La lentezza è l’antidoto
Ma quante cazzate girano su internet? E sui social. E quanto è facile spararne, anche senza saperlo, colti dalla frenesia di dire la nostra sull’argomento, di rispondere, di partecipare, di dare ragione o di manifestare dissenso. L’antidoto è la lentezza.
Perché credetemi, il 90% della roba che leggo qua e là, quando annoiato e in un momento di pausa scorro la homepage di Facebook, sono cazzate. È rilevante far sapere al mondo che l’ultimo film che hai visto non ti è piaciuto, o addirittura sperticarti in una approfondita analisi della pellicola, visto che di cinema non ne sai un cazzo? È arricchente umanamente farci sapere cosa ti appena accaduto, l’incredibile coincidenza che la vita ti ha messo davanti, o la cafonata alla quale hai appena assistito? Pensi che il mosaico delle nostre vite si arricchirà di una nuova incredibile tessera quando avrai postato quella foto buffissima del tuo gatto, o il selfie della tua faccia felice perché sei finalmente in vacanza, o l’immagine della maestosa impepata di cozze che ti stai preparando a degustare?
Per non parlare della tua opinione. Quel commento che hai lasciato, il centotrentaquattresimo sotto quel post polemico sull’ultimo servizio spazzatura delle Iene, contribuirà in maniera significativa alla discussione? Scrivere “genio” sotto l’ultima vignetta del tuo fumettista preferito, lo avvicinerà al nobel? Credi che la tua opinione incompetente sotto all’ennesimo post antivaccinista (o sotto all’ultimo post che biasima gli antivaccinisti) riscriverà la storia della scienza in Italia?
Non solo. Quella gif che ti ha fatto ridere è una stronzata, ammettilo, non c’era bisogno di condividerla. L’ennesimo meme del cazzo sull’argomento del giorno non meritava di finire sulla tua bacheca. Durante la giornata del ricordo, condividere vignette sulla giornata del ricordo è fin troppo facile. Qualcuno ha inventato la diecimiliardesima celebrazione idiota da festeggiare su Facebook con un gesto simbolico, e tu ci sei cascato.
L’antidoto è la lentezza. Non credo di dover essere io a farvi notare che i siti che vendono roba implementano sempre di più sistemi che spingono all’acquisto immediato: il “one-click-buy” o addirittura i “dash button” da tenere vicino alla tazza del cesso per quando finisce la carta igienica. Presto, premilo! Non vorrai mica sederti sul water, domani, e trovarti senza carta igienica. Anche se effettivamente potresti scendere e comprarla al supermercato qui sotto, ci metteresti cinque minuti, il tempo di scendere e salire. Ma questo ragionamento è avvenuto troppo tardi, troppo poco velocemente. Ormai il pulsante l’hai già premuto.
Il pulsante del “dash button” funziona come quello del “like” e del “condividi”, ed è terribilmente simile a quello del “commenta”. Il pensiero che forse il like ‘sta roba non se lo meritava, che condividerla non era poi ‘sta grande idea e che del proprio commento non fregava una minchia a nessuno, è arrivato dopo. Se fossi stato più lento, se avessi avuto il tempo di ragionare su quello che hai visto e che hai letto, di capirlo davvero, di sviluppare un pensiero non reattivo, di ripescare alcuni concetti dalla tua testa, di rifletterci due minuti… forse avremmo avuto una cazzata in meno nell’oceano digitale.
Vaccinatevi. Con la lentezza.
A cura di Luigi Bigio Cecchi