(Ri)scoprendo Bob Dylan
Può un genere ormai canonizzato portare a risultati di grande spessore e originalità? È quello che è riuscito a fare Tod Haynes con Io non sono qui, film del 2007, che ha l’ambizione di narrare la vita del genio musicale Bob Dylan.
Presentato alla 64° Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia, dove vinse il Premio Speciale della Giuria, Io non sono qui è un film ambizioso nel suo obiettivo, quanto mai centrato, di dare nuova linfa al genere biografico.
La personalità poliedrica e sempre sorprendente di Bob Dylan sicuramente ha aiutato l’impresa. Nel rappresentare la vita personale e artistica del cantante, Haynes non si è accontentato di una narrazione lineare, cronologica e puntuale degli eventi più significativi. E ha fatto anche di più: non ha scelto un unico attore nell’interpretarlo, ma ben sei. Ogni incarnazione di Bob Dylan rappresenta un particolare momento della vita dell’artista, vista in modo mai scontato e sempre ricca di simbolismo ed elementi evocativi. I vari livelli di cui si compone il film si intrecciano e si rincorrono senza un ordine preciso, confondendo i periodi storici, mettendo in comunicazione e anche in conflitto i diversi capitoli della vita di Bob Dylan.
Il cantante viene così frammentato in tanti sé, quanti sono quelli che hanno caratterizzato la vita personale e artistica di una delle personalità più influenti e controverse del panorama musicale del secolo scorso. Dylan è così rappresentato da un bambino di colore dall’iconico nome di Woody Guthrie, cantautore, scrittore e musicista folklorista che è stato la figura ispiratrice della sua carriera. Assume poi le vesti di un tale Jack Rollins, musicista folk di straordinario talento. Diventa poi l’attore Robbie Clark, interprete di un film sulla vita di Jack Rollins e in balia del rapporto di amore/odio con l’artista francese Claire. Si trasforma dunque in Jude Quinn, cantante folk che si converte al rock dovendosi confrontare con il disorientamento dei suoi fan. Si improvvisa eroico bandito nelle vesti di Billy McCarty, in un favolistico mondo west da cinema hollywoodiano anni ’50. Infine veste i panni del poeta Arthur Rimbaud alle prese con urgenti domande esistenziali.
Dylan il ragazzino difficile, Dylan il cantante folk, Dylan l’attore, Dylan Il poeta. E poi l’uomo con le sue relazioni, le sue emozioni, gli accecanti slanci di amore e di odio, le svolte artistiche dal folk al rock fino alla conversione verso la musica gospel. I miti e le influenze, le maschere e le fragilità, le passioni vissute tutte in maniera totalizzante. Tutto di Bob Dylan viene inserito in Io non sono qui, a condensare una intera eccezionale esistenza attraverso una narrazione poliedrica e mai banale, come mai banali sono le maschere che assume di volta in volta l’artista.
Ogni capitolo è narrato infatti in maniera differente. Quello su Jude Quinn è interamente in bianco e nero e assume i connotati di una narrazione anni Sessanta. Jack Rollins è raccontato come se improvvisamente fossimo all’interno di un documentario sulla sua vita, una biografia dentro una biografia. Il gioco di scatole cinesi è continuamente esplorato: nella vita di Bobby Clark che interpreta Jack Rollins in un film; in Billy McCarty che vive nel mondo cinematografico dove Bob Dylan ha realmente recitato, quello delle storie di Billy The Kid e Path Garret.
Il film si avvale di un cast eccezionale. Prima fra tutti Cate Blanchett, unica donna a interpretare il protagonista nel ruolo di Jude Quinn e paradossalmente il più significativo e verisimigliante Bob Dylan. Questa interpretazione le è valsa la Coppa Volpi a Venezia e la candidatura come miglior attrice non protagonista ai premi Oscar 2008.
Io non sono qui annovera tra gli altri volti il compianto Heart Ledger nel ruolo di un irascibile Bobby Clark a cui fa da spalla una dolce e potente Charlotte Gainsbourg nel ruolo di Claire. Jack Rollins è interpretato da Christian Bale a suo agio nei panni del cantante folk intriso di ideali. A Richard Gere spetta il Billy McCarty placidamente accomodato nel suo ruolo favolistico. E poi ancora Julianne Moore, Michelle Williams, Ben Whishaw a creare un cast corale tutto giocato sulla costruzione di un’unica complessa identità.
Il tutto non poteva non essere ovviamente accompagnato dagli indimenticabili successi discografici di Dylan, qui reinterpretati e cantati dagli stessi attori. La musica pervade il film diventando uno dei principali fili conduttori della narrazione, non solo nella vita artistica di Dylan ma anche, e forse soprattutto, negli anfratti più intimi della sua esistenza, negli amori spezzati, nelle scelte sbagliate, nelle conversioni grandi e piccole, nei dubbi esistenziali.
E infine un titolo, Io non sono qui, evocativo e paradossale. Dov è Bob Dylan? Chi è Bob Dylan? Il film ci trasmette la personalità insondabile e impossibile da incasellare dell’artista giocando sull’idea che una persona non è un’unica entità, ma tante cose insieme, tante sfumature e tanti storie che si intrecciano a formare una storia di vita unica e perfetta nei suoi momenti belli come in quelli dolorosi, nelle rotture come nei legami, nei cambiamenti come nella resistenza ad essa.
In definitiva un film che supera il genere biografico per sperimentare nella scrittura e nel linguaggio, cosa succede quando si va oltre alla mera ricostruzione, talvolta anche dai facili patetismi, dei momenti salienti di una vita. Coraggioso e originale, ricco di un cast che da solo vale la visione, Io non sono qui esplora la vita di Bob Dylan con un occhio nuovo.
Unico film di cui Bob Dylan abbia apprezzato esplicitamente la produzione, ha saputo unire la forza e il simbolismo della sua figura controversa con uno studio e un’innovazione di vedute.