A caccia di Troll, con la camera a mano

A cosa pensate in quei pochi istanti prima che inizi un film, quando vi posizionate sul divano davanti alla televisione e schiacciate il tasto play (ho voluto essere romantico, ormai la fruizione di pellicole avviene spesso in maniera totalmente differente)?
Personalmente la prima cosa che passa per la mia testa è la speranza di essere costretto a dover riguardarmi l’intero film da capo. Sembra forse assurdo formulare un pensiero del genere ancor prima di aver visto anche solo il primo frame della storia, ma lasciatemi spiegare il perché di queste mie affermazioni apparentemente bislacche.
Innanzitutto, se un film viene rivisto è perché molto probabilmente ci è piaciuto (chi di voi, infatti, riguarderebbe mai il Daredevil di Ben Affleck?); ma non solo, a volte infatti lo facciamo perché vogliamo comprenderlo meglio, cercare di afferrare qualche dettaglio sfuggitoci, o ripercorrere l’intera storia con in mano una chiave di lettura diversa, ottenuta magari solo nel finale della pellicola (per questo genere vi consigliamo Coherence).

Tra i film da vedere e rivedere, ce n’è uno che riprende le leggende nordiche trasformandole in realtà cinematografica, e che quest’oggi mi sento di suggerire a tutti voi: Troll Hunter.

Si sa, il folklore scandinavo porta da sempre con sé un fascino del tutto particolare, anche se poi, in concreto, non è mai riuscito a far veramente breccia su di una vasta platea internazionale (a parte Thor il belloccio). In questo ambito le figure “mitologiche” più interessanti sono sicuramente i Troll, e non parliamo di quei piccoli pupazzini con i capelli lunghi e colorati, oggetto di culto negli anni novanta. Le creature in questione appartengono ai racconti di paura sussurrati intorno al fuoco per spaventare i più piccoli, e narrano di esseri bizzarri, tanto giganteschi quanto stupidi e crudeli. Nel film queste entità entrano in contatto e si scontrano con gli umani, generando numerose conseguenze e impartendo all’uomo importanti lezioni di vita.

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A riportare alla luce questi nordici incubi infantili ci ha pensato André Øvredal, regista norvegese che con la sua pellicola Trolljegeren (tradotto poi in Troll Hunter) ha riscosso un tumultuoso successo in patria a fine 2010. La produzione indipendente e la decisione azzardata sul genere scelto (il mockumentary alla The Blair Witch Project) hanno fatto sì che la pellicola passasse praticamente inosservata in Italia, e questo è stato sicuramente un errore di valutazione, in quanto il film può essere senza dubbio considerato uno degli esperimenti – appartenenti a quella speciale categoria – più riusciti e apprezzabili.

L’inizio non è del tutto originale, ed è caratterizzato dal comune finto messaggio con il quale lo spettatore viene avvertito del ritrovamento delle registrazioni che seguiranno, montate esattamente nell’ordine in cui sono state rinvenute.
La storia vede tre studenti universitari che tentano di realizzare un documentario amatoriale su alcuni fenomeni misteriosi, che sembra stiano accadendo nella loro zona: in particolare si parla di strane scomparse di bestiame e inconsueti ritrovamenti di esemplari di orso morti stecchiti.

La trama sino a questo momento sembra dipanarsi in maniera abbastanza lineare, senonché il regista decide di alzare la posta, introducendo la figura di Hans che a primo acchito pare essere un bracconiere che caccia gli orsi, senza avere però la necessaria autorizzazione statale. I tre protagonisti decideranno di pedinarlo durante la notte, per poter seguire le sue strane attività.
Ed è in questo momento che improvvisamente tutto cambia, non solo per loro ma anche per lo spettatore; la realtà si perde nella fantasia e viceversa, niente sembra più avere senso, a parte Hans che gli grida contro a gran voce: “TROOOOOOOOL”.

