Control Z: una nuova serie messicana su Netflix sull’uso dei cellulari da parte dei giovani
Direttamente dal Messico, dal 22 maggio è disponibile Control Z, una nuova serie Netflix di appena otto episodi da massimo 40 minuti ciascuno: un thriller scolastico veloce da guardare e che a molti sembrerà qualcosa di già visto per temi e stile narrativo, in quanto sfrutta (forse anche in maniera eccessiva) finestre social e messaggi scambiati tra adolescenti per intavolare il mistero che coprirà l’intera stagione e, apparentemente, fare critica sociale sull’uso spasmodico dei telefoni cellulari da parte degli adolescenti, che ormai vi fanno completo affidamento.
Netflix ha consolidato da tempo la formula del teen drama, difficile da rinnovare e da rendere appetibile per chi ama fare binge watching una serie dietro l’altra, e Control Z infatti se la cava veramente per poco.
Control Z: benvenuti al Collegio Nacional, dove tutti hanno qualcosa da nascondere
Vi suona familiare? Nonostante l’annuncio di Netflix, che proponeva Control Z come un incrocio tra Gossip Girl e Black Mirror, a molti spettatori navigati ricorderà semmai Elite e Pretty Little Liars, con un pizzico di 13 Reasons Why. Social e messaggistica istantanea sono il mezzo principale attraverso cui si svolge l’azione, che si tratti di parlare normalmente o di perpetrare un piano per rivelare falsità e menzogne che i ragazzi del Collegio Nacional si dicono tra loro ogni giorno.
In questa scuola dal tetto di vetro, panchine dal design sofisticato e ampi corridoi, si muove la protagonista, Sofía Herrera, una specie di outsider, in costante autoisolamento grazie alle cuffie e alla lettura di impegnativi romanzi russi. Avendo un tragico passato alle spalle, che l’ha portata per un breve periodo ad essere anche ospite di un ospedale psichiatrico, viene comunque evitata o presa di mira dal solito bulletto sostenuto dal suo gruppo di amici, che vengono mostrati come quelli in cima alla gerarchia che si è creata all’interno di questa scuola già di suo palesemente elitaria.
Conosceremo meglio tutti loro e il nuovo studente, Javier Williams, figlio di un ex calciatore, quando un misterioso hacker rivelerà segreti di varia natura di alcuni dei ragazzi: tradimenti, gusti sessuali nascosti e rivelazioni sulle famiglie, l’hacker non sembra voler risparmiare nessuno, conscio del fatto di poter scatenare reazioni imprevedibili che porteranno a ulteriori scoperte indesiderate. Sofía, aiutata da Javier, diventerà autonomamente una novella Sherlock per scoprire chi si nasconde dietro il profilo @_allyoursecrets_
Tutto poco originale e molto abbozzato
L’atmosfera thriller che permea l’andamento dell’intreccio fa leva su quella curiosità vagamente morbosa che proviamo un po’ tutti quando si tratta di scoprire i segreti delle persone, comprese quelle a noi più vicine. E se questi segreti sono nascosti tra video, foto e messaggi che teniamo sul palmo di una mano, la facilità con cui vi si può accedere rende tutto ancora più intrigante.
Tuttavia, in Control Z non si scava poi molto a fondo, e in effetti non è nemmeno necessario. I segreti rivelati sono tutti abbastanza evidenti, in alcuni casi addirittura già conosciuti o, perlomeno, intuiti da alcuni personaggi, a loro volta per niente approfonditi. Il folto gruppo di ragazzi coinvolti dalle prime rivelazioni dell’hacker offriva numerosi spunti di riflessione, tra questioni familiari, di identità sessuale e rapporti di fiducia che si sgretolano alla prima minaccia.
Invece, ciascuno di loro si riduce ad uno stereotipo, ad una semplice definizione che li rende poco più che macchiette: Maria è sottomessa alla sorella Natalia, che invece è quella sicura di sé solo grazie ai soldi di cui fa mostra con le sue borse firmate; Gerry è il piantagrane e i suoi amici sono dei semplici tirapiedi un po’ fumati; Isabela è considerata la più carina della scuola (true that); Raul è il figlio di un importante politico e per questo considerato un riccone viziato; e così via, ce n’è per tutti, compresa Sofía che, nonostante il carattere tutto sommato gradevole, è intrappolata anche lei nei cliché del “protagonista dannato”, afflitta da problemi che vengono, però, solamente accennati lungo la serie per giustificare i suoi comportamenti e le scelte compiute nelle scene successive.
Il problema maggiore di Control Z, insomma, è proporre diversi temi (ad esempio, il bullismo, l’utilizzo consapevole di cellulari e internet o l’identità sessuale e di genere) senza approfondirli attraverso una maggior cura per la caratterizzazione dei personaggi e senza lanciare alcun messaggio particolare allo spettatore. L’ambientazione, poi, è generica, non sappiamo con certezza dove si trovi questa scuola e quale sia il background culturale, anche se questo può forse voler significare che non importa in che parte del mondo siamo, l’approccio al sesso, al web, alla tecnologia, alla privacy è lo stesso e certe cose non si possono annullare con un semplice comando.
Control Z: un’altra serie Netflix che corre verso il suo climax per poi non concludersi completamente
Gli eventi della serie, dopo i primi episodi che serviranno a introdurre le dinamiche tra i vari personaggi, si evolveranno velocemente e avranno l’intento di mostrare il cinismo con cui questi adolescenti vanno avanti a perpetrare le loro piccole grandi vendette, mosse da gelosie e rancori che tutti proviamo a quell’età ma amplificati dalla tecnologia oggi alla portata di tutti. Sarà il ritmo accelerato, allora, a tenere incollati a Control Z, al di là degli scandali e delle relazioni intrecciate da Sofía nel corso delle sue indagini. Nonostante i segreti siano per molti di noi banali o scontati (ma forse perché qualcuno di noi è fuori target), vorremo comunque sapere chi ha ordito questo piano malefico in cui le apparenze vengono disintegrate da un semplice click.
Otto episodi, perciò, risultano sufficienti per risolvere il mistero principale in maniera chiara e arrivare a un cliffhanger finale che lascia intendere ci possa essere una seconda stagione, ma non abbastanza per permettere un reale coinvolgimento emotivo: si riesce a provare empatia per pochi dei ragazzi coinvolti e, anche in questi casi, in forma leggera perché sapremo poco e niente delle loro vite, solo lo stretto necessario. Peccato, poiché la sceneggiatura offriva molte opportunità e la recitazione generale, tranne alcuni brevi tratti da tipica soap latinoamericana, avrebbe permesso di osare di più.
Lo spettatore dovrà quindi scegliere se accontentarsi, per il momento, del breve thriller che Control Z ha offerto in questa prima stagione e sperare che nella seconda vengano spiegati tutti gli aspetti accennati e poi messi da parte, oppure accantonare questa serie che, purtroppo, non ha saputo distinguersi appieno da altre simili.