Se vi piace cucinare e vi piacciono i videogiochi, e non state giocando a Cook, Serve, Delicious 3, allora abbiamo un problema
Cook, Serve, Delicious 3 prova a saziare la fame di videogiochi sulla cucina che sempre più giocatori dimostrano di avere. Se negli ultimi vent’anni abbiamo imparato una cosa, è che due delle cose che tirano commercialmente di più sono la nostalgia e la cucina.
Provate a fare zapping in un qualsiasi orario della giornata, e scoprirete che è praticamente impossibile non incappare in un programma di cucina, anche perché ci sono addirittura dei canali tematici in cui si sta ai fornelli 24 ore al giorno.
Questa voglia che il pubblico sembra avere, di saperne di più sul mondo della gastronomia e della ristorazione, e di mettersi alla prova destreggiandosi tra pentole, mestoli e coltelli di ogni tipo, doveva prima o poi riflettersi anche nell’industria videoludica, che infatti propone un’offerta molto vasta in termini di videogiochi sulla cucina.
La maggior parte di essi sono mobile game che hanno più o meno sempre la stessa struttura: crea il tuo stand/bar/ristorante, sblocca piatti nuovi, amplia il tuo locale, eccetera.
Semplificandola all’osso è anche la stessa struttura di Cook, Serve, Delicious, la serie di Vertigo Gaming nata nel 2012, che però l’ha migliorata proponendo un sistema di controlli immediato, ma gratificante e una “stratificazione” delle pietanze da preparare, che hanno dunque diverse fasi di preparazione e tempi di cottura, e ovviamente diverse difficoltà, il tutto giocabile anche con un amico con un intelligentissimo sistema di split-screen, che si attiva solo quando necessario.
Alette di pollo o filet mignon?
Dai piatti più semplici o addirittura crudi, come un carpaccio, in cui bisogna semplicemente mettere nel piatto gli ingredienti necessari, si passa a quelli un attimo più complicati, in cui prima si procede a una fase di cottura dell’alimento, per poi condirlo in un secondo momento una volta cotto, costringendo dunque il giocatore ad effettuare più azioni prima di poterlo servire, fino ad arrivare a pietanze sempre più complicate in cui bisogna cuocere, condire, assemblare il piatto con tante operazioni diverse, diventa sempre più avvincente e appagante preparare il menù del giorno.
Per cucinare abbiamo a disposizione delle holding station, ossia delle postazioni in cui preparare delle pietanze e tenerle in caldo, pronte da servire ai clienti quando le ordineranno, e delle postazioni in cui si cucina al momento. Se decidiamo di cucinare una lasagna, ad esempio, la prepareremo nella holding station, assemblando tutti gli ingredienti, cuocendola in forno e tenendola subito a disposizione.
Quando i clienti ordinano una bistecca però, questa va preparata al momento, condendo la carne e curandone la cottura lì per lì. E occhio a non sbagliarla, perché una volta che la bistecca si è cotta, se non la togliamo dal fuoco perché magari siamo impegnati in altre faccende, quest’ultima continuerà a cuocersi, rovinando così il grado di cottura richiesto dal cliente. Roba che per Cannavacciuolo è punibile con uno dei suoi leggendari sganassoni dietro la schiena.
Nei primi due episodi l’obiettivo era quello di lavorare in tanti ristoranti diversi per farsi un nome, per poi aprire il proprio ristorante. Cook, Serve, Delicious 3 stravolge questo sistema, proponendo un’ambientazione che se non è post-apocalittica poco ci manca.
Una cucina che è la fine del mondo
In un’America devastata dalla guerra, il nostro ristorante è stato distrutto e veniamo salvati da due robot, che diventeranno i nostri assistenti. Per ricostruire il nostro impero dunque, avremo a disposizione il loro furgone, che trasformeremo nella nostra cucina itinerante.