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Non volendo descrivervi il primo incontro con queste possenti creature (che a parer mio merita di essere gustato come una virgin piña colada), passiamo subito a raccontarvi come i tre ragazzi scoprono che in realtà il nostro Hans è un improbabile agente del TSS, una specie di agenzia governativa segreta specializzata nel controllo dei Troll (Troll Security Service-Servizio Sicurezza Troll), e che opera al fine di evitare che la popolazione norvegese – ma non solo – possa venire a conoscenza di questi esseri leggendari; il lavoro dell’agente, pertanto, consiste nel seguire e abbattere gli esemplari problematici, coprendo i danni da loro causati, utilizzando delle carcasse di orsi, a cui viene data in seguito la colpa di tutto il trambusto.
Il punto di forza di questa pellicola risiede proprio in questo particolarissimo aspetto: la trama non ci racconta una fiaba dai risvolti horror o splatter, dove un cacciatore avvolto da un’aura di mistero sfida e combatte possenti creature ancestrali. Sullo schermo viene proiettata una sorta di teoria complottistica che vede come protagonisti i Troll (e già questo dovrebbe bastare), che vengono studiati e analizzati come durante una puntata di Quark (Piero Angela questa sera vi parlerà dei Troll: verità o leggenda?).
Nel film viene data moltissima importanza alla valorizzazione di queste creature, per rendere il tutto ancora più realistico: e così, nel corso della storia, ci vengono mostrate le numerose razze di Troll e le loro caratteristiche peculiari, dalla territorialità alle capacità specifiche, fornendo sempre una spiegazione interessante, pittoresca ma anche “credibile”, per quanto questo possa apparire strano. Le creature, oltretutto, sono realizzate molto bene e il loro design è studiato per non essere mai banale o approssimativo.

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PERCHE’ VEDERLO:
Perché vi troverete di fonte ad una pellicola che sfuggirà alle varie classificazioni (horror, thriller, etc.). Troll Hunter colpisce poiché la tensione non viene creata poco a poco: un attimo prima sei lì che segui un cacciatore nella foresta, scettico e anche un pochino annoiato, poi, l’istante dopo…
“TROOOOOOOOOOL”
E ti ritrovi a fuggire con i protagonisti, nascondendoti dai pericoli incombenti e temendo per la tua stessa incolumità. Perché il film è reale, o quantomeno lo sembra in maniera così dannatamente convincente che ti sorgono molti dubbi sulla possibile esistenza di quelle assurde creature. Lo stile amatoriale (così comune nelle produzioni indipendenti) non diviene mai inaccurato o pedante, ma grazie a discreti effetti digitali si crea un bizzarro ed interessantissimo contrasto tra il realismo dei luoghi e il surrealismo insito negli esseri, i quali ci vengono presentati dal cacciatore con un taglio così scientifico che pare di essere finiti dentro un vero documentario naturalistico.

A CHI E’ CONSIGLIATO:
Io personalmente mi sento di suggerirlo un po’ a tutti voi, perché Troll Hunter è tecnicamente molto valido e realizzato con una splendida fotografia, che ritrae i paesaggi nordici nel pieno del loro splendore. A questo si aggiunge una regia molto intelligente, in grado di giostrarsi tra le svariate scene ed ambientazioni della pellicola, senza mai cali di tensione troppo marcati. Anche chi ama gli effetti speciali non rimarrà deluso, soprattutto se si considera che il prodotto è quasi del tutto indipendente e non ha sicuramente le possibilità economiche offerte dal portafogli hollywoodiano. La storia sarà apprezzata anche da coloro che soffrono del mal di mare causato da questo genere di pellicole, perché il film limita veramente tanto i momenti di sballonzolamento della telecamera, prediligendo invece una tecnica di ripresa stabile e ferma.

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In conclusione vi posso dire che Troll Hunter vi piacerà tantissimo…oppure vi farà schifo (facile previsione, direte voi).
Il fatto è che andrà proprio così, perché questa tipologia di pellicola non lascia spazio a zone grigie: o lo si ama o lo si odia. Ma se lo accetterete senza pregiudizi, vi accorgerete di essere tornati bambini all’improvviso, in un mondo in cui realtà e fantasia si mescolano tra loro e creature appartenenti alle leggende popolari diventano materiali e concrete. Però, insomma, non si tratta di piccoli esserini blu che parlano in maniera irritante, bensì di mostri pericolosi ed enormi da cui è bene tenersi a debita distanza.

Quindi forse è meglio che…”TROOOOOOOOOOL!” (scappate!)

Federico Tufano
Un tizio qualunque a cui piace scrivere: più o meno la storia di ognuno di noi e della sua passione. Da piccolo sognavo che un giorno avrei fatto il paleontologo, per poter ammirare i miei animali preferiti: i dinosauri. Poi, quando mi hanno che i dinosauri erano tutti estinti non ci ho voluto credere e così mi sono rifugiato nel sogno, regno della fantasia dove ho tutt’ora la residenza. Spesso risulto indigesto, acido e diretto come un gancio sinistro del caro vecchio Balboa ma il mio motto è sempre stato “meglio dentro che fuori”. Forse morirò solo o forse vivrò abbastanza a lungo da farmi amare da tutti voi.