Volando basso, si vede meglio. Ovvero: di fan, di amici e di altra umanità.
Cosa significa avere dei fan? Folle urlanti e debitamente trincerate, famiglie che ti tendono imboscate al ristorante per estorcerti un selfie, stalker che scoprono il tuo numero di telefono e ti perseguitano in piena notte… certo. Ma per un “piccolo” come il fumettista Stefano Bonfanti, forte di quindici anni sul campo ma debole della nicchia in cui si è andato a cacciare, il rapporto con chi si può definire “fan” è più eterogeneo e soft…
Mi sembrava strano che Barbara, la mia altra metà del cielo nonché del duo artistico Dentiblù di cui faccio parte, mi richiamasse solo un paio di minuti dopo che l’avevo sentita al telefono ma, sollevata la cornetta, ho intuito rapidamente il motivo.
Fra le voci concitate in sottofondo emerge la sua, grave e un po’ incerta: “ho tamponato”. A centinaia di chilometri di distanza non avevo modo di rendermi conto dell’entità del patatrac, ma le imprecazioni che sentivo in lontananza mi facevano pensare che la controparte nutrisse un certo malanimo.
Istruita debitamente su come si compila il famigerato modulo blu, la risento solo a distanza di una buona mezz’ora, stranamente sollevata e quasi ilare.
“Tu non puoi immaginare” mi dice. Eh no, non sapevo proprio immaginare cosa ci fosse di tanto divertente, ma di lì a poco avrei ridacchiato anch’io.
Era andata infatti che, esaurita una sequela di imprecazioni, l’altro conducente si era stoicamente prestato alla compilazione del modulo blu archiviando suo malgrado l’ira funesta. Quando, al momento di sottoscrivere i dati personali, vede nome e cognome della mia socia, cambia espressione ed esclama incredulo: “Ma… tu sei Barbara Barbieri… dei Dentiblù?”
Ne seguono attestazioni di stima e di entusiasmo: la parte lesa era un nostro affezionato lettore sin da tempi non sospetti e per poco non si dichiarava entusiasta di questo incontro-scontro. Beh, una parte di me quasi sperava che, per affetto, rinunciasse al risarcimento danni ma, avanti che siate voi a farvi questa idea, riconosco per primo che quella parte di me è proprio scema.
In ogni caso, l’episodio ha mitigato abbastanza il cattivo umore e mi ha fatto pensare a cosa, in questi quindici anni sul campo, potesse significare per me avere dei “fan”.
Il termine, forse già un po’ desueto, nel mio immaginario pre-fumettistico era netto e ben definito: la celebrità da un lato, i fan in delirio dall’altro e un muro ricoperto da filo spinato nel mezzo.
Ma poi ti ritrovi dall’altra parte e ti accorgi che non c’è bisogno di essere i Rolling Stones per avere qualche fan, nondimeno il rapporto può essere notevolmente variabile e diverso.
Lo so, il mondo del fumetto è piccolo e ben raramente ci sono delle moleste folle in delirio che si strappano i capelli. Al momento, l’unico che ho visto nel settore nascondersi dietro a enormi occhiali scuri e un cappuccio ben calcato sul viso è il buon Sio, ma spero di non fargli torto supponendo che il più di questa necessità gli venga innanzitutto dai milioni di spettatori dei suoi video e dagli impulsi belluini tipici della loro età media.
Per il resto, dicevo, basta un po’ di pazienza che chiunque ha modo di conoscere e magari scambiare due parole coi suoi beniamini, senza che quattro scimmioni ben vestiti, con l’auricolare e gli occhiali scuri, lo scaraventino via.
Tornando da questo lato dell’inesistente barricata, seppur riconoscendo che i miei fan siano solo nell’ordine di poche migliaia, non credo di sbagliare generalizzando, nel fumetto, un rapporto artista-seguace molto più easy e senza particolari barriere.
Se escludiamo infatti quelle convention in cui sei letteralmente portato via di peso dalle folle, la presenza al pubblico è spesso lunga, rarefatta e in contesti ben tranquilli. Tanto che scambiare due parole è giusto il primo passo in rapporti che a volte diventano addirittura di piacevole amicizia. Ma nel mezzo ci sono anche molte sfumature e certi casi peculiari che meritano di essere ricordati per i più svariati motivi.
Quello che ho scoperto essere un gran classico – nondimeno apprezzatissimo – è quando un tuo fan ti compiace con doni, per lo più alimentari. Forse facciamo una certa pena quando stiamo chinati sul banco a scarabocchiare per ore e ben si suppone che i generi di conforto ci diano qualcosa di simile a quello che, con le pagine dei nostri fumetti, diamo al nostro pubblico. Beh, per approssimazione sarebbe un’ipotesi alquanto azzeccata.
E sì che, per quanto i legami più forti si creino con i fan coi quali scopri una particolare sintonia, quelli che partono generosi riescono in qualche modo a guadagnare posizioni. Inutile negare che il nostro essere primati evoluti, sempre a caccia di carboidrati, gioca un ruolo principe, specialmente quando i ritmi delle convention danno fondo alle nostre riserve fisiche. Cioccolatini, caramelle, pacchi di biscotti, vassoi di pasticceria tipica, panini con la frittata, lambrusco, salami, capocolli, culatelli e la lista è ancora lunga. Giuro.
Un’altra categoria che vale la pena di citare sono i timidi, insomma quelli che non si fanno avanti. Ricordo ancora uno strano episodio in cui una giovane coppia stazionava davanti a casa mia, leggendo e rileggendo il nome sul campanello e gettando sguardi divertiti a me in giardino con la famiglia, come in una sorta di zoo. D’altronde già l’ho detto di essere un primate.
In ogni caso, quella “sintonia” di cui parlavo è la chiave di volta. Spesso chi ti segue lo fa perché ti apprezza e se ti apprezza, lo fa perché in qualche modo ti somiglia. Va da sé che, circostanze permettendo, vien fuori quell’alchimia in base alla quale il tuo fan non è più un semplice numero o uno specchio che si limita a riflettere il tuo ego, ma un nome, un cognome e un vissuto.
Il rapporto diventa a doppio senso e in qualche modo ti accorgi che le tue storie sono state quella sorta di messaggio nella bottiglia destinato alla fetta di umanità alla quale vuoi appartenere.
Vabbè, confesso che non sempre è così, che a volte la tentazione di nascondersi sotto al tavolo c’è davvero e di individui veramente molesti se ne trovano. D’altronde è un effetto collaterale dell’enorme varietà di fauna umana che ti si para davanti: prima di arrivare al bel discorso di cui sopra sulle anime affini, Darwin deve pur dare una bella sforbiciata.
Insomma: ben lungi dall’avere milioni di lettori, prodigo della mia presenza nelle convention e dotato di una buona memoria per nomi e volti, ho quasi l’impressione di non avere dei veri e propri fan, quanto piuttosto una nutrita cerchia di amici.
Conferma ne sia che gli episodi in cui gente che mi incontra per caso e dimostra di riconoscermi mentre io non riesco a fare altrettanto si contano sulla punta delle dita. E no, neppure il tipo del tamponamento ne fa parte: gira che ti rigira, poi ho scoperto che in qualche modo già conoscevo anche lui.
Che dire, ormai mi è chiaro che avere dei fan non è necessariamente pararsi dietro agli occhialoni e scappare da folle in delirio, ma… come fare a non voler bene a quella “nutrita cerchia di amici”?
Magari l’ego ingrassa un po’ meno, ok, ma anche l’anima esige le sue calorie…