Non abbiamo più un ristorante dunque, dove i clienti entrano attirati dalla nostra cucina, ma siamo noi in prima persona a spostarci attraverso le varie fermate, a portare i nostri piatti ai clienti.
Questo fa sì che avvenga il primo grande cambiamento del gioco a livello di gameplay: mentre i comandi restano invariati, dando così la sensazione ai giocatori di vecchia data di sentirsi subito “a casa”, ma trattandosi di un locale itinerante, molta più importanza è data alle holding station. La maggior parte dei piatti infatti vanno preparati in anticipo e serviti nel minor tempo possibile.
Una volta scelto il menù, il gioco ci informa di quali e quante pietanze verranno richieste alla prossima fermata, e sarà compito nostro prepararle per tempo mentre i due robot di cui sopra sono alla guida, per essere pronti a servirle non appena arrivati sul posto. Oltre alle pietanze già pronte però, ogni tanto ci verranno richiesti degli ordini speciali da preparare al momento, alla vecchia maniera.
Questo sistema cambia totalmente l’approccio del giocatore, che deve dunque concentrarsi molto di più sulla “mise en place”, che invece negli episodi precedenti serviva quasi esclusivamente come “tappabuchi”, come cibo di contorno da servire ai clienti mentre aspettano la portata principale, per rendere più gradevole la loro attesa.
I piatti del giorno
Come dicevamo, il menù lo scegliamo liberamente prima di partire, acquistando nuovi piatti di volta in volta. Questi ultimi avranno anche un grado di difficoltà espresso in punti: più alto è il livello di difficoltà del piatto, più punti varrà, e in alcuni livelli vi sarà chiesto di inserire piatti che raggiungano almeno un determinato punteggio, per rendervi più difficili le cose.
Ed è lì che il gioco diventa più frenetico, costringendo il giocatore a scegliere tra il preparare piatti semplici da tenere nella holding station, in modo da potersi concentrare più sui piatti più complicati da preparare al momento, o se puntare su preparazioni più lunghe da poter fare in anticipo conservandosi i piatti più semplici e banali da preparare espressi. Insomma, la costruzione del menù del giorno diventa fondamentale, e sempre più difficile.
Per sbloccare i nuovi livelli infatti viene richiesto un certo numero di medaglie da ottenere: per guadagnare una medaglia d’oro non bisogna sbagliare neanche un ordine in tutto il servizio e, credeteci, soprattutto nei livelli più complicati, bisogna essere davvero super concentrati. A meno che uno non si accontenti di una medaglia d’argento o bronzo, a seconda degli ordini sbagliati nel corso della giornata.
Pimp my ride
Non dimentichiamoci però che siamo in un furgone, che come tale è possibile potenziare. Non lo vediamo all’esterno, il che forse è una delle poche pecche del gioco, perché sarebbe stato divertente poterne personalizzare la livrea magari, creando van sempre più tamarri, memori dei tempi di Pimp my ride su MTV, ma possiamo comunque divertirci a decorarne l’interno con adesivi e sfizioserie varie. Soprattutto però possiamo migliorare le nostre strutture per cucinare, aumentando le holding station disponibili, ad esempio, o comprando oggetti che mantengono i cibi freschi più a lungo, o che ci faranno guadagnare dei secondi extra di pazienza da parte dei clienti.
Una volta entrati nei meccanismi insomma, Cook, Serve, Delicious 3 si rivela un gioco divertente e soprattutto addicting, in grado di tenere incollato allo schermo anche chi non ne capisce nulla di cucina, fosse anche solo per la voglia di superare una sfida, prendere quella maledetta medaglia d’oro o sbloccare un nuovo piatto.
Ed è encomiabile che un gioco sulla cucina come Cook, Serve, Delicious 3, che aveva già una formula così vincente in partenza, tenti comunque di rinnovarsi e di tentare qualche strada diversa, piuttosto che accontentarsi di fare il compitino, rivelandosi un bocconcino davvero prelibato.