L’evocazione: The Conjuring è assolutamente da vedere
Da estimatore del genere horror, e dopo aver visto recentemente quella ciofeca di Ouija, mi sono reso conto che c’è davvero troppa poca scelta negli ultimi anni per chi apprezza il genere. La monnezza è infinita e i film buoni escono uno ogni tot anni. In realtà faccio piuttosto fatica a ricordarmi roba valida da consigliare senza scomodare mostri sacri del passato, mi vengono in mente The Descent (di cui magari parleremo in un’altra occasione) e pochi altri… Ma tra questi “pochi altri” rientra sicuramente L’evocazione – The Conjuring, film del 2013, del regista James Wan, noto per altri validi film dal taglio macabro e oscuro come Saw l’enigmista, Insidius e Death Sentence. Mi sono perciò detto che valesse la pena parlarne un po’, visto che ad un’occhiata superficiale può confondersi nell’oceano di cacca fumante che esce ogni anno, e sarebbe un peccato.
The Conjuring è un horror movie che narra le vicende di una coppia di demonologi (investigatori del paranormale specializzati in entità demoniache) ispirandosi a fatti realmente accaduti nel 1971, alla stregua di quanto avevano già fatto film come Amytiville Horror o The Haunting in Connecticut. Ed e Lorrain Warren, questi i nomi dei due professionisti del paranormale, vengono contattati da una numerosa famiglia che abita in un vecchio casale in campagna il quale si rivela ben presto abitato da presenze extraterrene che mal tollerano la presenza della coppia e delle loro cinque figlie, provocando tutta una serie di scompigli che costringeranno i disperati abitanti della villa a correre ai ripari in qualche modo. Se la storia così raccontata provoca in voi più di un déjà vu, non c’è da stupirsi, negli intenti degli sceneggiatori e del regista sicuramente non c’era l’intenzione di rivoluzionare il genere ma più probabilmente di mischiare le carte in maniera maggiormente imprevedibile e nondimeno, donare alla “verve horrorifica” del film molta aggressività.
La pellicola è costellata da momenti di suspance che il più smaliziato tra gli appassionati di horror non tarderà a individuare nell’avvicendarsi delle bizzarrie spirituali che si succederanno davanti ai suoi occhi, prevedendo con molta semplicità le dinamiche causa-effetto come porte sbattute in mezzo a bui corridoi, visioni improvvise, sospiri nel silenzio e chi più ne ha più ne metta. Queste tuttavia, (e senza fare spoiler alcuno per un film il cui maggior punto di forza è la suspance della prima visione) nel film di Wan vivono di ritmi diversi, dilatati all’infinito con suoni bassi e persistenti che rimbombano in maniera disturbante per esaltare e allungare quanto più possibile l’attimo di terrore. Oppure accorciati e proposti in rapida sequela, mantenendo così alta l’attenzione (e la tensione) per tutta la durata del film. Il lungometraggio quindi, finisce per intrattenere degnamente dall’inizio fino alla conclusione, e questo è un aspetto veramente raro e non da sottovalutare, visto che la maggior parte degli esponenti di questo filone, tendono oggigiorno a sublimare un minutaggio sconfinato di nulla più assoluto in soli pochi attimi di vera suspance verso la fine. Complice di questo è anche la parecchia carne al fuoco inserita nel film: ogni membro della famiglia infatti sarà coinvolto attivamente negli inquietanti deliri delle presenze demoniache della casa, che andranno a infastidire una volta una figlia una volta un’altra, non permettendo mia di focalizzare al massimo dove si andrà a parare (almeno fino a un certo punto del film).
Paradossalmente in una pellicola che richiama fatti reali e quindi che vorrebbe probabilmente trasmettere sensazioni di verosimiglianza, stupisce ma non infastidisce, il taglio stilistico forte e “sopra le righe” che James Wan imprime nel film. Vicino all’estetica horror di Sam Raimi se vogliamo, meno gore ma decisamente più dark (grazie soprattutto al tipo di fotografia che il regista usa solitamente in tutti i suoi film). Anche per Wan infatti la “fisicità” visiva degli orrori che porta su schermo è importante e viscerale.
Ghigni malefici, pochi effetti digitali, e dettagli estetici finalizzati a “schifare” attraverso lo schermo accompagnano una serie di momenti d’alta tensione piuttosto movimentati, rendendo le scene forti sostenute e concrete per gli standard e scongiurando, come già detto, il pericolo di noia assoluta che accompagna di solito la visione di questo tipo di film per almeno metà della loro durata. L’evocazione – The Conjuring in questo rivela anche la visione vivida e precisa del regista rispetto al film di genere che vuole realizzare, sfoltendolo da momenti inutili ed eccessivamente prolissi (ma senza sacrificare quanto necessario all’atmosfera). Le sequenze che compongono le due ore di film sono montate in maniera forse non originalissima (Wan porta comunque sempre molto rispetto per i tempi e il linguaggio cinematografico più classico del genere) ma sicuramente in grado di non far abbassare mai la guardia allo spettatore, arrivando quasi a donare al film più di un “culmine”. Quasi fossero due film distinti, L’evocazione gode di una prima parte legata all’infestazione dell’abitazione fatta di tanti momenti ”poltergeist” che da soli potrebbero riempire un Paranormal Activity a caso, e una seconda altrettanto ricca e quasi “autosufficiente” legata all’esorcismo. Lo stesso precedente Death Sentence trovava i suoi maggiori pregi non tanto nella ricercatezza di una miccia narrativa esplosiva quanto nella medesima profonda ed esasperata evoluzione che la successione degli eventi subiva nel corso della storia. Nel caricare questo tipo di tensione, James Wan si è rivelato sicuramente un regista davvero attento e capace e probabilmente da questo punto di vista, L’evocazione risulta il suo miglior lavoro.
PERCHE’ VEDERLO: Perché è un viaggio in un tunnel degli orrori dove ogni espediente per farvi saltare sulla sedia è più sentito e meglio imbastito di quello precedente, è un film vintage sia nelle atmosfere anni settanta riprodotte, che nei mille richiami ai film progenitori che lo hanno ispirato, ma allo stesso tempo moderno e contemporaneo in alcune soluzioni stilistiche. È semplicemente, un film horror davvero buono (se non ottimo, a seconda dei gusti personali). Niente di più e niente di meno, ma di questi tempi, non è poca cosa.
A CHI È CONSIGLIATO: Allo spettatore ovviamente amante dell’horror ma non superficiale. Può sembrare un paradosso se consideriamo che parliamo di un genere “basso”, diciamo, ma è nella capacità di interpretare con tutti i crismi una certa “classicità stilistica”, che vanno ricercati i meriti maggiori di questo film. Insomma che vi piacciano i film di fantasmi, di evocazioni o di fenomeni paranormali vari, questo è il film che fa per voi: c’è dentro tutto, un “tutto” che non vi deluderà.