italiano imparare termini anglofoni. Di fatto, oggi nessuno si sognerebbe di usare la parola “calcolatore”. Immaginati il dialogo surreale: “Luca è pronta la cena spegni il calcolatore!”, “Mamma è un gioco in linea, non posso metterlo in pausa!”
E così tutti hanno imparato a chiamarlo computer e soprattutto hanno imparato a scriverlo in quella maniera, quella giusta, anche perché nessuno si sognerebbe di chiamarlo compiuter, o meglio ancora, nessuno si sognerebbe di scrivere il termine mouse come si legge ossia maus. Bene, preparati e mettiti a sedere perché quello che sto per scriverti ha un che di ridicolmente surreale…
In giapponese mouse si scrive mausu マウス e computer si scrive conpiuutaa コンピューター.
Come se non bastasse, la parola personal computer ha subito un abbreviamento per comodità di uso comune… Ebbene sì, dalla parola paasonaru conpiuutaa パーソナルコンピューター nasce il termine pasocon パソコン che nel resto del mondo è la banale parola PC.
“Perché dovremmo chiamarlo PC come nel resto del mondo?”, cit. Anonimo giapponese.
Ora condivido con te la mia faccia inebetita alla scoperta che questa cosa accade di frequente nella lingua giapponese e che negli ultimi anni il processo è aumentato in maniera esponenziale. Questa tipologia di parole in realtà hanno anche un nome tutto loro, ossia 外来語 がいらいご gairaigo, che letteralmente vuol dire “lingua che viene da fuori / estero”.
Mi sentivo confuso e stupito davanti ad una cosa simile, e per assurdo ero combattuto tra due pensieri. Il primo era: ma perché non fanno come il resto del mondo? Quello è inglese, fine della questione. Il secondo pensiero invece mi faceva sentire sempre più a disagio: se si sono davvero rifiutati di imparare l’inglese e l’hanno scritto come si legge, siamo noi stupidi che ci siamo affannati ad impararlo? Loro ci hanno fatto addirittura delle regole grammaticali.
GUUGURU グーグル
Quando scoprii che la parola google veniva pronunciata e scritta in quella maniera tutto il mio amore per il Giappone e la sua lingua si prese una pausa e scoppiai in una fragorosa risata. Col senno di poi, lo studio all’università e il periodo di vita presso Tokyo, il tutto è diventato abbastanza evidente e spiegabile. I giapponesi utilizzano un alfabeto sillabico che non prevede in alcun caso consonanti singole all’infuori della “n”. Questo ha creato loro un problema che fino ad oggi è stato insormontabile. Particolare ancora più assurdo consiste nel fatto che hanno due alfabeti identici ma con simbologia diversa: Hiragana e Katakana. Quello che sto per scriverti potrà sembrarti denigrante ma in realtà è alla base di un ragionamento funzionale fatto dopo analisi di una situazione contorta a livello nazionale e decisioni prese da linguisti giapponesi al servizio dell’impero.
I kana (i due alfabeti) nati per differenti fini si trovavano sin dallo scorso secolo ad avere gli stessi significati ed utilizzi. Essendo gli utilizzi originali non più applicabili si decise di affidare all’Hiragana, legato da sempre alla tradizione letteraria principalmente femminile, le parole di lingua giapponese (i suoi tratti sinuosi e delicati riflettono come fosse una scrittura nata a corte dall’utilizzo del pennello su carta di riso). Mentre al Katakana venne affidato l’utilizzo per le parole di origine straniera ed in alcuni casi i nomi propri, utilizzato principalmente nei manoscritti militari e quindi praticamente solo dagli uomini (di qui deriva anche lo stile decisamente più “intagliato-inciso” per l’epoca, più facile da scrivere in “condizioni avverse”).
Allora perché le abbreviazioni o le altre modifiche? Beh, questo probabilmente è stato una diretta conseguenza della libertà che si sono auto-concessi i giapponesi. Inoltre, il tutto nasce dal semplice fatto che dopo il lungo periodo di chiusura le grosse novità importate non spesso ricevevano un nuovo nome in giapponese. La maggior parte delle cose arrivate in Giappone mantenevano il loro nome. Faccio un esempio molto semplice. Fino al 1860 tutti indossavano indumenti che esistevano solo in Giappone e mangiavano solo con bacchette, ovviamente non avevano mai visto né camicie né pantaloni né tantomeno posate. Ne risultò l’adozione del nome nella lingua del paese che le aveva portate loro. Forchetta: l’inglese fork divenne fooku フォーク. Pantalone: il francese jubon divenne zubon ズボン.
Se hai visto un anime avrai notato sicuramente la loro capacità di “storpiare” i nomi europei. Bene, adesso ne sai il motivo, ma ti avverto che, casomai un giorno dovessi decidere di approfondire gli studi scoprirai tante cose ben più assurde di quanto raccontato oggi. Ma stai pure sereno, se fossi stato inglese te la saresti vista molto brutta: in Italia, avendo pronunce uguali, siamo tra i paesi che meno hanno accusato questo problema.
Ah, anche questa volta stavo per dimenticare che tu, come me, sei un nerd! Voglio farti fare due risate: vai su Google Translator, cerca dall’italiano o dall’inglese la traduzione della parola google in giapponese e poi ascolta la pronuncia. Detto ciò, ti invito a cercare dalla relativa applicazione la traduzione di insulti ed imprecazioni in giapponese troverai la cosa alquanto asteriscosa… e divertente. Salvo che nel tempo di pubblicazione dell’articolo ci sia un update che abbia risolto il tutto, in quel caso mi spiace, ho provato comunque a regalarti un sorriso.
Meanwhile stay Japan addicted, Stay Nerd!
A cura di Luca Margari