Siamo uomini o caporali? Noi amiamo il Leader.
Dopo l’ultima column sulla tecnologia (ci tornerò presto perché’ ci sono interessanti novità), ritorniamo a parlare di sociologia e politica (si fa per dire, perché’ mi servirebbe leggere una marea di libri prima di poterlo fare nel modo in cui desidero).
Come al solito questa mia column ha diversi riferimenti. Per primo: un episodio dei Simpson della nona stagione, dove una setta, i Movimentariani, convincono tutta Springfield ad adorare un personaggio chiamato il Leader.
Se non l’avete visto lo consiglio, fa molto ridere, critica le numerose sette che si dono diffuse negli ultimi 20 anni (wikipedia vi viene in aiuto qui) e allo stesso tempo, in modo secondo me involontario, mette in discussione il moderno ruolo del Leader.
Altro riferimento: un famoso monologo di Totò, che odiava profondamente la figura del Caporale, ossia “coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano”. So che può sembrare una forzatura, ma negli ultimi anni, anche grazie a internet, ho visto trasformare i famosi Caporali di Totò in Leader movimentariani, indiscussi, uomini da ammirare e difendere ad ogni costo.
Sicuramente sapete già di cosa parlo, è un principio applicabile con politici, Bill Gates, Steve Jobs e con qualunque “moderno leader” o influencer vi venga in mente (anche PewDiePie, ma ci torniamo dopo).
Io non so se Seth Godin abbia ragione (odio i suoi libri, sono pieni di frasi fatte… e qui tutti gli esperti di marketing mi staranno odiando) o se i sondaggi dicono veramente il vero (articolo interessante al riguardo qui) ma questa idea che le persone abbiano necessariamente bisogno di una figura guida per poter collaborare insieme mi ha sempre spaventato. Non tanto per il ruolo del leader, ma sui meccanismi che portano a il “popolo” a scegliere queste guide.
Quando leggo che qualcuno difende questo o quel leader perché ha il coraggio di dire quello che pensa rimango perplesso, mi fa capire che al giorno d’oggi abbiamo perso di vista completamente i principi del nostro vivere insieme.
Abbiamo veramente bisogno di un leader? Forse sì. Forse serve per superare le numerose differenze che ogni giorno dobbiamo affrontare. Ma se fosse veramente così, non sarebbe il caso di scegliere i nostri leader con maggiore consapevolezza?
Se analizzo la biografia di alcune persone che ho citato (recentemente mi è capitato di leggere quella di Steve Jobs) mi accorgo che la cosa che li accomuna tutti è l’arroganza, o come diceva Totò, il loro essere Caporale. Cercano sempre di farsi passare per “persone qualunque, che con le loro capacità sono arrivate al successo”, ma è veramente così? Tutti dicono di essersi fatti da soli (ogni battuta è lecita).
Ma mentre all’epoca di Totò queste persone erano spesso odiate, mal sopportate (non tutte, altrimenti figure dittatoriali come Hitler e Mussolini non avrebbero trovato spazio nella storia) e in numero esiguo, ora sono numerose e se fate un giro del web ne perderete il conto molto facilmente. Influenzano masse e si appoggiano a un “popolo virtuale” che, come molti sanno, può essere molto pericoloso.
Si è consolidato un meraviglioso circolo vizioso in cui i sostenitori si appoggiano al leader e il leader ai propri sostenitori (una puntata di Last Week Tonight with John Oliver dà un interessante esempio di possibile manipolazione di verità e informazioni in quest’ambito). E mentre una volta, caduto il leader, tutti si ritrovavano spaesati, adesso basta aprire un social network e scegliere una persona contando il numero dei suoi follower per trovare un sostituto.
Quindi come fare a cambiare le cose in questo periodo? Non ho di preciso una soluzione, ma sicuramente il primo passo da fare è smettere di seguire i leader di turno senza porsi domande. Iniziare ad affrontare i problemi con spirito critico, usando la propria testa e non semplicemente gli istinti.
Al giorno d’oggi non riesco a vedere leader come Mandela, Gandhi, Martin Luther King, persone coraggiose con idee talmente meravigliose da poter cambiare il mondo.
Sentiamo tutti il bisogno di un eroe, perché spesso ci sentiamo impotenti davanti a fatti più grandi di noi, ma forse, prima di commettere un errore di cui potremmo pentirci, dovremmo iniziare le rivoluzioni da noi stessi e poi guardare in alto.